Stadio a San Siro: si riparte daccapo. Ecco perché. Sarà la volta buona?

Con una comunicazione ufficiale del 22 ottobre scorso, il Comune di Milano ha dato atto dell’incontro tra il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, una delegazione di Inter e Milan, (rappresentate dai dirigenti e dalle proprietà dei club), la soprintendente Emanuela Carpani ed i Ministri Giuli (alla cultura) e Abodi (allo sport).  Oggetto della riunione è stata l’ipotesi di costruzione del nuovo stadio di Milano a San Siro, di sviluppo delle aree circostanti, unitamente alle linee guida della rifunzionalizzazione dello stadio Meazza (già condivise con la soprintendente Carpani). Da parte di tutti gli interlocutori ci sarebbe stato apprezzamento e soddisfazione tant’è che a breve – si legge ancora nella nota comunale – i club procederanno alla presentazione della manifestazione di interesse utile alla prosecuzione del procedimento. Nel frattempo – conclude la nota – si attende la perizia dell’Agenzia delle Entrate per avere il quadro necessario per una valutazione complessiva. Questa notizia è stata interpretata dagli addetti ai lavori come una vera e propria svolta: si è scritto e detto, infatti, che i club meneghini potranno finalmente costruire lo stadio a San Siro – come nelle loro intenzioni originarie – accanto all’impianto attuale e realizzare le strutture accessorie (musei, store, ristoranti, uffici, etc) rifunzionalizzando, in tal senso, quella parte del Meazza che, in funzione del vincolo storico/culturale (a regime da febbraio 2025), dovrà comunque restare in piedi (ovvero il secondo anello, o possibilmente solo una parte di esso, vista l’apertura della Soprintendenza alla sua parziale demolizione). Si tratterebbe, quindi, di un ritorno al progetto iniziale (o quasi) dei due club (quello denominato “cattedrale”). Tale progetto “cattedrale” potrà quindi riprendere vita? Ricordiamo, a tal proposito, che esso non è mai stato ritirato ufficialmente dai club.

Due anni fa circa si è chiuso il dibattito pubblico e da allora il Comune di Milano è teoricamente in attesa della presentazione, da parte delle due società, del progetto definitivo (che dovrebbe tener conto delle determinazioni approvate dall’ente territoriale in esito al citato dibattito pubblico). In verità, come risaputo, il tutto si è arenato in considerazione del sopraggiungente vincolo storico/culturale di cui abbiamo appena detto. Le recenti novità potrebbero, però, indurre a pensare che l’iter burocratico possa in effetti riprendere da dove si era interrotto, con la presentazione, quindi, del progetto definitivo, senza dover così ripartire daccapo e buttare al vento i cinque anni ormai trascorsi dalla sua prima formulazione.In realtà riattivare quel procedimento amministrativo (come detto tuttora congelato) non è ormai più possibile per la semplice ragione che esso era finalizzato a far ottenere ai due club la concessione del diritto di superficie dell’area per novanta anni, mentre in base ai nuovi accordi (che sembrano siano stati raggiunti tra le parti) i due club verrebbero adesso ad acquistare la piena proprietà dell’area stessa. Proprio questo cambio di rotta fa si che si debba necessariamente aprire un nuovo procedimento (e quindi ripartire daccapo) poiché la vendita di aree pubbliche (facenti parte del patrimonio disponibile) da destinare alla realizzazione di impianti sportivi segue un percorso burocratico diverso (comunque disciplinato dalla legge sugli stadi) rispetto a quello previsto nel caso di semplice concessione del diritto di superficie. E infatti, non a caso, nella suindicata nota del Comune di Milano si fa menzione della “manifestazione d’interesse” che le due società dovrebbero far pervenire all’ente territoriale.

A tal proposito, va detto che il D.Lgs. 38/2021 (che ha integrato la legislazione in materia di stadi) prevede la possibilità che un Comune possa vendere un’area propria ove debba sorgere uno stadio mediante un procedimento semplificato, denominata “procedura negoziata senza bando”. In pratica, l’ente formula un avviso di vendita dell’area a un prezzo determinato (stabilito mediante interpello all’Agenzia delle Entrate) ed i soggetti che intendono acquistarla devono far pervenire la propria  “manifestazione d’interesse”.Il Comune seleziona poi i soggetti ritenuti più affidabili per la successiva negoziazione che dovrà condurre alla vendita dell’area. A questo punto risulta più semplice comprendere la situazione attuale. In estrema sintesi, il Comune di Milano deve innanzitutto ricevere la quantificazione del prezzo di vendita dall’Agenzia delle Entrate, poi emanare l’avviso di vendita (specificando i vari termini negoziali) e solo dopo le due società potranno far pervenire la loro manifestazione d’interesse e concludere, successivamente, mediante la procedura negoziata, l’acquisto. Siamo quindi ancora agli albori di questa nuova procedura (che pare debba concretizzarsi rapidamente), la quale trova la sua ragion d’essere nel fatto che, diventando il Meazza di proprietà privata, esso potrà risentire in maniera più leggera del vincolo storico/culturale che scatterà nel febbraio 2025 (così come chiarito dalla Soprintendenza) e quindi le due società avrebbero ben più margini di manovra per realizzare il loro progetto originario, che alla fine sarebbe all’incirca quello denominato “cattedrale”.

