Nei giorni scorsi l’Ordine degli Architetti di Milano ha esternato le proprie perplessità in relazione alla procedura per l’affidamento dell’incarico (volto alla ristrutturazione del Meazza) alla multinazionale Webuild. In sostanza, il suddetto Ordine ha chiesto più trasparenza circa l’affidamento dell’incarico.
In una nota diramata da tale Ordine, difatti, si legge: “il concorso (la gara ndr) resta lo strumento privilegiato per garantire trasparenza, meritocrazia e il perseguimento del massimo interesse pubblico nella qualità del risultato”. Il presidente dell’Ordine milanese, Federico Aldini, intervistato da “Il Giorno” ha inoltre aggiunto: “tra le domande che i nostri iscritti fanno a me, come presidente dell’Ordine degli architetti, e a cui non sono in grado di rispondere, è con quale criterio è stato scelto lo studio per il restyling di San Siro. Un piano di fattibilità di cui, peraltro, si è parlato sui giornali, ma senza fornire dettagli. Abbiamo capito che questo progetto convince il sindaco Giuseppe Sala. Ma come sono stati individuati i professionisti che lo hanno preparato?”. Dal canto suo, Webuild, secondo quanto riportato da “Calcio e Finanza”, ha fatto sapere come il progetto (volto a valutare la fattibilità tecnica ed economica dell’opera) fosse una proposta offerta gratuitamente e spontaneamente ai due club meneghini sulla base del diritto del proponente.
Delineati i confini della diatriba, vediamo adesso cosa prevede la normativa vigente sul tema.
In tal senso occorre fare riferimento al Decreto Leg.vo del 28 febbraio 2021, n. 3, il quale costituisce attuazione dell’articolo 7 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi.
Orbene, l’art.4, comma 11, di tale decreto stabilisce che in caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti (come nel caso specifico il Meazza) il progetto definitivo approvato è posto a base di procedura di affidamento, indetta dall’amministrazione. Alla gara è invitato anche il soggetto proponente (nel caso specifico Webuild), che assume la denominazione di promotore. Da notare che Il bando della gara deve specificare che il promotore, nell’ipotesi in cui non risulti aggiudicatario, possa esercitare il diritto di prelazione entro 15 giorni dall’aggiudicazione definitiva e divenire aggiudicatario se dichiara di assumere la migliore offerta presentata.Dalla norma in esame si evince che la “gara” costituisce una modalità necessaria ed ineludibile per l’affidamento dell’incarico soltanto dopo, però, l’approvazione del progetto definitivo.
Se così è, appare del tutto legittimo l’operato di Webuild, atteso che nulla avrebbe potuto vietare al proponente (nella fattispecie proprio Webuild) di sottoporre il suo progetto all’ente interessato (comune di Milano) ed alle società utilizzatrici dello stadio, ai fini del vaglio di fattibilità tecnico ed economico-finanziario del progetto stesso.In tale ottica, le sopra riportate lamentele dell’Ordine degli Architetti potrebbero quindi divenire fondate soltanto se, dopo l’approvazione del progetto definitivo, il Comune non indicesse la gara.
Non sussiste, pertanto, allo stato, alcuna violazione normativa da parte di Webuild e/o del Comune.
Sul tema in esame va poi opportunamente aggiunto che qualora i soggetti preponenti del progetto fossero direttamente le società che utilizzano l’impianto sportivo (Inter e/o Milan), il comma 12 del citato articolo 4 prevede che esse potrebbero procedere liberamente all’affidamento dei lavori (tranne nei casi tassativamente previsti dall’ordinamento dell’Unione europea per le sole opere di urbanizzazione).
Tale norma stabilisce, altresì, che per lavori di importo superiore a 1 milione di euro, qualora le sovvenzioni pubbliche dirette non superino il 50% di detto importo (come avverrebbe nel caso di specie, visto che la ristrutturazione costerebbe certamente più di 1 milione di euro e che essa sarebbe realizzata totalmente con capitali privati, molto probabilmente in project financing), non trovano applicazione né le previsioni del decreto leg.vo n.50/2016 (codice degli appalti) né gli altri riferimenti al codice dei contratti pubblici di cui al presente decreto, e non si applica il suindicato comma 11.
In pratica, in tale ipotesi non vi sarebbe alcuna gara da espletare e le società meneghine potrebbero incaricare liberamente Webuild (o altro soggetto) di predisporre il progetto (preliminare e poi definitivo).
A scanso di equivoci, va opportunamente evidenziato che la scelta dell’affidatario dei lavori non può comunque ricadere su soggetti che abbiano riportato determinate condanne penali o altri tipi di sanzioni espressamente previste dal codice degli appalti.
In conclusione, possiamo ribadire che non appaiono allo stato fondate, sul piano giuridico, le riferite “perplessità” sollevate dall’Ordine degli Architetti di Milano, il quale, comunque, ne è per certi versi consapevole, atteso che, nella citata nota da esso diramata, possiamo altresì leggere che “qualora non ci siano le condizioni per una procedura concorsuale, sottolineiamo l’importanza comunque di preservare la trasparenza delle procedure e garantire una chiara visibilità delle ricadute del progetto sul quartiere e sulla città, per difendere gli interessi di chi la abita”.
Ovviamente, sull’assicurare una chiara visibilità di quello che potrebbe essere l’impatto del progetto sul quartiere di San Siro non ci può che trovare d’accordo, in quanto gli interessi della collettività vanno sempre preservati e posti al di sopra di quelli dei singoli.In tal senso, è comunque doveroso ricordare che il Comune di Milano ha già dato prova di grande sensibilità sul tema, indicendo, nel recente passato, un dibattito pubblico sull’ormai tramontato progetto denominato “cattedrale”, coinvolgendo adeguatamente cittadini ed istituzioni.
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