La Democratic National Convention (DNC) iniziata lunedì 19 agosto a Chicago non è partita nel migliore dei modi in un momento in cui tutti gli occhi sono puntati sui Dem a causa dell’intrinseca deriva antisemita ed antisraeliana, nonché di sostegno all’estremismo islamista, il tutto spalleggiato dalla “far-left”. Proprio lunedì sera, il prof. Alan Dershowitz, elettore democratico ma anche forte sostenitore del diritto di Israele a difendersi, ha duramente attaccato l’apertura della convention durante il suo programma “the Dershow” su YouTube.
Dershowitz si è detto preoccupato per le dimostrazioni marxiste e islamiste fuori della convention, ma ancor di più per quanto in corso all’interno dell’evento, indicando la presenza come “prime speaker” in apertura di Alexandra Ocasio Cortez (AOC), definita dal professore come “razzista, antisemita, antisraeliana ed antiamericana”. Dershowitz si è giustamente chiesto per quale motivo non fosse stato messo nessuno a controbilanciare la Ocasio Cortez, a presentare un differente punto di vista.
E’ bene ricordare che quest’ultima ha più volte accusato Israele di genocidio e invocato sanzioni e boicottaggi nei confronti dello stato ebraico.Una vera e propria ossessione quella della AOC che nel 2021 aveva anche presentato in Congresso un emendamento per il blocco della vendita di armi a Israele, incluse le munizioni guidate di precisione (quelle che permettono all’IDF di evitare vittime civili).
Dershowitz evidenzia come un blocco della vendita di armi a Israele implicherebbe la distruzione di Israele; dunque l’obiettivo di chi invoca tali misure è più che evidente. Il professore ha anche reso noto che durante la Convention ci sarà un “panel” sui diritti dei palestinesi. Che senso ha, se non quello di attirare i voti degli islamisti (in particolare in Michigan e Minnesota) e dell’estrema sinistra che è oramai la base giovanile dell’elettorato Dem? La situazione è seria e sono in molti a credere che il Partito democratico abbraccerà presto posizioni apertamente antisraeliane, a prescindere da quanto venga affermato in campagna elettorale.
E’ bene ricordare che Kamala Harris non ha presenziato al discorso del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, al Congresso e lo scorso luglio aveva espresso simpatia per i manifestanti anti-Israele.Lunedì il Presidente, Joe Biden, ha difeso i manifestanti attivi all’esterno della DNC, affermando che “hanno ragione perché ci sono morti da entrambe le parti”. Peccato che le manifestazioni in questione sono in gran parte a favore di Hamas, contro l’esistenza di Israele ed antiamericane, al grido “From the river to the sea”. Al riguardo, è fondamentale citare un report pubblicato pochi giorni fa dal think tank Capital Research Center che ha preso in esame tutti i gruppi coinvolti nelle manifestazioni volte a far pressione sulla DNC, ben 229, ed ha rilevato una serie di elementi preoccupanti:
Dei 229 gruppi esaminati, 162 (il 71%) si qualificano come gruppi estremisti in base ai criteri del think tank.Almeno 147 di questi gruppi hanno espresso sostegno o hanno legami con gruppi terroristi tra cui Hamas.Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP), mostra legami con la coalizione che sta apertamente pianificando di replicare le violente rivolte della convention democratica del 1968.
La maggior parte dei gruppi estremisti identificati è legata o ha espresso solidarietà con almeno uno dei nove governi stranieri ostili agli Stati Uniti, tra cui Iran, Cina, Venezuela, Russia, Corea del Nord, Siria, Cuba, Pakistan e Nicaragua.Le dichiarazioni ufficiali e i contenuti del sito web della Coalizione per marciare sul DNC supportano esplicitamente Hamas e le atrocità commesse il 7 ottobre 2023. Alcuni dei 229 gruppi hanno partecipato e/o sostenuto atti di violenza, distruzione di proprietà e sabotaggio economico sul suolo statunitense.
Sulla vicenda è intervenuto anche l’ex Segretario di Stato alla presidenza Trump, Mike Pompeo, che ha ricordato come le leadership di questi gruppi di manifestanti siano palesemente islamiste e di estrema sinistra, dunque antiamericane e antisraeliane. Questo è chiaramente un problema visto che si tratta di formazioni che allo stato attuale hanno un’influenza determinante sulla politica estera della presidenza Biden. Non è certo un caso che la Casa Bianca abbia cercato in tutti i modi di trattenere Israele dal mettere in sicurezza il proprio territorio e dallo sradicare Hamas, cercando di forzare ripetutamente dei “cessate il fuoco” che equivarrebbero a una capitolazione di Israele e alla sopravvivenza di Hamas a Gaza. L’amministrazione Biden ha anche fatto di tutto per evitare che Israele reagisse alla pioggia di missili lanciata ad aprile dal regime iraniano. Del resto, l’amministrazione Biden non ha fatto altro che portare avanti la politica di “appeasement” nei confronti di Teheran iniziata da Obama. Con una vittoria della Harris, la situazione degenererebbe ulteriormente con posizioni ulteriormente ostili nei confronti di Israele e a favore del regime iraniano.
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