L’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano non ci sarà, almeno non per il momento. Ciò che sembrava imminente non lo è più, come ha reso noto David Meidan, ex ufficiale del Mossad ed esperto in negoziazione secondo cui “salvare vite è la priorità e l’invasione può attendere”. Sempre secondo quanto reso noto da Meidan, Hamas ascolta tre Paesi: Turchia, Egitto e Qatar e dunque gli Stati Uniti devono fare pressione su questi Paesi per rendere Hamas più flessibile, come riportato dal Jerusalem Post. La notizia è confermata anche dal Times of Israel che parla di pressioni da parte dell’amministrazione Biden e dall’Unione Europea nei confronti di Israele affinchè ritardi l’invasione per poter negoziare sul rilascio degli ostaggi.
Sempre sul Jerusalem Post, un approfondimento di Yonah Jeremy Bob illustra come il rinvio non abbia più senso dal punto di vista tattico-strategico; i mezzi e gli uomini sono infatti oramai pronti ed equipaggiati, inclusi i 350 mila riservisti richiamati. I piani di attacco dovrebbero oramai essere più che chiari. La presenza dei tunnel di Hamas era già nota da tempo e l’IDF ne è pienamente a conoscenza. L’evacuazione dei civili palestinesi dal nord di Gaza ormai è già avvenuta; chi ha deciso di restare lo ha fatto per sua iniziativa o perché impossibilitato dal lasciare la zona, ma nelle guerre si sa, ci possono essere vittime collaterali. L’IDF fa tutto il possibile per evitarle, ma il rischio non può essere azzerato, specialmente nel momento in cui Hamas usa i civili come scudi umani. Per quanto riguarda la campagna aerea, negli ultimi giorni è praticamente impossibile riscontrare grossi progressi nei bombardamenti se non la distruzione di qualche ulteriore bersaglio. I razzi da Gaza continuano però a partire verso il territorio israeliano.I bombardamenti servono per indebolire Hamas, ma non sono garanzia di assenza di perdite sul campo una volta entrati a Gaza e di certo non si può distruggere Hamas solo con i raid aerei.Un’operazione di terra causerà molte vittime anche tra i soldati dell’IDF, ma anche di questo i vertici militari e politici sono ben consapevoli. La guerra è guerra.Nelle operazioni militari il tempismo è fondamentale ed aspettare e addestrarsi troppo a lungo senza agire crea nervosismo e disagio e ha un impatto negativo sul morale dei militari.
A questo punto la questione non può che essere un’altra, quella della negoziazione per gli ostaggi ed è bene non fraintendere, la loro messa in salvo è di primaria importanza. Bisogna però tenere a mente che Hamas non ha portato a Gaza più di 200 persone se non per utilizzarli come assicurazione, consapevoli del fatto che i crimini commessi dai terroristi nel sud di Israele avrebbero portato a un’azione senza precedenti volta alla cancellazione di Hamas. Cosa potrebbe mai chiedere dunque Hamas in cambio? Non è difficile immaginarlo.
Israele però non può permettersi alcuna negoziazione con chi ha decapitato bambini, bruciato vive intere famiglie, stuprato donne e ragazzini, massacrato intere comunità dando vita al peggior eccidio di ebrei dopo l’Olocausto.Sarebbe la sconfitta di Israele, non soltanto per il fatto di perdere la faccia dopo tutti i proclami fatti sul distruggere Hamas, ma anche perché ciò verrebbe percepito dal mondo islamico come un segnale di estrema debolezza da parte di Israele e ne metterebbe a rischio l’esistenza stessa. E’ chiaro che Stati Uniti e Unione Europea hanno altri interessi e preferiscono negoziare, del resto lo hanno sempre fatto, ma sbagliano, soprattutto questa volta.
Bisognerebbe invece intervenire direttamente e duramente su Hamas, sulla sua leadership, attualmente protetta in Qatar.Lo stesso Qatar con il quale gli Stati Uniti e l’UE stanno negoziando il rilascio degli ostaggi pur ben sapendo che è proprio il Qatar, assieme all’Iran a sostenere i fautori di quell’eccidio. E’ stato lo stesso Qatar del resto a rendere noto che non vi era intenzione di espellere la leadership di Hamas in quanto “utilizzata per calmare le acque”.Israele non può trattare, non se lo può permettere e specialmente dopo il fiasco del 7 ottobre che ha portato al massacro ed anche all’attuale difficilissima situazione. L’unica possibilità che ha ora lo Stato ebraico è quella di eliminare Hamas dalla faccia della terra e colpire anche la leadership all’estero. I vertici israeliani devono far vedere che il Paese colpisce e colpisce duro e fino in fondo.
La negoziazione con Hamas non può essere un’opzione e tanto meno l’eventualità di sopravvivenza dell’organizzazione terrorista. Attendere ancora non porterà nulla di buono, né strategicamente, nè politicamente visto che a breve la comunità internazionale non si ricorderà più dei crimini commessi da Hamas, delegittimando ulteriormente una risposta israeliana e neanche per quanto riguarda il sentimento della popolazione che attende invece risultati concreti. Non si tratta di vendetta, ma di far vedere al mondo intero che Israele protegge e difende il proprio popolo. Pazienza se l’amministrazione Biden non è d’accordo con l’intervento di terra e preferisce pensare al lato “umanitario” su Gaza.
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