Giornalista ambizioso depone contro un indiziato di reato. L’uomo è sicuro di quello che ha visto, ma la realtà a volte inganna. Dopo qualche tempo il parolaio si trova nella stessa situazione e il dubbio di essere un assassino lo cattura in prima persona. La superficialità con cui il malcapitato aveva agito torna al mittente ma la fidanzata potrebbe essere d’aiuto a entrambi. Lo sconosciuto del terzo piano è un film di Boris Ingster del 1940. Considerato una delle prime storie nere sul grande schermo, è un lavoro di estremo spessore.
Girato con un budget ridotto il film riesce a mantenere la psicologia dei personaggi al servizio di un ritmo serrato e affascinante. Un noir che non lesina aspetti del giallo intimista. Il protagonista è un individuo senza scrupoli immerso in ambienti della medesima matrice. L’egoismo dei reporter e delle persone è trattato in maniera secca e senza mediazione. La teatralità di pochissime ambientazioni contribuisce alla buona riuscita del film che si fa ammirare in più parti grazie a una fotografia espressionista che esalta gli stati d’animo dei personaggi.
Il punto di forza de Lo sconosciuto è la curatissima sequenza onirica, dove il giornalista ipotizza una sua condanna rendendosi conto di quanto la giustizia sommaria possa raggiungere chiunque. Un sogno a occhi aperti che cambierà il giudizio dell’uomo fino a farlo dubitare di se stesso . La recitazione di Peter Lorre è straordinariamente efficace. Caratterista di lusso l’attore riesce a creare dal nulla un personaggio ai margini della sanità mentale che si rivela il vero protagonista della vicenda. Lo sconosciuto è un esempio di cinema anni quaranta, dove la classicità si univa alla sperimentazione.
Boris Ingster accompagna la vicenda con una regia europea facendo un uso claustrofobico della macchina da presa. Ogni sequenza de Lo sconosciuto ha vita propria riuscendo a intrattenere facondo riflettere lo spettatore. In scena va una vicenda correlata di nostalgia creativa per un esempio di cinema sempre necessario.