È andato recentemente in scena al Teatro dell’Opera di Roma il trittico di balletti Forsythe/Inger/Blanc che ha riscosso un buon successo di pubblico. Questo grazie anche alla partecipazione del Corpo di Ballo e dei Solisti del Teatro dell’Opera che hanno fornito una prova del tutto convincente.
Forsythe/Inger/Blanc. Grandi coreografi a confronto
Lo spettacolo Forsythe/Inger/Blanc, inserito nella stagione lirica e di balletto 2021-2022 del Teatro dell’Opera si è dimostrato in linea con l’impronta artistica impressa dalla direttrice del corpo di Ballo del teatro lirico romano, Eleonora Abbagnato. La celebre danzatrice, applaudita Étoile dell’Opera di Parigi, è riuscita, qui a Roma, a far convivere spettacoli di balletto della grande tradizione romantica con spettacoli che mettono i luce le grandi firme della coreografia internazionale di oggi. Utilizzare la forma del ‘trittico di balletti’ consente allo spettatore una veduta a tutto tondo di quanto offre la Danza ai nostri giorni.
Nello specifico lo spettacolo ha messo in luce con efficacia il sottile, ma evidente, rapporto esistente nella Danza fra tradizione e contemporaneità. I tre coreografi rappresentati in questo spettacolo appartengono a diverse epoche, elemento che ci rende più chiara questa particolare evoluzione.
Si parte con il più anziano di tutti, lo statunitense William Forsythe, molto attivo nella seconda metà del ‘900 buona parte della quale si è svolta in Europa; è la personalità artistica nella quale, tra le tre, c’è un più chiaro rifermento alla tradizione che è elemento chiave di questo titolo: Herman Schmerman. Lo svedese Johan Inger, invece, ha iniziato la sua attività sul finire del secolo presso il Nederlands Dans Theatre e la sua creazione Walking Mad, si può considerare un vero e proprio punto di equilibrio tra i due elementi. Il più giovane, il francese Nicolas Blanc, ha presentato una sua nuova creazione, From Afar, appositamente commissionata da Eleonora Abbagnato.
Forsythe/Inger/Blanc. Tre affascinanti coreografie
Herman Schmerman è una creazione di Forsythe del 1992, qui ripresa da José Carlos Blanco Martínez, è basata su una composizione musicale di Thom Willems e costruita in due parti. La prima intitolata Quintet, che ha visto protagonisti nella recita alla quale abbiamo assistito, Federica Maine, Elena Bidini, Marianna Suriano, Alessio Rezza e Giovanni Castelli. La seconda, Duet, ha visto protagonisti Susanna Salvi e Michele Satriano. Come dichiarato dallo stesso Forsythe, Herman Schmerman, è un “balletto che non significa nulla”. Non vi è una storia ma puro ‘movimento’, esaltazione assoluta della Danza tramite una affascinante dinamicità che tende a far diventare modernissimo il movimento tradizionale di base. Una danza arricchita dai costumi di Forsythe e per Duet da quelli di Gianni Versace.
Walking Mad di Johan Inger, inserito al centro del programma, può essere considerata una nuova interpretazione del Bolero di Maurice Ravel che ne è stata la base musicale principale. Già presentato a Roma nel 2018, per esso Inger ha costruito un impianto scenico dominato da un muro, tema molto importante per la contemporaneità che ne esalta la sua funzione ‘tragicamente’ divisiva. Attorno ad esso si muovono uomini e donne che danzano con lo scopo di superare questa barriera alla ricerca spasmodica di conoscere cosa c’è dall’altra parte. La musica di Ravel è fondamentale per questa creazione soprattutto perché esemplare per il coinvolgimento generale. Qui perde qualche cosa nella sensualità acquistando una potente individualità che porta ad un momento di estrema malinconia. Un percorso sottolineato dall’interruzione della coinvolgente ritmica di Ravel ottenuto tramite il contrasto delle delicate sonorità di ‘Für Alina for Piano’ del lettone Arvo Pärt.
La coreografia di Inger, che ha curato anche scene e costumi, è stata ripresa da Yvan Dubreuil con le luci sono di Erik Berglund. Interpreti Giorgia Calenda e Giovanni Castelli (Blue) Marta Marigliani e Alessio Rezza (Rosso), Annalisa Cianci e Jacopo Giarda (Marrone), Domenico Gibaldo (Dress), Giacomo Castellana (Verde) e Alessandro Vinci (Giallo).
From Afar concludeva la serata. Con questa creazione Nicolas Blanc ha voluto rendere omaggio all’arte musicale di Ezio Bosso, musicista recentemente scomparso, utilizzando brani della sua ‘Sinfonia N. 1 “Oceans”’ (1. Allegro “To Plough The Waves”, 2. Trio “Nostalgia”). Una musica intensa tramite la quale Blanc ha immaginato “il viaggio di una comunità, in particolare di una coppia che sperimenterà la forza dell’oceano così come la resilienza dell’amore e il dolore della perdita attraverso i suoi cuori e le sue anime.” Sono parole dello stesso Blanc che vogliono ricordare il pensiero di Bosso relativamente alla sua sinfonia che scrisse per descrivere le sensazioni di un individuo di fronte alla potenza del mare sterminato.
Grazie anche alle scene di Andrea Miglio e ai costumi di Anna Biagiotti un balletto coinvolgente e, per certi versi, straripante, con i movimenti coreutici che lasciavano immaginare la sinuosità e la potenza delle onde del mare. La coppia principale di danzatori era formata da Sara Loro e Giacomo Castellana con il contributo di tutto il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera. Insieme hanno fornito una prova del tutto coinvolgente per questo novità ballettistica.
Gli inconvenienti della ‘base musicale registrata’
Per questo balletto era prevista la parte musicale su ‘base registrata’. Tale scelta, adottata spesso per la Danza contemporanea, purtroppo rompe quell’equilibrio tra le componenti dello spettacolo di balletto: Danza, Musica, Scenografia, tutto dal vivo. Elementi inseparabili come propugnato da una personalità artistica come Sergeij Diaghilev uno dei grandi intellettuali del ‘900. La musica nel balletto è certo importante per mettere in evidenza il ritmo ma anche i colori e i timbri strumentali. La musica diffusa con impianti di alta fedeltà ci dà qualcosa di falso, di freddo, ben lontana dalle sensazioni sonore. Può essere indicata per spettacoli nei palazzetti sportivi o negli stadi.
In una sala perfettamente acustica come quella di un teatro risulta stridente e fastidiosa in un luogo, inoltre, come l’Opera di Roma, dove esiste un’orchestra e strumentisti, in grado di eseguire un programma di musiche come queste utilizzate per lo spettacolo. Si rompe così quell’incanto, quella magia, quella seduzione che sono le sensazioni che uno spettacolo di balletto ci comunica.
La recita alla quale abbiamo assistito (serale del 2 marzo) è stata applaudita a lungo da un pubblico molto numeroso convenuto presso il Teatro dell’Opera. Molto evidente una consistente, e confortante, presenza di giovani.