Avete desiderio che sulle sponde del Mediterraneo si crei una dittatura islamista armata dall’Iran ed alleata della Russia, nemica dell’occidente e che fondamentalmente si batte per la distruzione di Israele? Se la risposta è “no” allora la causa palestinese non è più difendibile. Cosa è la “causa palestinese”? La richiesta per la quale il popolo palestinese debba avere il diritto ad autodeterminarsi in una propria forma statuale ha certamente un suo diritto, così come esiste il diritto dei palestinesi a non subire un regime di minorità, se non di apartheid – insomma: di quotidiane angherie – all’interno dello Stato Israeliano. Questa è da decenni la cosiddetta “causa palestinese”.
Ma, nella situazione data, dobbiamo necessariamente ritornare alla domanda di partenza: la “causa palestinese” oggi troverebbe soluzione solo nella creazione di una dittatura islamista armata dall’Iran e supportata dalla Russia di Putin. A questo possibile stato palestinese è necessario rispondere “no”. Non abbiamo alcun interesse ad uno Stato Palestinese immaginato nei confini stabiliti da questa o quella risoluzione dell’ONU, o in qualsiasi altra forma di confine, se questo significa far nascere l’ennesima dittatura islamista, guerriera, antidemocratica e nemica giurata dell’occidente.
No, l’allontanamento di tanti dalla causa palestinese non è dettato dall’indifferenza, ma dall’impossibilità di trovarvi una soluzione decente nella situazione data; anzi, per esser chiari, dal fatto che l’unica soluzione possibile nella situazione data sarebbe – per chi crede nella pace e nella democrazia – peggiore del problema che abbiamo di fronte.
La battaglia per i diritti non è un terreno filosofico astratto, si sostanzia nelle possibili soluzioni concrete di situazioni concrete. A chi ha i capelli bianchi viene voglia di dire, senza peli sulla lingua: “Ci hanno già fregato una volta”. Chi ricorda “la rivoluzione a mani nude” in Iran non può dimenticare la commozione che suscitava questo popolo che si faceva coscientemente massacrare, settimana dopo settimana, dalle mitragliatrici dello Scià di Persia ad ogni manifestazione dopo ogni venerdì di preghiera; e c’era questo prelato/politico, che si chiamava Khomeini, e stava in esilio a Parigi – non a Mosca – che ci parlava di democrazia, governo multipartitico e quant’altro: in molti abbiamo perorato quella causa ed eccola oggi la soluzione: la vediamo ogni giorno nel martirio delle donne e degli uomini iraniani sottoposti ad una tirannia islamista spietata. Bisognerebbe una volta per tutte domandarsi in che misura i popoli sono davvero innocenti. Forse questa innocenza non è così totale. Forse i popoli, almeno in una certa misura, scelgono da sé il loro proprio destino.
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