Ultras: rischio art.4 per l’Inter? Quali sanzioni? Il precedente Juve.

Tra non molto il Procuratore Federale (Chinè) riceverà dai PM milanesi il carteggio dell’inchiesta penale relativo al ben noto procedimento penale a carico di diversi esponenti della tifoseria organizzata (ultras) delle squadre meneghine.A tal proposito, le domande che in questo momento i tifosi interisti si pongono sono per lo più le seguenti: che tipo di violazioni potrebbero essere contestate da Chinè al club nerazzurro ed ai suoi tesserati? In particolare: potrebbe essere contestato il famigerato art. 4 del codice di giustizia sportiva (che fa obbligo ai tesserati di osservare i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva) con eventuali sanzioni che vadano al di là della semplice ammenda (ad es. penalizzazione per il club)?

Che tipo di conseguenze quindi attendersi?

Per rispondere a queste domande possiamo prendere spunto dal precedente riguardante la Juventus (anche se, come vedremo, le due fattispecie non sembrano perfettamente sovrapponibili). A tal proposito è utile trascrivere alcuni stralci del comunicato ufficiale n. 035/CFA (2018/2019) che riporta i testi delle decisioni della Corte Federale d’appello relative alla riunione di tale Corte del 13 settembre (COM. UFF. N.029/CFA).

Ivi possiamo apprendere la seguente ricostruzione fattuale:

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Con provvedimento del 18 marzo 2017 il Procuratore Federale ha deferito innanzi al Tribunale Federale Nazionale:

– il sig. ANDREA AGNELLI, all’epoca dei fatti tesserato quale presidente della Juventus FC Spa., in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS e dell’art. 12, commi 1, 2, 3 e 9 stesso codice, perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011/2012 a quantomeno tutta la stagione sportiva 2015/2016, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società da lui presieduta pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, non impediva a tesserati, dirigenti e dipendenti della Juventus FC Spa di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura agli stessi di dotazioni di biglietti e abbonamenti in numero superiore al consentito, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras” e assecondando, in occasione della gara Juventus – Torino del 23 febbraio 2014, l’introduzione all’interno dell’impianto sportivo, ad opera dell’addetto alla sicurezza della Società, sig. D’Angelo, di materiale pirotecnico vietato e di striscioni rappresentanti contenuti non consentiti al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi “ultras”; – il sig. FRANCESCO CALVO, all’epoca dei fatti tesserato quale dirigente – direttore commerciale della Juventus FC Spa e, comunque, soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS, in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS e dell’art. 12, commi 1, 2, e 9 stesso codice, perché, nel periodo che va dall’ottobre 2011 al settembre 2015, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, intratteneva personalmente nonché consentiva ad altri dipendenti della Juventus FC Spa, a lui subordinanti, di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, facendo sì che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras”;

– il sig. ALESSANDRO NICOLA D’ANGELO, all’epoca dei fatti dipendente addetto alla sicurezza (Security Manager) della Juventus FC Spa e, dunque, soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS, in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS e dell’art. 12, commi 1, 2, 3 e 9 stesso codice, perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011/2012 a quantomeno tutta la stagione sportiva 2015/2016, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, intratteneva personalmente rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, facendo sì che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, a numerosi incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras” nonché, in occasione della gara Juventus – Torino del 23 febbraio 2014, introducendo di persona, all’interno dell’impianto sportivo, materiale pirotecnico vietato e striscioni rappresentanti contenuti non consentiti al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi “ultras”;

– il sig. STEFANO MERULLA, all’epoca dei fatti dipendente responsabile del ticket office della Juventus FC Spa e, dunque, soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS, in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS e dell’art. 12, commi 1, 2, e 9 stesso codice, perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011/2012 a quantomeno tutta la stagione sportiva 2015/2016, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, intratteneva personalmente rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, facendo sì che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras”;

– la società JUVENTUS FC SPA, a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, e 12, commi 1, 2 e 3, CGS, in ordine agli addebiti contestati al suo presidente, nonchè a titolo di

responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt. 4, comma 2, e 12, commi 1, 2 e 3, CGS, in ordine agli addebiti contestati ai sig.ri Francesco Calvo, Alessandro Nicola D’Angelo e Stefano Merulla, che svolgevano tutti, all’epoca dei fatti, attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS, per la stessa predetta Società.

