Famiglia d’intellettuali berlinesi è costretta ad abbandonare la Germania dall’introduzione delle leggi raziali. Lui è un critico teatrale e lei una pianista, i due assieme alla figlia Anna e al fratello partono alla volta di Parigi per assicurarsi un’esistenza serena. Arrivati in Francia però saranno costretti a rivedere le vite senza la certezza di poter assicurare alla prole né un futuro né una patria. Quando Hitler rubò un coniglio rosa è una commedia drammatica tratta dal romanzo omonimo della scrittrice Judith Kerr.
La regista Caroline Link porta sullo schermo le vicende umane di una famiglia costretta, a causa dell’esilio, a un cambiamento radicale di vita. Narrato dalla figlia minore, il film ha il pregio di parlare della persecuzione ebrea da un punto di vista atipico quello della frustrazione di professionisti costretti a ricostruire da zero le loro carriere lavorative. L’assenza di scene campali e una narrazione poco enfatica aumentano il valore di una riflessione partendo dai dettagli. Senza sminuire la tragedia Quando Hitler è un episodio di microstoria visto dagli occhi di una bimba obbligata dalla storia a diventare immediatamente adulta.
Anna osserva la madre accettare i compromessi della situazione e allo stesso modo prova a comprendere le ragioni di suo padre nel non farlo. L’uomo è restio a sminuire se stesso professionalmente ma non per un vezzo quanto per una protesta contro l’odio razziale in grado di mettere in discussione le qualità di alcuni esseri umani .
Una vicenda più adatta al pubblico adulto perché in grado di immedesimarsi nelle dinamiche familiari e nella formazione istantanea di Anna e il fratello. Quando Hitler non è un film a tesi ma la rappresentazione di un episodio singolo di quanto sotto pressione gli individui reagiscono in maniera diversa. La maturazione repentina di Anna è conseguenza delle circostanze e un punto di vista attraverso il quale poter riflettere su quanto spesso i bambini sappiano comportarsi da adulti.