Strappare lungo i bordi è la riflessione positivamente disincantata di un periodo discutibile. Zerocalcare usa l’espediente di un viaggio con due amici storici per regalare le sue riflessioni neorealiste agli spettatori di Netflix che non faranno fatica a ritrovarsi nelle sue perplessità.
Lo stile è secco ma mai compiaciuto e riesce a raccontare le gesta, biografiche, che sono quelle di un tempo e un luogo dove le certezze vacillano. Una serie televisiva dovrebbe presentare personaggi eterogenei e provare a intrattenere ma il fumettista romano va oltre. In tutti gli episodi non esiste alcuna tesi, l’autore si limita a proporre senza imporre il ritratto di una generazione cresciuta con la convinzione di dover realizzare un progetto.
Queste anime, qualche anno dopo, si trovano ad affrontare continue digressioni dall’idea che si erano fatte mutando continuamente un sé ideale che forse non esiste nemmeno. Il filo conduttore della vicenda è l’onestà intellettuale, il ritratto di una realtà com’è e non come dovrebbe essere. Il protagonista è un uomo in divenire che prova a far pace con i suoi opposti e con le sue convinzioni sedando ogni istinto di rivolta che appare poco probabile.
Zerocalcare porta in scena personaggi imperfetti che provano, non riuscendoci sempre, ad adattare se stessi in desideri e speranze senza indietreggiare ma convinti che la favola li renderà protagonisti. Una narrazione profonda e divertente che subisce man mano gli stessi arresti e le stesse accelerazioni della vita. Una serie che non risparmia nessuno, protagonisti compresi, senza condannare nessuno.
Progredendo nella visione si capisce quanto le digressioni siano pezzi di verità. Dagli inserti alla scuola elementare agli affetti, in scena va una versione personale e giustamente imperfetta di un individuo impegnato a cercare uno stile. Le intuizioni di strappare lungo i bordi si susseguono creando una sorta di mimesi con alcuni spettatori, perché “le vite non si assomigliano”, e rendendosi riconoscibili ad altri.