Zelenskij: “Putin non si smentisce: è una persona malata”

La devastazione causata dagli attacchi russi di questa mattina ha lasciato intere regioni dell'Ucraina senza corrente elettrica e acqua potabile. Zelenskij ribadisce l'urgenza di una risposta internazionale più decisa di fronte a questa escalation di violenza.
“Putin non si smentisce: è una persona malata”. Con queste parole, pronunciate con una voce rotta dall’indignazione e dalla stanchezza, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskij ha descritto al mondo l’ennesimo attacco brutale lanciato dalla Russia contro il suo Paese. Un assalto che, all’alba di oggi, ha seminato sofferenze e distruzione in tutta l’Ucraina, colpendo con precisione chirurgica infrastrutture civili ed energetiche, fondamentali per il sostentamento del complesso militare-industriale.
Questa mattina l’Ucraina si è svegliata sotto una pioggia di fuoco. Oltre 100 missili di vario tipo e altrettanti droni sono stati lanciati dalle forze russe contro città e villaggi, mirando non solo a strutture strategiche, ma anche a infrastrutture civili, in una chiara violazione delle convenzioni internazionali. Kiev, Odessa, Lviv, Ivano-Frankivsk, Vinnica, Žytomyr, Chmel’nickij, Luck: tutte queste città hanno risuonato dell’eco di esplosioni devastanti. Gli abitanti si sono precipitati nei rifugi mentre gli allarmi aerei risuonavano in tutto il Paese.
Dopo l’attacco di questa mattina a Kiev, il sindaco Vitalij Kličko ha comunicato che interi quartieri della città sono rimasti senza corrente elettrica e senza accesso all’acqua potabile.

Il bilancio di questa giornata di terrore è pesante. Ukrenergo, la compagnia statale responsabile della gestione del sistema energetico nazionale, ha dovuto interrompere la fornitura di energia elettrica in diverse regioni. A Kiev, il sindaco Vitalij Kličko ha dichiarato che interi quartieri sono rimasti senza corrente elettrica e acqua potabile. La situazione è critica, e l’intero sistema energetico ucraino ha subito danni ingenti. Blackout di emergenza sono stati introdotti ovunque, mentre squadre di tecnici lavorano senza sosta per ripristinare i servizi essenziali.

Ma oltre alla devastazione materiale, c’è il peso delle vite spezzate. A Poltava, un uomo di 69 anni è stato ucciso durante un attacco nella regione di Zaporož’e. Era un idraulico, che quel giorno avrebbe dovuto fare ritorno a casa dalla moglie, Valentina. “L’ho chiamato al telefono, avrebbe dovuto già tornare”, racconta la donna con la voce tremante ai media ucraini, ricordando come ogni minuto di attesa si trasformasse in angoscia. “Non ha risposto. Poi è arrivato il messaggio ‘Richiamerò’, ma lui non sa scrivere un messaggio. E allora ho capito tutto…”. Quel giorno, invece di cercare rifugio, il marito di Valentina ha deciso di aiutare la comunità, fornendo acqua dopo la prima esplosione. Ma durante la seconda, è stato colpito e ucciso. Valentina ora è sola, con il cuore spezzato, vittima anche lei di un conflitto che non sembra avere fine.

Zelenskij ha espresso apertamente la sua frustrazione verso l’Occidente, criticando la mancanza di azioni risolute da parte dei leader dei paesi alleati. “(Putin) può fare solo ciò che il mondo gli permette di fare,” ha dichiarato il Presidente ucraino, sottolineando l’urgenza di una risposta internazionale più decisa.

Questo è solo uno dei tanti racconti di dolore e perdita che segnano la quotidianità di un popolo sotto attacco. Nel frattempo, Zelenskij non ha nascosto la sua frustrazione verso l’Occidente, sottolineando la mancanza di azioni decisive da parte dei leader dei paesi alleati. “Putin non si smentisce: è una persona malata, questo è chiaro da tempo a tutti. Ma è anche chiaro che può fare solo ciò che il mondo gli permette di fare”, ha dichiarato il presidente ucraino, lanciando un appello accorato per ottenere un sostegno più deciso. “La debolezza e la mancanza di risposte alimentano il terrore. E ogni leader, ogni nostro partner sa quali soluzioni decisive sono necessarie per porre fine a questa guerra, e per porvi fine in modo giusto”.

La richiesta di Zelenskij è chiara: non ci devono essere restrizioni sul raggio d’azione degli attacchi contro la Federazione Russa. “Ci è vietato utilizzare le armi dei nostri partner per colpire la Federazione Russa, e il nemico stesso utilizza costantemente armi di ogni tipo provenienti dalla Corea del Nord”, ha spiegato il Presidente ucraino, sottolineando l’urgente necessità di un cambiamento nelle politiche di assistenza militare da parte dei Paesi alleati. Gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e altri Paesi, ha ricordato Zelenskij, hanno il potere di aiutare l’Ucraina a fermare il terrorismo russo. “Servono soluzioni”, ha concluso con fermezza.

Mentre l’Ucraina lotta per la sua sopravvivenza, il mondo osserva. Ma per quanto tempo ancora si potrà rimanere spettatori di fronte a una tragedia di queste proporzioni? Il tempo delle parole sembra ormai finito. È il momento di agire, di fare ciò che è necessario per mettere fine a questa guerra e per farlo in modo giusto, prima che altre vite innocenti vengano spezzate, prima che il terrore di Putin continui a diffondersi senza controllo, sembrerebbe suggerire Zelenskij. 

Il 26 agosto 1943, durante la Battaglia del Dnepr, le forze sovietiche avanzarono sotto intenso fuoco nemico, cercando di attraversare il fiume per stabilire teste di ponte cruciali contro l’esercito tedesco, in una delle operazioni più sanguinose e decisive del fronte orientale.

Ironia della sorte, proprio come le truppe sovietiche che attraversarono il Dnepr sotto il fuoco nemico il 26 agosto 1943, oggi l’Ucraina si trova a dover affrontare nientemeno che la Russia, chi l’avrebbe mai detto. Ma se allora il coraggio e la determinazione portarono alla liberazione di Kiev, oggi, di fronte a un leader russo descritto da Zelenskij come “una persona malata”, è lecito, sebbene inquietante e preoccupante, domandarsi se il mondo libero avrà la stessa risolutezza nel contrastare questa nuova e terrificante ondata di aggressione.