In Spagna a metà ottobre si concluderà la stagione delle corride 2023. Il toro; una questione sempre controversa che divide la nazione da decenni ma di nuovo sulla bocca di tutti soprattutto da quando è entrata in vigore la nuova legge sul benessere degli animali. Di questa legge risaltano i divieti di lasciare gli animali soli e incustoditi per più di tre giorni consecutivi (24 ore nel caso dei cani), di usarli negli spettacoli pubblici o di vendita e commercializzazione di cani, gatti e uroni negli stabilimenti. Così la loro vendita è regolamentata e solo gli allevatori in possesso dei relativi permessi sono autorizzati a farlo. Inoltre, la norma vieta di lasciare cani e gatti su terrazze, balconi, tetti, magazzini, scantinati, patii o all’interno di un veicolo. Probabilmente i felini non saranno molto felici perché in più tutti i gatti dovranno essere identificati e sterilizzati entro i sei mesi d’età, ad eccezione di quelli registrati come riproduttori.
D’altra parte, gli animali da compagnia saranno ammessi sui mezzi di trasporto, strutture e spazi pubblici e privati, alberghi, ristoranti e bar, ostelli, rifugi e centri di assistenza. Tuttavia prevarrà sempre la decisione del negozio o centro di consentire o meno l’accesso agli animali domestici. Però sicuramente adesso si vedranno molti più cani negli stabilimenti spagnoli perché la Polizia potrà multare fino a 10.000 euro a chi lascia i propri cani davanti alla porta di un supermercato o di qualsiasi altro esercizio. E d’ora in poi, l’abuso sugli animali sarà punito con più di un anno di reclusione e fino a 36 mesi in caso di morte.
Ciò nonostante alcuni animali come i cani da caccia e da lavoro, i cani poliziotto, gli animali della falconeria, alcuni cetacei degli zoo e dei delfinari, la famosa capra della Legione, i buoi e i muli utilizzati nei presepi natalizi o i tori delle corride sono esentati dalla nuova legge. Perché? Perché sono animali speciali e senza la corrida, ad esempio, questa razza di tori si sarebbe già estinta.
Cos’è il toro de lidia?
Il toro bravo, toro de lidia (azione di toreare un toro) o toro da combattimento, quello che esce nell’arena, deriva dal Bos taurus primigenius -che veniva cacciato e serviva come fonte di cibo per i primi coloni- ed è sviluppato, selezionato e allevato per l’uso negli spettacoli taurini. L’arte rupestre spagnola mostra pittoricamente, su pareti e soffitti, sagome chiaramente differenziate realizzate in pietra scolpita che dimostrano l’esistenza preistorica di un animale con una tipologia simile all’attuale toro iberico. Ci sono anche reperti che dimostrano che già nell’età del bronzo nella Penisola si utilizzava il toro in cerimonie e rituali. Ed è stato anche dimostrato che i circhi romani della Hispania furono le prime arene.
Uno studio realizzato dall’Università di Siviglia insieme al Dipartimento di Genetica dell’Università di Córdoba e al Dipartimento di Ricerca di Serida (Asturie) nel 2015, confrontando 1.300 bovini di 47 razze bovine europee, africane e spagnole, ha dimostrato che il toro de lidia è una razza unica al mondo. La razza de lidia è attualmente composta da cinque caste fondatrici (Capra, Gallardo, Navarra, Vazqueña e Vistahermosa) e circa 20 sottopopolazioni o gruppi di queste. I tori appartenenti a ciascuna di queste caste fondatrici hanno, oltre ad una costituzione genetica unica, un proprio modello morfologico e temperamentale, che li rende inconfondibili e unici. Sono molti, come la direttrice del suddetto studio, Rocío Pelayo, che chiedono un maggiore interesse nella conservazione di questo patrimonio unico che è in pericolo di estinzione e di cui, purtroppo, alcune razze sono già andate perdute.
In effetti, come ha spiegato Fernando Díaz, ex presidente del Collegio dei Veterinari di Guadalajara ed ex membro del Consiglio dei Collegi Veterinari di Castilla La Mancha, senza la tauromachia, al di là della conservazione della specie, allevare attivamente questa razza “non varrebbe la pena economicamente parlando”. Sebbene la carne di un toro da combattimento possa essere mangiata, si tratta di animali con una resa di carne molto ridotta e un tasso di trasformazione molto lento, il che significa che devono essere nutriti per molto più tempo rispetto ad altre razze. Le razze di tori da carne vengono uccise dai 16 ai 18 mesi fino ai 22 mesi. Tuttavia, un toro da combattimento che vediamo nelle arene ha almeno dai quattro ai sei anni che vivrà in ampi pascoli, ben nutrito e controllato.
Il toro bravo soffre?
Sì, certo che il toro soffre quando viene infilzato dalle banderillas o il estoque (spada) come soffre anche nel macello. Tuttavia, secondo uno studio realizzato da Juan Carlos Illera, professore di Fisiologia Animale presso l’Università Complutense di Madrid, “il toro non avverte dolore negli ultimi due terzi della corrida perché dopo il primo puyazo (colpo con la lancia dei toreri a cavallo) in meno di tre secondi, l’85% dei recettori del dolore del toro vengono bloccati dall’enorme rilascio di ormoni chiamati betaendorfine. Ciò significa che il toro subisce uno stress maggiore durante il trasporto (all’arena o al macello) che durante la corrida”.
Sia come sia, ciò che è vero è che il destino della carne di toro è ed è stato fin dall’antichità uno solo: il suo consumo.
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