Operazione Bittersweet: pasticceri di giorno orchi di notte

Tre pasticceri di Sesto San Giovanni, Milano, sono i veri orchi dell'operazione “bittersweet” che si è concretizzata con una serie di blitz nelle abitazioni dei sospettati

bittersweet pasticceri

Si chiama Bittersweet l’operazione della Polizia Postale che ha portato alla luce a Milano, una nuova rete di traffico di contenuti pedopornografici di tre pasticceri. Un nome che racchiude un contrasto stridente: la dolcezza (Sweet) della vita di facciata, contrapposta all’amarezza (bitter) di aver scoperchiato un vaso di Pandora. Per l’ennesima volta gli ufficiali di Polizia recuperano un’enorme mole di file e di contenuti legati a minorenni.

Dei tre finiti in manette, uno è un 45enne titolare di una pasticceria a Sesto San Giovanni, un altro è apprendista pasticcere di 21 anni. L’ultimo, un disoccupato di 43 anni già noto alle forze dell’ordine per precedenti per reati contro il patrimonio.

Blitz nelle abitazioni dei pasticceri chiude il cerchio su “Bittersweet”

Le indagini, coordinate dai pubblici ministeri Antonio Cristillo e Giovanni Tarzia e e guidati dalla dirigente Manuela De Giorgi e dal vice Rocco Nardulli, si sono sviluppate lungo un doppio binario:

  1. Segnalazioni dei provider: I principali fornitori di servizi online, come previsto dalla normativa internazionale, hanno individuato il transito di materiale pedopornografico sui propri server.
  2. Collaborazione con l’Interpol: La polizia internazionale ha segnalato undici file sospetti contenenti immagini e video illeciti.

Questi dati si sono aggiunti a tre fascicoli già aperti, che riguardavano i tre indagati in maniera separata. L’operazione si è concretizzata con una serie di blitz nelle abitazioni dei sospettati, durante i quali sono stati rinvenuti e sequestrati dispositivi elettronici e supporti di memoria contenenti prove schiaccianti.

Durante le perquisizioni, gli investigatori hanno sequestrato:

  • 3 computer personali,
  • 13 smartphone,
  • 3 compresse,
  • 15 spazi nuvola,
  • numerosi hard disk, chiavette USB e altri supporti digitali.

In totale, i dispositivi contengono circa 5 terabyte di dati, corrispondenti a milioni di immagini e video. Gli specialisti della Polizia Postale hanno riscontrato numerosissimi contenuti pedopornografici, che ritraevano minorenni, anche in tenera età, coinvolti in atti sessuali.

Inoltre, le analisi digitali hanno evidenziato una ricerca ossessiva e continua di materiale illecito da parte degli arrestati, documentata da tracce di navigazione sui rispettivi dispositivi.

La minorenne adescata

Tra i tre arrestati, il 43enne disoccupato si è rivelato responsabile di un episodio particolarmente graveOltre a raccogliere tutti gli elementi utili alla puntuale ricostruzione dei fatti e all’individuazione delle singole responsabilità, gli investigatori della Postale hanno posto fine anche alle “violenze sessuali perpetrate da uno degli arrestati nei confronti di una giovane vittima”: stando a quanto emerso, il quarantatreenne sarebbe riuscito ad adescare online una minorenne, spingendola a produrre foto e video pornografici. Questo caso rappresenta un’ulteriore dimostrazione di come i pedofili sfruttino le piattaforme digitali per entrare in contatto con le giovani vittime, spesso sfruttando la loro debolezza emotiva.

L’operazione Bittersweet sottolinea la pervasività del problema dei crimini sessuali contro i minori, che spesso si celano dietro facciate insospettabili. È fondamentale che la società resti vigile e che le piattaforme digitali continuino a collaborare con le forze dell’ordine per prevenire e contrastare questi reati.

L’indagine rappresenta un altro passo avanti nella lotta contro la pedopornografia online, ma il caso evidenzia anche la necessità di educare i minori e le famiglie sui rischi del web.

Denunciare è fondamentale. Ogni segnalazione può essere decisiva per salvare una vita e assicurare i colpevoli alla giustizia.