Presentato al festival di Venezia l’opera prima di Mauro Mancini dal titolo Non odiare. Un medico romano, di origine ebraica, decide di non prestare il dovuto soccorso alla vittima di un incidente dopo aver intravisto una svastica tatuata sul petto dell’uomo. Il senso di colpa per questa scelta dilanierà il dottor Segre che proverà a fare ammenda aiutando la famiglia del morto. Dopo aver assunto la figlia del nazista come colf il protagonista vivrà un conflitto con la famiglia dell’uomo che ha deciso di non salvare.
Il film tratta temi molto pericolosi e lo fa senza cadere mai nel facile proselitismo, ma con scelte narrative sobrie e prive di qualsiasi ideologia. Simone Segre, interpretato da Alessandro Gassman, porta con sé i postumi di una scelta e lo fa conscio di non aver compiuto il suo dovere. L’incontro con il figlio minore, destrorso convinto, lo porterà a valutare e comprendere il perché certe convinzioni s’insediano nelle menti.
Il regista sceglie toni pacati e una distanza narrativa volta a non enfatizzare la vicenda che appare interessante per il suo stile asettico. Una storia umana che suggerisce domande senza dare alcuna risposta, ma lasciando all’interpretazione del singolo spettatore libertà di pensiero. Mancini, anche sceneggiatore, sceglie dialoghi minimali che illustrano uno sfondo in cui anche i figli della vittima sembrano improvvisamente catapultati.
Il tema sullo schermo è la necessità di ridurre quegli odi, ancora oggi attuali, che non hanno nessuna argomentazione a supporto. Perdonare e tollerare noi stessi per gestire in maniera più serena il rapporto con gli altri è possibile solo attraverso la conoscenza. Non odiare non ha una fine vera e propria, si pone in maniera aperta e riflessiva al pubblico stimolando un pensiero che andrà certamente oltre la sala. Da menzionare un cast di tutto rispetto che vede, oltre a Gassman, anche Luca Zunic e Sara Serraiocco contribuire alla buona riuscita attraverso recitazioni fatte soprattutto di sguardi .