La Procura Federale riteneva che le complessive risultanze istruttorie dimostravano che la Juventus FC s.p.a., «per lo più attraverso l’opera di Alessandro D’Angelo e Stefano Merulla, con l’autorizzazione e la consapevolezza del loro diretto superiore gerarchico Francesco Calvo», ha «agevolato i gruppi “ultras”, cedendo loro, in violazione delle stringenti normative in materia, dotazioni di biglietti ed abbonamenti in numero superiore al consentito, che sono stati poi rivenduti da costoro a terze persone a prezzi maggiorati».

Nel contesto probatorio versato in atti, la Procura federale evidenzia, poi, quello che definisce un gravissimo episodio che confermerebbe la «disinvolta gestione dei rapporti con la tifoseria»: alla vigilia di Juventus – Torino del 23 febbraio 2014, Alessandro D’Angelo, «con l’aiuto di Raffaello Bucci, al fine di evitare lo sciopero del tifo ed eventuali ritorsioni nei confronti della propria Società di appartenenza, si prestò ad introdurre personalmente, all’interno dello stadio degli zaini contenenti striscioni e fumogeni, così eludendo la sorveglianza delle Forze dell’ordine […] Peraltro il Presidente Agnelli era perfettamente a conoscenza dell’introduzione di materiale vietato all’interno dello stadio perché di ciò informato dal D’Angelo con il quale risulta intrattenere un rapporto personale di amicizia oltre che rapporti di natura professionale».

Richiamava, la Procura federale, a supporto della prospettazione accusatoria, anche le risultanze del procedimento penale pendente dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino – D.D.A. (n. 10270/2009 RGNR e sottoprocedimenti n. 22857/13 RGNR, n. 27583/14 RGNR e 1378/15 RGNR, costituenti la cosiddetta “indagine Altopiemonte”), concernente l’infiltrazione di soggetti appartenenti ad organizzazioni malavitose tra gruppi di tifosi “ultras” della Juventus FC e i plurimi e duraturi contatti con la dirigenza della società, nonché quanto contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare emessa in data 11 maggio 2016 dal GIP presso il Tribunale di Torino nell’ambito del proc. pen. 10270/2009. Gli elementi acquisiti, riportati dettagliatamente nelle due informative agli atti, cioè, quella denominata “Comanda Rosarno”, della squadra mobile di Torino, e quella cosiddetta “Chimera”, redatta dai Carabinieri, avrebbero confermato, secondo la Procura Federale, per quanto concerne i fatti di interesse nel presente giudizio disciplinare sportivo, «un consolidato e risalente accordo tra la società FC Juventus Spa ed i gruppi di tifo organizzato, comunemente definiti “ultras”»”.

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Da questo primo stralcio possiamo subito constatare come il Procuratore Federale ebbe a contestare ad Agnelli ed agli altri soggetti suindicati la violazione dell’obbligo di lealtà sportiva (che al tempo era previsto dall’art 1 bis del codice di giustizia sportiva mentre dal 2019 in poi è stato ricompreso nell’art.4). Le altre contestazioni riguardavano quelle che al tempo erano ricomprese nell’art. 12 CGS (commi 1-2-3-9) mentre dal 2019 sono state inserite nell’art.25.

Segnatamente si tratta:

– del divieto di contribuire con interventi finanziari o con altre utilità alla costituzione al mantenimento di gruppi organizzati di propri sostenitori (art. 12 comma 1, dal 2019 art 25 comma 1);

– dell’obbligo di rispettare le norme e le disposizioni emanate dall’autorità di pubblica sicurezza in materia di distribuzione al pubblico di biglietti di ingresso nonché di ogni altra disposizione in materia di pubblica sicurezza relativa alle gare da esse organizzate (art.12 comma 2, dal 2019 art. 25 comma 2 CGS);

– dell’obbligo di evitare che gli impianti sportivi vengano introdotti o utilizzati materiali di tipo pirotecnico ed esposti striscioni a contenuto offensivo (art.12 comma 3, dal 2019 art.25 comma 3 CGS);

– del divieto posto in capo ai tesserati di avere rapporti con esponenti di gruppi di sostenitori che non facciano parte di associazioni convenzionate con la società (art. 12 comma 9, dal 2019 art.25 comma 10 CGS).

