Almeno cinquanta persone sospettate di estremismo sono state arrestate durante un’operazione coordinata contro il terrorismo in diverse città del Marocco, condotta dalle unità della Direzione generale della Vigilanza Nazionale del Territorio, sotto la vigilanza del pubblico ministero. Le persone arrestate, da quanto si è appreso, avevano attirato l’attenzione dalle unità di sicurezza specializzate nella lotta al terrorismo per aver abbracciato le idee di organizzazioni terroristiche come lo Stato Islamico e al-Qaeda. Secondo alcune fonti di sicurezza, le perquisizioni hanno permesso di «sequestrare armi da taglio, pubblicazioni a sostegno del terrorismo e documenti relativi ai metodi di fabbricazione degli esplosivi».
Il 19 luglio scorso il Bureau central d’investigations judiciaires (Bcji) aveva annunciato di aver collaborato con i servizi spagnoli per arrestare due sospetti membri dello Stato islamico nella città marocchina di Nador e a Lleida, in Spagna, accusati di essere vicini a gruppi terroristici attivi in Siria. Una delle piu’ importanti operazioni antiterrorismo ha avuto luogo il 29 maggio, quando le autorità hanno smantellato una cellula terroristica di tre membri a Tangeri. Stessa operazione alla fine di aprile che aveva portato all’arresto di 13 persone affiliate allo Stato islamico a Casablanca, Beni Mellal, Mohammedia, Khénifra, Témara, Tiflet, Tangeri, Ksar El Kébir, Rissani e Berkane. Gli arrestati, di età compresa tra i 19 e i 49 anni, sono stati tutti accusati di avere legami con gruppi terroristici attivi nella regione del Sahel.
L’impegno del Marocco nel contrasto al jihadismo
Il Regno partecipa inoltre al Forum globale antiterrorismo (Gctf), un forum internazionale composto da 30 membri tra cui Italia, Francia, Spagna, Germania e Paesi Bassi, che ha l’obiettivo di ridurre la minaccia del terrorismo a livello mondiale contrastando le azioni terroristiche e combattendo la radicalizzazione e il reclutamento da parte delle organizzazioni jihadiste. Se il Marocco è stato risparmiato negli ultimi anni da attacchi legati a gruppi jihadisti, i suoi servizi di sicurezza lodati per le loro capacità anche dall’FBI denunciano regolarmente operazioni antiterrorismo e piani di attacco sventati.Da tempo il Marocco svolge un ruolo fondamentale nella lotta al terrorismo di matrice islamica e la settimana scorsa come ricordato dall’Agenzia Nova « il Marocco ha invitato il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione africana a dare la priorità a un approccio regionale per affrontare le crescenti minacce del terrorismo e dell’estremismo violento, in particolare nel Sahel». Il Marocco è anche membro della coalizione internazionale anti-Daesh (acronimo arabo di Stato islamico dell’Iraq e del Levante), istituita nel settembre del 2014 per combattere l’organizzazione terroristica secondo un approccio multidisciplinare, inclusivo e olistico tra i paesi e le istituzioni regionali per frenare le aspirazioni espansionistiche del gruppo terroristico e smantellare le sue reti. La Coalizione è composta da 84 Stati – tra cui Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti – e organizzazioni partner internazionali appartenenti a diverse regioni del mondo, tra queste la Nato, la Lega araba, Ue, Interpol e Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara (Cen-Sad).
Non solo repressione
A livello nazionale il Marocco dopo gli attentati suicidi di Casablanca del 16 maggio 2003 che causarono 45 vittime, ha adottato diverse misure per affrontare i movimenti violenti estremisti, concentrate principalmente su questioni relative alla sicurezza, alla disuguaglianza socioeconomica e al controllo statale sul settore religioso. Subito dopo gli attacchi il il marocco ha infatti adottato una legge antiterrorismo che ha portato all’arresto e la condanna di oltre tremila persone in dieci anni. Ma non solo repressione perché, Re Mohammed VI ha avviato un processo di riforma del sistema religioso con lo scopo di impedire la diffusione di dottrine radicali legate al wahhabismo e salafismo, con l’obiettivo di proteggere il Regno dalla diffusione dell’estremismo violento e preservare la sua identità quale simbolo di equilibrio, moderazione e tolleranza religiosa. In tal senso nel 2017 è stato lanciato il programma “Moussalaha” che mira alla riabilitazione e al reinserimento dei detenuti condannati per casi di estremismo e terrorismo che hanno espresso la loro disponibilità a partecipare. Ad oggi 279 detenuti hanno potuto beneficiare del programma, secondo gli ultimi dati diffusi dal Regno. Il programma come scrive Agenzia Nova « è unico nel suo genere nella regione e si basa su alcuni pilastri fondamentali tra cui la riconciliazione con sé stessi, con la società, con il testo religioso, con le norme che regolano i rapporti dell’individuo con le istituzioni e con le norme etiche».
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