Il prossimo sciopero generale indetto da Cgil e Uil contro la manovra finanziaria è diventato un nuovo terreno di scontro tra il governo ei sindacati. Il vicepremier Matteo Salvini ha deciso di precettare i lavoratori del settore trasporti, riducendo la protesta da 8 a 4 ore. La decisione, giunta al termine di un breve e fruttuoso incontro tra le parti, ha alimentato un acceso dibattito su diritti costituzionali, regole e interessi collettivi.
La precettazione per sciopero generale: un attacco ai diritti?
Matteo Salvini, in qualità di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha giustificato la precettazione con l’esigenza di evitare il “caos del venerdì”. “Esiste il diritto allo sciopero, ma anche il diritto alla mobilità, alla salute e al lavoro di tutti gli italiani”, ha dichiarato Salvini, sottolineando che in 25 mesi siano stati proclamati oltre 1.300 scioperi, di cui 374 a livello nazionale.
Per i sindacati, però, la misura rappresenta un’inaccettabile compressione del diritto costituzionale allo sciopero. Maurizio Landini (Cgil) e Pierpaolo Bombardieri (Uil) hanno annunciato ricorsi al Tar, denunciando un attacco sistematico al diritto di scioperare. “Non è tutela degli utenti, ma una limitazione pretestuosa del diritto di sciopero”, ha commentato Landini. La legge e i principi costituzionali sono stati piegati a logiche politiche.
Il ruolo della commissione di garanzia
A monte della tensione c’è l’intervento della Commissione di Garanzia sugli scioperi, che ha chiesto ai sindacati di ridurre la durata della protesta e di escludere alcuni settori strategici (trasporti, sanità e giustizia) per rispettare la regola della “rarefazione oggettiva” – un intervallo minimo di 10 giorni tra scioperi nello stesso settore.
Cgil e Uil hanno accettato di esonerare le ferrovie, ma hanno mantenuto lo stop per i trasporti pubblici locali e il comparto aereo, giudicando eccessive le richieste del Garante. Una decisione che Salvini ha definito “inaccettabile” e che ha portato alla firma del decreto di precettazione.
Le critiche della politica e il diritto allo sciopero generale
La decisione del governo ha provocato una dura reazione da parte dell’opposizione. La segretaria del Pd, Elly Schlein, ha definito la precettazione una “grave violazione”: “Il governo continua a negare il confronto con i lavoratori, respingendo i tentativi di dialogo e limitando il diritto di sciopero.”
Le iniziative politiche a sostegno dei sindacati si sono moltiplicate: domani il presidente del Garante sarà chiamato a riferire alla Commissione Lavoro della Camera su impulso di Pd e Alleanza Verdi e Sinistra.
Un paese diviso: proteste in tutta Italia
Nonostante le limitazioni, lo sciopero generale di venerdì prevede 50 manifestazioni in tutto il paese: Ci saranno iniziative provinciali in Veneto, Lombardia, Puglia e Abruzzo, oltre a 17 manifestazioni regionali. Maurizio Landini chiuderà la protesta a Bologna, mentre Bombardieri sarà a Napoli.
Per i sindacati, lo sciopero rappresenta una griglia di allarme contro una manovra giudicata iniqua e contro un governo accusato di ignorare le esigenze dei lavoratori. Per il governo, invece, è una questione di equilibrio tra diritti individuali e collettivi, con l’obiettivo di evitare disagi a milioni di cittadini.
Conclusioni: una questione di diritti e regole
Il braccio di ferro tra governo e sindacati riaccende il dibattito sull’effettività dei diritti costituzionali. In un contesto in cui il diritto allo sciopero si scontra con le esigenze di un sistema sempre più fragile e complesso.
Lo sciopero di venerdì sarà un banco di prova per tutte le parti in causa: per il governo, che dovrà dimostrare di saper governare le tensioni sociali; per i sindacati, chiamati a far valere le loro rivendicazioni in un contesto sempre più ostile; e per i cittadini, divisi tra il disagio dei disservizi e la consapevolezza dell’importanza dei diritti fondamentali.