Il Tribunale Federale Nazionale, nel giudizio conseguente al suddetto deferimento, si espresse nel modo seguente (di seguito altro stralcio):

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“«dall’esame dei fatti, come desunti anche dalle dichiarazioni dei deferiti Calvo, D’Angelo e Merulla, il Collegio rileva che la ratio della norma (art. 1 quater, comma bis del D.L. 24 febbraio 2003, n. 28, che fa divieto di porre in vendita o cedere, a qualsiasi titolo, alla stessa persona fisica o giuridica titoli di accesso in numero superiore a quattro) è stata completamente stravolta. In altri termini ciò che il legislatore ha individuato quale elemento idoneo a causare o quantomeno a favorire fenomeni di violenza, è stato, invece, utilizzato dagli odierni deferiti al dichiarato fine di mantenere l’ordine pubblico nei settori delle stadio occupati dagli ultras ed i buoni rapporti con la tifoseria. Tale circostanza si appalesa oltremodo preoccupante anche in ragione del fatto che non sono stati fenomeni sporadici e occasionali; in realtà le vicende contestate assurgono a vero e proprio modus operandi di una delle Società più blasonate a livello europeo per un lunghissimo arco di tempo ed hanno trovato la loro conclusione non già a seguito di un volontario cambio di rotta societario, ma esclusivamente per l’avvenuta conoscenza delle attività di indagine della Procura della Repubblica di Torino.”

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In sostanza, per il Tribunale Federale la violazione dell’art.12 comma 2 (oggi art. 25 comma 2) circa la non corretta distribuzione dei biglietti risultava pacifica, così come pacifica appariva la violazione del comma 1 del citato art.12 (oggi art. 25 comma 1A tal proposito il suddetto organo giudicante così si esprimeva:

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Altrettanto pacifica appare la violazione dell’art. 12 comma 1 del CGS da parte dei tre dirigenti sopra indicati (Calvo, D’Angelo e Merulla).

La disposizione in questione prevede che alle Società é fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari o con altre utilitá, alla costituzione ed al mantenimento di gruppi, organizzati e non, di propri sostenitori. L’ampiezza temporale, del fenomeno descritto in deferimento, l’entità dei tagliandi e degli abbonamenti distribuiti oltre il limite normativo agli esponenti del tifo organizzato induce a ritenere sicuramente violata la disciplina in questione, a prescindere dalla dibattuta effettiva conoscenza della circostanza che i beneficiari fossero dediti al bagarinaggio ovvero fossero esponenti della criminalità organizzata.

..omissis..

Emerge, invero, dagli atti, perché inequivocabilmente dichiarato dagli stessi deferiti D’Angelo e Calvo, che gli stessi fossero pienamente consapevoli delle “utilitá” (che fra l’altro, non è necessario che debbano essere esclusivamente di natura economica) finalizzate al mantenimento dei gruppi e/o dei sostenitori ai quali avevano riconosciuto i predetti benefici in dispregio della normativa; i predetti hanno chiaramente affermato di essere ben consapevoli del “business” che permettevano di fare in virtù di un ben delineato compromesso».

..omissis..

Con riferimento alla posizione del presidente Andrea Agnelli il Tribunale di prime cure riteneva non fondata la “difesa assolutoria”, atteso che «il tenore della istruttoria e la indubbia frequentazione dirigenziale con gli altri deferiti, unitamente al lunghissimo lasso temporale durante il quale si è dipanato il periodo oggetto di indagine (ben 5 stagioni sportive) ed alla cospicua quantità di biglietti e di abbonamenti concessi illegittimamente recitino in maniera opposta rispetto alla ragioni rassegnate dal Presidente».

Quanto al contestato episodio della introduzione nelle curve dello zainetto «contenente gli effetti/strumenti “proibiti” della tifoseria, a ministero del Dirigente D’Angelo (art. 12 CGS comma 3)», il TFN riteneva che «detta introduzione sugli spalti si verificò appieno anche se per motivazioni, per certi versi, sensibili (cercare di evitare lo sciopero della tifoseria); ma il gesto sconsiderato e pericoloso, anche a livello di immagine, resta. Sul punto il Tribunale esprime tuttavia la convinzione che il Presidente Andrea Agnelli nulla sapesse».

