Come noto, il 31 agosto dell’anno venturo scadrà il prestito concesso da Elliott a RedBird Capital Partners per l’acquisto del Milan (c.d. “vendor loan”).Per tenersi il club rossonero, il fondo capitanato da Gerry Cardinale dovrà restituire a quello guidato da Paul Singer la cifra di 695 milioni di euro (circa). Nelle scorse settimane “La Repubblica” ha scritto che il numero uno del Milan starebbe faticando a trovare i soldi da restituire ad Elliott. Sempre in tale ottica, il Sole24ore ha ipotizzato che Cardinale, per tenersi il club rossonero, potrebbe tentare di allungare di un anno il prestito in scadenza al 31 agosto del prossimo anno mediante il c.d. “riscadenziamento” o cercare comunque di rifinanziarlo. Si è perfino detto che, per reperire i fondi occorrenti, il patron del Milan potrebbe far emettere al Milan un “bond” (circostanza che lo scrivente ritiene impraticabile per via degli accordi verosimilmente presi col creditore Elliott che certamente impediscono di indebitare il club rossonero in quanto assoggettato a pegno). C’è infine chi ha scritto che, per reperire parte della liquidità necessaria, il patron del Milan potrebbe vendere una parte delle azioni del club rossonero (si è parlato del 22%; vendita che però necessiterebbe del benestare del fondo Elliott che, come detto, gode del diritto di pegno sulle azioni della società meneghina).
In sostanza, sulla carta esistono alcune valide opzioni che Cardinale potrebbe mettere in pratica per tenersi il Milan. Ma se per un qualche motivo nessuna di tali opzioni andasse a buon fine, cosa succederebbe? La risposta è in verità scontata: sicuramente Elliott escuterebbe il pegno e si (ri)prenderebbe il Milan. Altra domanda conseguenziale: in tal caso Cardinale (o meglio RedBird) ci rimetterebbe dei soldi?Impulsivamente si potrebbe rispondere di sì, ma a ragionarci bene non è così. Vediamo perché. Lo spunto di riflessione lo si trae da quanto accaduto tra Suning e Oaktree allorquando il fondo statunitense ha escusso il pegno, appropriandosi, in tal modo, dell’Inter. Come si ricorderà, tale escussione è avvenuta mediante una valutazione del club nerazzurro, eseguita da un perito indipendente, utilizzando il criterio di stima del “fair market value” (equo valore di mercato), in base a quanto previsto dall’atto di costituzione del pegno che richiamava la legislazione lussemburghese (la quale impone che le parti si accordino su un determinato sistema di valutazione peritale del bene oggetto di escussione – art.11 Law of 5 August 2005 on financial collateral arrangements). Ciò ha fatto crollare la convinzione (all’epoca ben radicata nei più) che Zhang (o meglio Suning) perdesse l’Inter a “zero”, visto che la differenza risultante tra il valore del bene oggetto di pegno ed il debito nei confronti del finanziatore andava riconosciuta al soggetto finanziato.
Prendendo questo spunto, appare logico pensare, per analogia, che anche RedBird ed Elliott abbiano verosimilmente convenuto, nel caso si giungesse all’escussione del pegno, di far valutare il club rossonero secondo il criterio di stima del “fair market value” (anche qui, va detto, si applica la legislazione lussemburghese). Facciamo quindi adesso due conti per vedere se e quanto resterebbe in tasca al fondo guidato da Cardinale nel caso in cui fosse stato convenuto questo criterio di stima. A tal proposito, va detto che il Milan è stato acquistato da RedBird per l’importo di 1,160 miliardi di euro. Tale fondo ha già versato a Elliott 610 milioni e come detto ne dovrà ancora corrispondere altri 695 (di cui 145 milioni a titolo di interessi). Adesso occorre stabilire quale potrebbe essere il valore “di mercato” del club rossonero al 31/8/25 (data di scadenza del prestito). In tal senso ci può venire in soccorso l’autorevole “Football Benchmark” (che analizza i valori dei migliori club calcistici in Europa), il quale, nell’ultimo suo report – datato 30/5/24 – ha stimato il valore del Milan in 1,436 miliardi di euro.
Se così è, possiamo dedurre che, laddove l’escussione del pegno, fosse (per ipotesi) avvenuta al 30 maggio scorso, Elliott a tale data avrebbe dovuto corrispondere al fondo capitanato da Cardinale 741 milioni di euro (pari alla differenza tra il valore del club – 1,436 mld – ed il debito di RedBird – 695 mln). In tal modo, il fondo attualmente proprietario del Milan avrebbe già lucrato 131 milioni di euro (importo dato dalla differenza tra il residuo ottenuto – 741 mln – e la somma già versata a Elliott – 610 mln – considerando, in tal senso, che il club milanese non ha sostanzialmente debiti, i quali andrebbero nel caso detratti).
Tuttavia, dovendo la valutazione del club farsi al 31/8/25 (data della scadenza del prestito), il suo valore non potrà che aumentare ulteriormente rispetto a quello attuale, seguendo peraltro una tendenza che vede, sotto questo aspetto, la società rossonera primeggiare in Europa visto che negli ultimi otto anni, la crescita del suo valore è stata del 163% (da un valore di 545 milioni nel 2016 ha raggiunto quello di 1.436 miliardi di questa stagione).Ciò vuol dire che, in caso di escussione, il fondo alla guida del Milan potrà realizzare un apprezzabile profitto.In definitiva, se davvero le parti hanno convenuto che in caso di escussione il perito debba applicare il criterio di stima dell’equo valore di mercato (secondo uno schema giuridico che alla fine integra un patto marciano), giungere alla scadenza del prestito senza saldare il debito, con la conseguente escussione del pegno, potrebbe non essere affatto pregiudizievole per Cardinale e anzi potrebbe garantire al fondo da lui capitanato un certo profitto.
Ovviamente ciò è il risultato dell’intelligente opera di valorizzazione del club avvenuto sotto la sua gestione che, sotto tale aspetto, sta dando i suoi buoni frutti (va a tal proposito evidenziato che, sempre secondo l’ultimo report di Football Benchmark, la società rossonera nell’ultimo anno ha accresciuto il suo valore del 35.5%). Se, stando a quanto detto, l’escussione può rivelarsi un affare per il fondo guidato da Cardinale, cosa può dirsi per Elliott? Sebbene in caso di escussione il fondo di Paul Singer debba corrispondere una differenza a RedBird, resterebbe pur sempre il fatto che Elliott si ritroverebbe comunque in mano un club (il Milan) cresciuto notevolmente di valore e quindi molto più appetibile sul mercato e come tale vendibile a un prezzo ben più alto di quello accordato a suo tempo a RedBird. Ciò farebbe ottenere a Elliott un profitto certamente superiore rispetto a quello ricavato un paio d’anni fa dalla vendita al fondo di Cardinale.In conclusione, non è così azzardato ipotizzare che l’escussione del pegno potrebbe alla fine rivelarsi paradossalmente un “affare” per entrambi i fondi.
@riproduzione riservata