Due donne diventano madri il medesimo giorno in una clinica di Madrid. Janis e Ana, profondamente diverse nella vita, sono legate dalla scelta di crescere le loro figlie da sole. Fotografa di successo la prima, vent’enne senza arte ne parte la seconda si ritroveranno a lottare per far fronte alla loro decisione.
Madri parallele, il nuovo lavoro di Pedro Almodovar, è un melodramma sulla femminilità e la sua forza insita ma anche un’analisi storica di quarant’anni della Spagna. Janis ha nel passato una morte poco chiara, quella del nonno, che risale ai tempi della guerra civile. La donna tenterà di far luce su un omicidio istituzionale cui nessuno ha ancora dato una spiegazione fornendo all’uomo la possibilità di riposare in pace.
Il regista usa un pretesto per raccontare come il paese non abbia completato a pieno una transizione sociale e politica ovattando alcuni, scomodi, capitoli. Lavorando sulla psicologia dei personaggi e sui loro cambiamenti il film prova a spiegare quanto le persone possano fare pace solo attraverso un processo di completa onestà intellettuale elemento base di qualsiasi crescita. Un film che emoziona senza sposare alcuna tesi ma raccontando gli obiettivi e le forze di due donne in grado di sovvertire le regole pagandone, in caso, il prezzo.
Personaggi sullo schermo che vivono di sentimenti e di drammi che Almodovar ritrae con delicatezza plasmando, come nei suoi lavori recenti, una vicenda dove il fato del singolo si mischia a quello della Spagna. Ana rappresenta il nuovo corso di una Nazione e la sua ricerca di uno spazio nel modo è il cambiamento che ripete le medesime dinamiche.
Come nel cinema di Sirk o in quello di Fassbinder anche Almodovar dosa gli stilemi del melò alterando un ritmo , a volte volutamente eccessivo, per ottenere lo scopo di aprire le menti dello spettatore. Madri Parallele sconvolge la riflessione puramente psicologica introducendo elementi storici diventati così collettivi da condizionare le azioni di chi c’è in scena ma anche quelle di chi osserva.