Con riferimento, poi, alla contestazione della violazione di cui all’art. 12, comma 9, CGS formulata nei confronti di Agnelli Andrea, il TFN riteneva non sussistere «prova concreta che, nella stagione 2015/2016, unica stagione sportiva in cui, ratione temporis, é applicabile la fattispecie incriminatoria il Presidente abbia posto condotte illecite riconducibili alla violazione sopra indicata».

Riteneva, in definitiva, il TFN che tutti i deferiti hanno violato l’art. 12, commi 1 e 2, CGS, «nei termini sopra esposti, mentre il medesimo art. 12 CGS, comma 3 è di esclusiva pertinenza di colui il quale si rese protagonista del gesto, cioè del Sig. D’Angelo».

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In definitiva, il Tribunale Federale, in relazione alle responsabilità riconosciute in capo ai suddetti deferiti, emise pronuncia con la quale dichiarò sussistere la responsabilità,

diretta ed oggettiva, a carico della società Juventus FC s.p.a. e pertanto, in accoglimento parziale del deferimento, inflisse le

seguenti sanzioni:

– Andrea Agnelli: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda;

– Francesco Calvo: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda;

– Stefano Merulla: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda;

– Alessandro Nicola D’angelo: anni 1 (uno) e mesi 3 (tre) di inibizione + € 20.000,00 (Euro

ventimila/00) ammenda;

– Juventus FC Spa: € 300.000,00 (Euro trecentomila/00) ammenda.

Nel successivo grado di giudizio dinanzi la Corte Federale d’Appello, tale organo giudicante si espresse nel modo seguente:

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“La Corte, chiamata a verificare se gli elementi di prova raccolti consentivano o meno di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato nella premessa della motivazione, la fattispecie di cui all’art. 1 bis, comma 1, CGS e quella di cui all’art. 12, commi 1, 2, 3 e 9 stesso codice, al fine dell’affermazione della sussistenza delle violazioni rispettivamente contestate ai deferiti, riteneva che, «complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione degli illeciti rispettivamente contestati al deferito Calvo, nonché (per quanto qui di rilievo, come sarà più avanti meglio precisato) ai deferiti Merulla e D’Angelo; con riferimento, invece, al deferito Agnelli, in relazione alla posizione dallo stesso rivestita in seno all’organigramma societario, questa Corte ritiene non sussistere quel livello probatorio superiore alla semplice valutazione della probabilità necessario a condurre all’affermazione della responsabilità dello stesso per i fatti e le violazioni contestate dalla Procura federale».

..omissis..

L’esame del “corposo” materiale probatorio acquisito al giudizio conduceva, secondo la CFA, a ritenere provata la sussistenza di «chiari, anzi inequivoci» e concordanti corposi elementi «per l’affermazione della responsabilità del sig. Calvo e, ai fini della connessa responsabilità oggettiva della Juventus FC Spa, dei sigg.ri D’Angelo e Merulla. L’opaca, disinvolta gestione, in generale, dei rapporti con gli esponenti di alcuni gruppi ultras e, segnatamente, la violazione, per quanto di rilievo ai fini dell’ordinamento sportivo, della normativa in tema di vendita dei tagliandi per l’accesso agli eventi calcistici integra di per sé la fattispecie prevista e punita dall’art. 12, comma 2, CGS. Con l’aggravante che i comportamenti così posti in violazione delle disposizioni della normativa generale e di quella di settore hanno, quantomeno di fatto, contribuito, alimentato e, comunque, agevolato, il fenomeno del bagarinaggio, elevandolo a sistema abituale e diffuso, seppur come forma di sostanziale compromesso volto ad evitare disordini all’interno dello stadio, a garantire maggiore sicurezza all’interno dello stesso e ad evitare contestazioni da parte del tifo organizzato».

Per l’effetto, riteneva – la CFA – che il sig. Calvo dovesse essere chiamato a rispondere della violazione della norma di cui all’art. 12, comma 2, CGS, mentre la società Juventus FC s.p.a., dovesse rispondere a titolo oggettivo, ai sensi dell’art. 4, comma 3, CGS dei comportamenti, contrastanti con l’ordinamento giuridico, per i loro effetti su quello sportivo, posti in essere anche dai dipendenti Merulla e D’Angelo.

