L’ONU è nei guai: dodici dipendenti UNRWA collusi con i terroristi

Italia, Finlandia e Gran Bretagna, sospendono i finanziamenti alla UNRWA, l’agenzia per i rifugiati palestinesi dell’ONU, seguendo così le orme di Stati Uniti, Australia e Canada.Nella giornata di venerdì 26 gennaio infatti, Washington aveva annunciato di aver temporaneamente interrotto i finanziamenti all’UNRWA a causa delle accuse secondo cui 12 dei suoi dipendenti potrebbero essere stati coinvolti nell’attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre, come dichiarato dal portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller: “Il Dipartimento di Stato ha temporaneamente sospeso i finanziamenti per l’UNRWA mentre esaminiamo queste accuse e le misure che le Nazioni Unite stanno adottando per affrontarle”.

Secondo i dati forniti dalla stessa agenzia ONU, nel 2022 l’Italia ha donato poco più di 18 milioni di euro (14esimo posto tra i primi 20 donatori). Al primo posto, gli Usa con quasi 344 milioni di dollari, seguiti da Germania e Ue; il Canada ha dato fondi per quasi 24 milioni e l’Australia quasi 14. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, si è subito messo in contatto con il segretario generale ONU, Antonio Guterres, “per sottolineare la necessità di un’indagine approfondita e rapida su questa questione”. Un’inchiesta “urgente, completa e indipendente” che il Palazzo di Vetro ha già lanciato, come ha riferito il portavoce di Guterres, Stephane Dujarric.

Gli Stati Uniti sono intervenuti in seguito a un dossier, fornito a Washington dalle autorità israeliane, che documentano il coinvolgimento dei dipendenti dell’UNRWA a fianco di Hamas nel massacro del 7 ottobre.

Un alto funzionario dell’intelligence israeliana ha riferito al sito di notizie Axios che lo Shin Bet e l’IDF hanno fornito informazioni che indicavano la partecipazione attiva del personale dell’UNRWA insieme all’uso dei veicoli e delle strutture dell’agenzia nell’attacco terroristico del 7 ottobre:

“Si tratta di informazioni forti e corroborate, gran parte delle quali sono il risultato degli interrogatori dei militanti arrestati dopo l’attacco del 7 ottobre.”Di fronte alle prove fornite da Israele, l’agenzia dell’ONU per i palestinesi ha reagito aprendo un’inchiesta interna e licenziando “diversi” operatori “per proteggere la capacità dell’agenzia di fornire assistenza umanitaria”, come ha spiegato il segretario generale Philippe Lazzarini, assicurando che “qualsiasi dipendente dell’UNRWA coinvolto in atti di terrorismo sarà chiamato a rispondere, anche attraverso procedimenti penali”. Israele ha poi reso noto, tramite il ministro degli Esteri, Israel Katz, che l’UNRWA non potrà più operare a Gaza dopo la guerra e chiede il licenziamento del segretario generale, Philippe Lazzarini. Immediata la reazione dell’OLP, con il segretario generale Hussein al-Sheikh che ha chiesto un’inversione di rotta citando grandi rischi politici e umanitari legati al blocco dei finanziamenti.

Hamas ha invece condannato le “minacce israeliane” contro l’UNRWA e il licenziamento dei 12 dipendenti “basati su informazioni provenienti dal nemico sionista” ed ha esortato ONU ed altre organizzazioni internazionali a non cedere. Il caso dell’UNRWA è soltanto l’ultimo di una serie di episodi a dir poco sconcertanti che hanno coinvolto l’ONU, a partire dalle dichiarazioni del suo segretario generale, Antonio Guterres, subito dopo il massacro del 7 ottobre, quando dichiarò “l’attacco di Hamas non viene dal nulla”. Come se non bastasse, Guterres ha cercato in tutti i modi di fermare la risposta israeliana contro Hamas, invocando il cessate il fuoco e utilizzando anche, seppur inutilmente, una rara clausola nella Carta delle Nazioni Unite per sollecitare l’intervento del Consiglio di Sicurezza.

Israele aveva a sua volta accusato Antonio Guterres di sostenere Hamas e ne aveva chiesto le dimissioni, affermando che il suo mandato a capo dell’organismo mondiale è “un pericolo per la pace nel mondo”. Allo stesso tempo, Guterres ha continuato ad accusare Israele di uccidere civili palestinesi a Gaza. Intanto però lo scandalo dell’UNRWA fa perdere ulteriore credibilità all’ONU e al suo segretario generale. Come se non bastasse, c’è anche la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU che ha respinto l’archiviazione chiesta dai legali di Gerusalemme per quanto riguarda le accuse di genocidio, ordinando a Israele di prendere tutte le necessarie misure per impedirlo. La Corte non ha però ordinato alcun cessate il fuoco e neppure il ritiro da Gaza.

Una sentenza strana, di per sé inutile se non fosse per il fastidioso precedente che può aver creato sul piano legale.In ogni caso, dalla sentenza della corte ONU è emerso un aspetto interessante e cioè la difficoltà che ha il tribunale nel distinguere tra un atto di terrorismo, un genocidio e la legittima risposta di uno Stato sovrano nei suoi confronti. Il tribunale sembra non cogliere che se Israele avesse voluto, avrebbe potuto cancellare Gaza dalla mappa in 30 minuti. L’esercito israeliano ha invece creato corridoi umanitari per far defluire i civili palestinesi dalle zone operative, annunciando con anticipo le aree dove avrebbe colpito (perdendo così l’effetto sorpresa e rallentando la campagna contro Hamas). Eppure, tutto ciò sembra così evidente.

Strano che la stessa severità non sia stata utilizzata dall’ONU contro la Turchia di Erdogan quando bombarda i curdi oppure con regimi come quello iraniano e cinese quando perseguitano gli oppositori.La corte ONU sembra far confusione anche con il concetto di genocidio, dimenticando quello perpetrato da Hamas il 7 ottobre contro i civili israeliani, ma accusando Israele di un presunto genocidio da evitare in futuro. Insomma, forse è giunto il momento di chiedersi se l’ONU, così come è ridotto allo stato attuale, abbia ancora senso.

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