Gli ultimi dati Istat, relativi a una ricerca del 2021, riguardanti la presenza di persone “senzatetto” nel nostro paese sono davvero allarmanti. Dalle nostre strade, infatti, arriva l’urlo di dolore di piu’ di 96.000 persone, 65.000 uomini e 31.000 donne. La fascia di eta’ piu’ afflitta da questo fenomeno e’ quella che va dai 35 ai 54 anni (circa 33.600 individui), vengono a seguire i piu’ anziani e in coda a questa triste classifica i giovani dai 18 ai 34 anni. Le citta’ in cui sono state registrate le piu’ alte percentuali di persone senza fissa dimora sono: Roma con 23.424 unita’, Milano con 10.120, Napoli con 7.237, Foggia con 3.877 e Cagliari con 1.365. I numeri di questa ricerca sono stati ottenuti calcolando sia coloro che non hanno un domicilio prolungato e continuativo che le persone a cui e’ stato assegnato dalle amministrazioni comunali un indirizzo fittizio per garantire loro l’assistenza sanitaria. Secondo la Fio.
Psd, la federazione italiana organismi per le persone senza fissa dimora, questo computo non include situazioni di estrema marginalita’ soprattutto in riferimento alle donne che, prima di arrivare in strada, attraversano periodi piu’ lunghi di disagio abitativo dovuti, per esempio, a violenze domestiche. Dall’ultima rilevazione statistica sono passati 3 anni e, purtroppo, si fa fatica a pensare che i numeri non siano aumentati, complice anche la crisi economica che ha colpito durante e dopo il Covid. Qualcosa certamente si sta muovendo, a novembre, infatti, il Senato ha approvato all’unanimita’ la legge che assicurera’ l’assistenza sanitaria, e in particolare il medico di base, alle persone senza dimora che vivono regolarmente in Italia; lo stanziamento per questa operazione e’ di 1 milione di euro (per il 2025 e 2026) e finanziera’ un programma sperimentale da attuare nelle 14 citta’ metropolitane italiane.
Questi dati denunciano una situazione angosciosa e insostenibile, oramai cronicizzata, e testimoniano che gli interventi effettuati sino ad ora non si sono dimostrati sufficienti e questo anche perche’ le azioni mirate ad aiutare e a proteggere questa sfortunata categoria di persone, finite in strada per diverse ragioni, hanno perlopiu’ il carattere dell’emergenza e quindi vengono effettuate in caso di condizioni particolarmente difficili come le gelate in inverno o il caldo torrido in estate.
Intervenire solo in certi periodi in cui si presentano circostanze insostenibili o assicurare, per quanto necessario, il medico generico non e’ abbastanza per affrontare e risolvere il problema. Occorre mettere a sistema un complesso di provvedimenti e condotte che rendano organiche tutta una serie di azioni atte a garantire standard di vita accettabili a coloro che vivono oramai ai margini della societa’.
Uscire fuori dai circuiti della “normalita” sociale e’ molto pericoloso, vuole dire, infatti, indirizzarsi verso un processo di degrado umano, fisico, psicologico ed emotivo senza ritorno che se non risolto in tempi brevi non consente piu’ agli individui coinvolti di vivere secondo le regole che governano la comunita’: mantenere una routine igienica, nutrirsi, lavorare, intrattenere relazioni sociali. Solo tra il 2022 e il 2023 sono morti 700 senzatetto (o barboni, clochard, homeless, vagabondi), questa “galassia di poverta’” , che non puo’ essere censita puntualmente a causa della sua complessita’, e’ diventata invisibile agli occhi di molti di noi, si e’ normalizzata, non ci facciamo piu’ caso e questa e’ la vera oscenita’: l’indifferenza. La teoria che genera l’approccio secondo cui questo grave problema sociale sia di inesorabile destino e’ inaccettabile e non ci si puo’ arrendere a questo assunto.
Al di la’ dell’importante e fondamentale lavoro che fanno i volontari, sono le amministrazioni locali, ma forse anche quelle centrali, a dover trovare strategie organiche risolutive, i piani a tempo determinato non funzionano e costituiscono solo un rammendo ad una ferita sociale straripante.
E’ arrivata l’ora dell’autocritica, il momento di cambiare strada e costruire per queste persone un sistema funzionante ed efficace. Si potrebbero utilizzare edifici vuoti per creare delle case di accoglienza ben strutturate e organizzate, con dei servizi igienici dignitosi, condizioni di pulizia umani, divisi per genere, che accolgano anche gli animali domestici (altro tema molto sensibile) e che propongano delle attivita’ ristrutturanti come per esempio occupazioni lavorative, corsi e insegnamenti, ma anche unita’ di comfort come parrucchieri e barbieri, che garantiscano agli inquilini la possibilita’ di rimanere all’interno di quel perimetro sociale fatto di scambio, opportunita’ e servizi.
Esiste un problema evidente di politica sociale, che non ha ne’ colore ne’ un orientamento politico specifico, che deve essere risolto, non e’ piu’ accettabile, infatti, nell’era dei miracoli tecnologici e delle scoperte prodigiose che resistano problemi antichi come l’emarginazione e il degrado umano, e’ una questione di civilta’.
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