Quanto al denunciato contesto di sostanziale intimidazione rappresentato dai deferiti, la Corte riteneva che lo stesso non potesse essere considerato ai fini esimenti, bensì solo a fini attenuanti..omissis..

Francesco Calvo veniva, invece, prosciolto dalla incolpazione relativa alla violazione dell’art. 12, comma 9, CGS, essendo – la predetta disposizione – entrata in vigore a decorrere dalla stagione sportiva 2015/16, quando Calvo non figura più alle dipendenze ed al servizio della Juventus FC Spa.

Quanto alla specifica posizione del presidente Agnelli, la Corte riteneva che la valutazione operata dal TFN si risolvesse «in una sostanziale ipotesi congetturale priva di solido riscontro fattuale e che, pertanto, tale elemento di convincimento non» fosse idoneo a fondare un giudizio di responsabilità. Riteneva, in particolare, la CFA, come non vi fossero «prove concrete della partecipazione di Andrea Agnelli agli illeciti contestati: non si può che prendere atto del fatto che non vi sono idonei riscontri che consentano di affermare, con sufficiente serenità, che il presidente Agnelli avesse diretta conoscenza della situazione relativa ai biglietti e, più in generale, degli opaci rapporti con alcune frange estreme della tifoseria.

Con riferimento allo specifico episodio della introduzione di materiale vietato all’interno dello stadio in occasione della gara Juventus – Torino, la CFA riteneva acclarato che il presidente ne fosse venuto a conoscenza ad episodio avvenuto, perché di ciò informato da D’Angelo.

Quanto alla contestata frequentazione del presidente con alcuni esponenti dei gruppi ultras riteneva, la Corte, che gli stessi – per quanto emergeva in atti – fossero caratterizzati da saltuarietà ed occasionalità, e sembrassero, comunque, rientrare in un contesto di mantenimento di buoni rapporti tra tifoseria organizzata e presidenza del club sportivo.

Riteneva, dunque, la CFA, che il presidente Agnelli dovesse essere prosciolto dalle incolpazioni di cui all’atto di deferimento, ma che, nel contempo, dovesse essere allo stesso mosso un rimprovero, «in relazione al proprio ruolo ed alle proprie funzioni», per «non aver compiuto quelle azioni possibili (di gestione e/o migliore organizzazione, ma soprattutto, di controllo) allo stesso richieste e dallo stesso dovute». Per l’effetto al presidente Agnelli è stata addebitata la responsabilità della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, «in relazione alla contestazione sostanziale e generale sottesa al deferimento nel suo complesso considerato e con riferimento alle specifiche contestazioni mosse ai sigg.ri Calvo, Merulla e D’Angelo, per avere omesso, nella sua qualità di presidente, una più attenta quanto dovuta vigilanza sulle complessive modalità della gestione commerciale relativa alla vendita dei tagliandi per le gare della Juventus FC Spa e sull’andamento dei rapporti con i gruppi del tifo organizzato».

Alla luce delle responsabilità affermate in capo ai sigg.ri Calvo, D’Angelo, Merulla ed Agnelli, veniva fatta, poi, discendere la chiara responsabilità della società Juventus FC s.p.a.: «pacifica ed evidente la riconducibilità dei comportamenti imputati ai sigg.ri Agnelli e Calvo all’interesse della societá medesima, come altrettanto pacifica ed evidente la riconducibilità delle condotte dei sigg.ri Merulla e D’Angelo all’ambito di cui all’art. 4, comma 3, CGS, in virtù del quale, appunto, le società rispondono oggettivamente anche dell’operato e del comportamento delle persone comunque addette a servizi della società.

Per la violazione addebitata al presidente Agnelli, seppur nella forma attenuata riconosciuta nel presente giudizio di appello, la Juventus FC Spa, risponde a titolo di responsabilità diretta ex art. 4, comma 1, CGS, mentre per le condotte dei sigg.ri Calvo, Merulla e D’Angelo la stessa predetta società risponde, dunque, a titolo di responsabilità oggettiva ex art. 4, comma 3, CGS».

