Perchè Netanyahu ha licenziato Gallant, il ministro della Difesa

Non capita tutti i giorni che un Primo Ministro licenzi il suo Ministro della Difesa nel bel mezzo di una guerra. Il Presidente della Repubblica israeliana ha immediatamente twittato: “L’ultima cosa di cui lo Stato di Israele ha bisogno in questo momento è uno sconvolgimento e una rottura nel mezzo della guerra…”. Ecco, appunto. Sebbene da lungo tempo fossero noti i contrasti tra i due uomini politici (peraltro dello stesso partito, il Likud) il licenziamento di Gallant ha fatto sgranare gli occhi a molti, vista l’attuale situazione di Israele. In realtà il clamore sulla vicenda è stato rapidamente accantonato dai media e, per ora, nessun approfondimento a riguardo è comparso sulla stampa internazionale.

Intendiamo qui analizzare solo un argomento tra quelli che hanno messo in contrasto Netanyahu e Gallant, quello sul rilascio degli ostaggi. Su questo punto abbiamo solo una breve dichiarazione che Gallant ha fatto durante la sua visita ai parenti degli ostaggi subito dopo il suo licenziamento: “There is nothing left in Gaza to do”. The major achievements have been achieved”, dunque “A Gaza non c’è rimasto niente da fare. I maggiori obiettivi sono stati raggiunti”. Per ora dobbiamo attaccarci a questa breve frase per interpretare il pensiero di Gallant. È ragionevole leggere la sua dichiarazione in questo senso: “Abbiamo fatto in modo che Hamas non possa più invadere Israele per lungo tempo, né farvi piovere centinaia di razzi. I pericoli maggiori sono scongiurati, ora possiamo dare la priorità all’accordo sugli ostaggi”. Ma cosa vuol davvero dire quel: “A Gaza non è rimasto nulla da fare”? Gallant intende dire che è venuta l’ora di ritirarsi da Gaza? Sembrerebbe di sì. Sappiamo che Hamas è disposto a liberare gli ostaggi solo se l’esercito israeliano si dovesse ritirare da Gaza, ma se questo ritiro dovesse avvenire sappiamo anche che Hamas riprenderebbe totalmente il controllo della Striscia. Bisogna però dire che l’obiettivo politico del Governo, sin dall’inizio della guerra, è sempre stato quello di debellare Hamas e recuperare gli ostaggi.

Se l’obiettivo è debellare Hamas, allora – a differenza di quanto Gallant ha dichiarato – a Gaza “rimane da fare” moltissimo. Lo svolgimento in corso della terza battaglia per liberare il quartiere di Jabalia non è una buona notizia per Israele, perché significa che Hamas – malgrado i pesanti attacchi subiti – ha saputo ricostituirsi in quell’area per la terza volta da quando è iniziata la guerra. Questo fa presupporre che Hamas mantenga un controllo anche maggiore sui quartieri centrali della Striscia, dove le truppe israeliane non sono mai veramente penetrate in profondità. Ed è anche lecito domandarsi quale possa essere la presenza di Hamas nell’area umanitaria di Al Mawasi. Dunque, indipendentemente da come la si pensi, sembra che tra quanto dichiara Gallant (“A Gaza non è rimasto più nulla da fare”) e la posizione del Governo (vogliamo debellare Hamas) ci siano visioni politiche diametralmente opposte. Certo, finché l’ex Ministro della Difesa non ci dirà chiaro e tondo qual è il suo pensiero, questa vicenda ci lascia con importanti domande in sospeso; quella principale è se esiste un’opinione diffusa tra alcuni vertici militari sul fatto che Hamas non può essere sradicata dalla Striscia più di tanto e quindi tanto vale smettere di provarci e dare invece la priorità alla liberazione degli ostaggi – si noti bene – sostanzialmente nei termini richiesti da Hamas.

Se questa ipotesi dovesse un giorno applicarsi alla realtà non c’è dubbio che il Fronte della Resistenza celebrerebbe il fatto come una vittoria.Al momento stiamo invece assistendo a un avanzamento dei carri con la Stella di Davide verso i campi centrali della Striscia. Notazione. Forse il motivo per cui Gallant non approfondisce pubblicamente il suo pensiero lo si può ritrovare nella legge israeliana sui parlamentari che entrano singolarmente in disaccordo con il proprio partito. Secondo questa legge, se Gallant dovesse continuare a fare dichiarazioni contro il proprio partito, il Likud potrebbe denunciarlo come “transfugo” presso un apposito Comitato Parlamentare. Un parlamentare designato come “defector” va incontro a dure sanzioni, tra queste ce n’è una che gli impedirebbe di presentarsi alle prossime elezioni in tutti i partiti rappresentati attualmente in parlamento. Come dire? Dovrebbe costruire un partito nuovo, cosa non semplice. Dunque, a meno che Gallant non decida di trovarsi un lavoro nel privato, se parla ancora contro le decisioni del Primo Ministro e suo collega di partito rischia la carriera politica.

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