Le difficoltà del governo Meloni? A maggio se ne parlava già

Maggio, Roma. Erano i giorni degli Internazionali d’Italia di tennis dove, tra una pallina e l’altra non mancano chiacchiere e confidenze di ogni tipo. Le più interessanti (per chi scrive) sono quelle politiche ed oggi, 100 giorni dopo, certe cose fanno davvero pensare.
«Il Governo non arriva a Natale…» disse un noto giornalista da anni tra i principali frequentatori di Camera, Senato, Chigi e segreterie varie. «…per due problemi: la guerra interna che Forza Italia scatenerà contro la Lega e l’immancabile inchiesta giudiziaria». Lo ammetto; quella sera davanti ad un antipasto di pesce ed una bollicina di quelle importanti sorrisi catalogando quell’uscita come una «guasconata» giusto per attirare l’attenzione su di se. Poi arrivò l’estate, il grande caldo nel meteo ed il grande freddo tra la «Nuova» Forza Italia (dei figli di Berlusconi) e Salvini. Le aperture sui diritti, ultimo lo Ius Scholae, non sono casuali ma fanno parte di una strategia che punta da parte degli azzurri a catalogarsi sempre di più per il vero partito di Centro che vuole allontanare la maggioranza da qualsiasi tipo di estremismo. Il tutto con buona pace degli alleati stupiti, sorpresi (si dice) da queste proposte che fanno notare nella maggioranza, «non fanno parte del programma di governo e della coalizione». In mezzo a tutto questo c’è la premier; Giorgia Meloni sa benissimo (e lo si è visto in questi due anni di governo ormai) che un Presidente del Consiglio ha le mani molto meno libere rispetto a chi guida un partito, soprattutto se di opposizione.

Più che come attaccante tocca giocare in difesa, tamponando, cercando il dialogo senza mai perdere le staffe (anche se, ne siamo certi, ne avrebbe una grandissima voglia); in questo senso va proprio il prossimo vertice previsto per fine mese con Salvini e Tafani da cui usciranno foto di sorrisi e dichiarazioni d’amore reciproco ma che difficilmente basterà per sotterrare l’ascia di guerra (tra i suoi alleati). C’è poi la questione giudiziaria. Le voci sulla sorella della premier, Arianna, e della possibile apertura di un’inchiesta non solo più degli spifferi ma ormai una mezza bufera e mi ha fatto tornare alla mente quel quasi profetico «…immancabile inchiesta giudiziaria» dello scorso maggio che forse ho sottovalutato. Anche da questo punto di vista nulla di nuovo. Nulla di nuovo nel vedere i giudici provare ad infilare il naso nella cosa politica. Da due anni si racconta di una parte della magistratura alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, per colpire Meloni; non avendo trovato nulla di diretto contro la premier si passa alla cerchia più ristretta, in questo caso restando in famiglia. Come non è nuovo che qualcuno punti il dito verso Matteo Renzi, che alla fine non c’entra mai ma che in principio tutti guardano come il grande «manovratore». In quella sera di maggio però nessuno nominò l’ex sindaco di Firenze e fondatore di Italia Viva; i «nemici» erano interni e non esterni alla maggioranza. L’unica cosa che sembra tenere in vita l’esecutivo è la mancanza di un’alternativa; nessuno ha i numeri e forse anche la voglia di prendere il posto della Meloni e del centrodestra. Come sempre la cosa migliore da fare per l’opposizione è lasciar macerare la maggioranza, lasciare che si faccia del male da sola.

@riproduzione riservata