..Omissis..riteneva, la Corte, che quella della Juventus FC s.p.a. (responsabilità) dovesse essere aggravata, trattandosi «di fatti di rilevante gravità: la società, per il tramite del comportamento di alcuni suoi dirigenti e collaboratori, ha violato le vigenti disposizioni dell’ordinamento statale (e, di conseguenza, anche quelle relative dell’ordinamento federale), poste in materia di vendita dei tagliandi di ingresso allo stadio, anche proprio al fine di arginare quell’odioso ed illecito fenomeno del bagarinaggio che, invece, i suddetti comportamenti hanno consentito e, comunque, di fatto agevolato».

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In definitiva, la Corte Federale d’Appello si pronunciava nel modo seguente:

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“«- respinge il ricorso del sig. Calvo Francesco e, per l’effetto, conferma le sanzioni allo stesso inflitte all’esito del giudizio di primo grado;

– in accoglimento del ricorso proposto dalla società Juventus FC SpA di Torino in relazione alle posizioni dei sigg.ri Merulla Stefano e D’Angelo Alessandro e in riforma della decisione resa dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, dichiara il difetto di giurisdizione sportivo – disciplinare degli Organi della giustizia federale e, per l’effetto, annulla le sanzioni agli stessi inflitte all’esito del giudizio di primo grado;

– in parziale accoglimento dei ricorsi proposti dal Procuratore Federale e dalla società Juventus FC SpA di Torino con riferimento alla posizione del Presidente Agnelli Andrea e in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, ridetermina la sanzione allo stesso inflitta nell’ammenda di € 100.000,00 e nell’inibizione fino alla data odierna (in pratica tre mesi);

– in parziale accoglimento dei ricorsi proposti dal Procuratore Federale e dalla società Juventus FC SpA di Torino con riferimento alla posizione della stessa predetta società e in parziale riforma della

decisione resa dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, ridetermina la sanzione dell’ammenda in € 600.000,00 e dispone, altresì, la disputa della prima gara interna di Campionato di Serie A dell’anno 2018 con il Settore denominato “Tribuna (Curva) Sud”, dello stadio Allianz Stadium di Torino, privo di spettatori».

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Tale pronuncia della Corte Federale d’Appello (CFA) veniva impugnata dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport (non comunque dal Presidente Agnelli per il quale la suddetta sanzione di cristallizzava, divenendo definitiva). Codesto Collegio annullava quindi la pronuncia della CFA nella parte in cui tale organo decidente aveva attribuito alla Juventus la responsabilità oggettiva per i fatti attribuiti a D’Angelo e Merulla, ritenendo, invece, che la società torinese dovesse rispondere di tali fatti per responsabilità diretta. In conseguenza di tale pronuncia,  la Corte Federale d’Appello, nuovamente investita della vicenda, aggravava l’ammenda già inflitta alla Juventus di ulteriori 5.000 euro (con sanzione pecuniaria definitiva, pertanto, di euro 605.000 euro). Esaminato questo precedente, possiamo, tramite esso, provare a ipotizzare ciò che potrebbe accadere all’Inter e ad alcuni dei suoi tesserati.Nel fare ciò terremo conto di quanto appreso nei giorni scorsi dai media, senza dimenticare che allo stato siamo ancora in presenza di indiscrezioni. Se queste ultime troveranno conferma, ci troveremmo in una situazione che presenterebbe evidenti punti di contatto con quanto occorso alla Juventus.Stando a quanto emerso in relazione alla questione dei biglietti, anche l’Inter (come in passato la Juventus) verserebbe, infatti, in una situazione di sudditanza nei confronti degli esponenti della curva, finendo di fatto per agevolarli, quantunque malvolentieri.Come visto nel caso Juventus, per gli organi della giustizia sportiva le pressioni e le minacce eventualmente subite da alcuni dirigenti e/o tesserati della società meneghina (segnatamente i responsabili della sicurezza nonché colui che ha il compito istituzionale di intrattenere i rapporti con la tifoseria, c.d. “S.L.O.”) non esenterebbero costoro da responsabilità ma ne attenuerebbero comunque la gravità. È quindi probabile che, in caso di deferimento, i predetti dirigenti nerazzurri saranno chiamati a rispondere (così come all’epoca i loro colleghi juventini) delle violazioni previste dall’art.25 commi 1 e 2 del codice di giustizia sportiva (riguardanti, come detto, la gestione dei biglietti).