Stando, difatti, alle indiscrezioni venute fuori, dell’attuale impianto dovrebbero restare in piedi la torre sud-est e le rampe di accesso.Verrebbe, quindi, realizzata un’area che comprenderà parte della curva sud e parte della tribuna arancio, a cui verrà affiancata una nuova costruzione ove sorgeranno negozi, ristoranti, store, musei, uffici. In sostanza, per poter realizzare tutto ciò, l’unica cosa da fare è rendere l’area di San Siro (incluso il Meazza) “proprietà privata” e ciò avverrà tramite il suo acquisto.Questa è quindi la via maestra da seguire per il nuovo stadio a San Siro ma non è detto che alla fine si giunga al risultato ambito dai club. Vi sono infatti alcuni ostacoli da superare per giungere al lieto fine. In tal senso, è stato proprio il Presidente del Milan Paolo Scaroni che, dopo aver inizialmente mostrato soddisfazione per il fatto di poter realizzare il nuovo stadio a San Siro, ha poco dopo smorzato gli entusiasmi, affermando che in realtà resta un nodo di fondamentale importanza da sciogliere, ovvero definire i costi dello stadio e dell’area circostante.  Lo stesso Scaroni ha altresì evidenziato la non indifferente complessità dell’iter volto a ottenere i permessi di costruzione. Quanto ai costi per l’acquisto dello stadio, si attende, come detto, la quantificazione dell’Agenzia delle Entrate; tuttavia dai rumours riportati dai media pare che possa attestarsi in un range tra i 170 e i 250 milioni di euro.

Ovviamente i club dovranno compiere le loro valutazioni sulla sostenibilità economica dell’operazione perché al suddetto costo d’acquisto dell’area va aggiunto quello necessario per realizzare il progetto (che in base all’ultimo piano di fattibilità economico finanziario presentato dai due club al Comune nel 2022 si spingeva già oltre gli 1,2 miliardi di euro). A parere dello scrivente, il problema della sostenibilità economica sollevato dal Presidente del Milan è comunque superabile se si considera che già per la semplice concessione del diritto di superficie era stato a suo tempo quantificato un costo (accettato dai club) di circa 180 milioni di euro (in pratica siamo lì). Quanto alla sollevata complessità dell’iter necessario per ottenere i permessi di costruire, tale argomentazione si può confutare considerando che le difficoltà e le lungaggini burocratiche esistono dappertutto, anche a San Donato. Che le dichiarazioni di Scaroni costituiscano, quindi, una sorta di “pretattica” per tentare di ottenere una quantificazione meno onerosa rispetto a quanto già possibilmente ipotizzato dai club? E ancora, è possibile collocare in tale contesto l’affermazione di Scaroni che vede tuttora in San Donato la prima opzione per la realizzazione del nuovo stadio?

Può darsi, ma a spingere nella direzione opposta sta il fatto che nel progetto “San Donato” sono già stati investiti ben 40 milioni di euro (come d’altronde rimarcato dal massimo dirigente del club rossonero).La “partita” è quindi aperta anche se, ad avviso dello scrivente, entrambi i club meneghini sono consapevoli del maggior fascino che riveste l’area di San Siro rispetto a quelle situate alla periferia di Milano; ed è per questo che non stanno mollando la presa. Ma a prescindere dai “desiderata” delle due società, il nuovo/vecchio progetto “San Siro” potrebbe comunque subire forti ritardi o addirittura abortire per altri motivi non collegati alla fattibilità economica-finanziaria dell’opera e/o al complesso iter burocratico per i permessi di costruzione.Ci riferiamo, segnatamente, alle problematiche già emerse nel corso del dibattito pubblico (andato in scena nel 2022): ovvero problemi di viabilità, di impatto ambientale (eccessiva cementificazione) e perfino di impatto acustico (con emissioni sonore ritenute dai residenti oltre i limiti). È ipotizzabile, in tal senso, che i vari comitati di quartiere, le associazioni a tutela dell’ambiente, etc, non recederanno dalle loro obiezioni e conseguentemente inonderanno il TAR Lombardia di una miriade di ricorsi. Ecco, questo è, ad avviso di chi scrive, il vero e più grande problema  che dovrà essere superato dal Comune e dai club per giungere all’agognato lieto fine di questa lunga storia.  Il tempo, come sempre, ci dirà cosa succederà.

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