È altresì ipotizzabile in capo ai citati dirigenti dell’Inter anche la contestazione dell’articolo 4 CGS sull’obbligo di lealtà sportiva (così come avvenuto per tutti i dirigenti del club torinese, Agnelli incluso).Quanto alle conseguenze sanzionatorie che potrebbero nel caso discenderne per il club nerazzurro, va detto che, attesa la la responsabilità diretta della società per i fatti eventualmente accertati in capo ai suddetti propri dirigenti, in teoria potrebbe anche essere applicata la sanzione della penalizzazione (visto che essa è espressamente contemplata dal CGS nel caso di condanna per violazione del suindicato art. 4 CGS).Ma ciò non è affatto automatico ed anzi il precedente “Juventus” ci induce a ritenere che tale penalizzazione non dovrebbe essere nel caso applicata. In verità, a ben guardare, alla Juventus venne contestata, come sopra riportato, anche la violazione del comma 3 dell’art. 25 CGS (introduzione nell’impianto sportivo di striscioni offensivi, all’epoca disciplinato dal comma 3 dell’art.12 CGS) che, dalle indiscrezioni emerse, non sembra contestabile al club nerazzurro. Ciò porta ragionevolmente a ritenere che nel caso di eventuali sanzioni (anche ex art. 4 GGS), l’Inter possa “cavarsela” con un’ammenda inferiore rispetto a quella inflitta alla Juventus (euro 605.000,00).Ciò peraltro a maggior ragione se si considera che, da quanto appreso dai media in questi giorni, non sembrano essere coinvolti dirigenti apicali del club per ciò che concerne la questione dei biglietti.

Non si può tuttavia escludere che l’amministratore delegato del tempo possa subire una sanzione in forza dell’art.4 CGS (obbligo di lealtà sportiva) per non aver predisposto le cautele necessarie atte a prevenire la non corretta gestione dei biglietti (così come accadde ad Agnelli nel precedente sopra riportato che comportò, per l’ex Presidente, come visto, una sanzione pecuniaria di euro 100.000 ed una inibizione di mesi 3). Passando adesso a valutare le possibili conseguenze in capo ai tesserati del club nerazzurro, va osservato che per i dirigenti coinvolti nella vendita dei biglietti (ai quali potrebbe essere quindi contestata la violazione dei commi 1 e 2 dell’art.25 CGS oltre che l’art.4) il rischio è quello dell’inibizione e dell’ammenda.Per i tesserati (calciatori, allenatore) che avrebbero avuto rapporti vietati con la tifoseria organizzata ai sensi dell’art.25 comma 10 CGS, il rischio è quello di un’ammenda di euro 20.000 oltre alla possibile squalifica che, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. “e”, non dovrebbe comunque superare le quattro giornate (atteso che il coinvolgimento dei suddetti tesserati sembrerebbe sporadico).Inoltre, a differenza delle violazioni riguardanti la vendita dei biglietti (art.25, commi 1 e 2 CGS), quella riguardante le interlocuzioni vietate con i tifosi (art.25, comma 10 CGS) non si ripercuote sul club, nel senso che (come visto nel precedente Juventus) essa non concorre alla determinazione dell’ammontare della sanzione pecuniaria da infliggere alla società (in forza della citata responsabilità diretta della stessa) ma resta confinata ai soli tesserati, non estendendosi, quindi, al club. Questo, quindi, è in definitiva il quadro di ciò che potrebbe accadere sul piano sanzionatorio per il club nerazzurro, anche se, si ribadisce, il tutto dovrà essere attentamente vagliato dal Procuratore Federale (Chinè), il quale dovrà ovviamente valutare le difese interiste.D’altronde l’Inter, come noto, ha fatto già sapere di aver agito nel pieno rispetto della normativa vigente, dando contezza, tra l’altro, di aver sempre messo al corrente l’autorità di pubblica sicurezza – tramite apposite “pec” – del quantitativo dei biglietti che venivano di volta in volta messi a disposizione della curva.v Non resta che aspettare, quindi, per vedere quali saranno i prossimi passi dell’organo inquirente della FIGC e se essi avranno dei punti di contatto con quelli che vennero mossi per il caso Juventus.

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