Lacrime di vodka: il pianto di una Russia sfiancata dalla guerra

L’alcolismo riaffiora con violenza in una Russia lacerata dalla guerra e dalla crisi economica, trasformandosi in un flagello silenzioso che alimenta sofferenza e distruzione, mentre il Paese lotta per non sprofondare nell’abisso della dipendenza

Nel cuore di una Russia devastata dalla guerra e dalla crisi economica, l’alcolismo riemerge con forza inquietante, gettando ombre profonde su un popolo in lotta per la sopravvivenza. Questa piaga, che solo pochi anni fa sembrava sotto controllo, sta riportando il paese indietro di decenni. Il demografo russo Aleksej Rakša, sul canale ucraino Freedom, descrive con crudezza la situazione, affermando: “I russi offrono ai loro cittadini solo due opzioni: morire di alcolismo o perire al fronte”. Nel primo semestre dell’anno, sono stati venduti 580 milioni di litri di alcolici, un incremento di 27 milioni di litri rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo quanto riportato dal Servizio Federale per la Regolamentazione del Mercato Alcolico, Rosalkogol’regulirovanie.

I dati ufficiali dell’agenzia federale di statistica russa, Rosstat, mostrano che il tasso di alcolismo in Russia è aumentato di circa il 18% dall’inizio del conflitto, coinvolgendo oltre 11 milioni di adulti, pari all’8% della popolazione, con problemi legati all’abuso di alcol. Ma questi numeri, già di per sé impressionanti, non riescono a catturare pienamente l’entità del dramma, specialmente nelle regioni remote e tra i soldati al fronte, dove l’accesso ai dati è limitato e il consumo è probabilmente ancora più diffuso. L’abuso di alcol si sta manifestando in tutta la sua tragicità: ogni anno, decine di migliaia di russi perdono la vita a causa.

Le aspettative di una riduzione del consumo, un tempo considerate raggiungibili grazie ai progressi ottenuti negli anni passati, sono state prima compromesse dalla pandemia di COVID-19 e successivamente infrante, in modo ancora più drammatico, dalla guerra in Ucraina. Fino al 2020, la Russia sembrava percorrere una strada promettente: tra il 2007 e il 2017, il consumo di alcol pro capite era calato significativamente, scendendo da 11 a 7 litri di alcol puro per adulto all’anno. Questo risultato era frutto di efficaci campagne di sensibilizzazione e misure restrittive, che avevano portato a una sensibile riduzione dei nuovi casi di alcolismo.

Nel 2022, però, il trend positivo si è drammaticamente interrotto: i casi di dipendenza diagnosticati hanno raggiunto livelli mai visti dai tempi dell’Unione Sovietica, con 54.200 nuove diagnosi e un consumo totale di 2,3 miliardi di litri di alcol. Le regioni più duramente colpite dalla mobilitazione militare, come Burjatija e il Distretto Autonomo di Čukotskij, nella parte orientale della Russia, hanno registrato un aumento del 25-30% nel consumo di alcol rispetto al 2019, un segnale inquietante del legame profondo tra la guerra e la dipendenza.

L’impatto psicologico del conflitto è devastante. Soldati traumatizzati, testimoni di orrori indescrivibili, si rifugiano nell’alcol per sfuggire alla realtà. Veterani che rientrano a casa portano con sé cicatrici invisibili, cercando conforto in una bottiglia per lenire il peso di una guerra che ha spezzato vite e famiglie. Tra le tante testimonianze, un medico di Rostov, intervistato da Radio Svoboda, ha raccontato: “Quando si è testimoni degli orrori della guerra, come arti mutilati, ferite e morte, molti cercano conforto nell’alcol. È l’unico modo per non impazzire”.

Il fronte si trasforma così nel teatro di un’altra battaglia: quella contro la dipendenza. Testimonianze anonime e resoconti di specialisti confermano che il consumo di alcol tra i militari è spesso accompagnato dall’uso di droghe sintetiche, come il mefedrone. I comandanti tendono a chiudere un occhio, permettendo che tali sostanze si diffondano tra le retrovie e il campo di battaglia, ma numerosi militari vengono successivamente processati per il possesso di sostanze illegali nelle regioni di Mosca, Rostov e Krasnodar.

Tra i civili, l’alcolismo interessa tutte le fasce della popolazione, ma circa il 70% dei casi di dipendenza riguarda uomini, molti dei quali ex militari tra i 30 e i 50 anni. Tuttavia, si sta assistendo a un preoccupante aumento del consumo tra le donne (circa il 30%), in particolare nelle aree rurali, dove la povertà e l’isolamento rendono l’alcol una via di fuga dalle difficoltà quotidiane.

Anche i giovani, che fino a poco tempo fa sembravano meno colpiti dal fenomeno, sono stati travolti dalla crisi. Costretti alla leva militare o testimoni della perdita di amici e familiari, molti trovano nell’alcol una fuga dall’incertezza. La mancanza di opportunità lavorative e la crescente instabilità economica alimentano questa tendenza, spingendo una generazione intera verso una spirale di dipendenza e alienazione. A peggiorare la situazione, ci sono i costi indiretti legati all’abuso di alcol, che includono l’aumento di incidenti stradali, violenze domestiche e crimini violenti legati al consumo eccessivo.

Tuttavia, le conseguenze dell’alcolismo vanno ben oltre le sofferenze individuali e familiari, colpendo duramente il tessuto sociale ed economico del Paese. In Russia, il sistema ospedaliero, già messo a dura prova dalla pandemia, è ora vicino al collasso per le crescenti urgenze legate all’abuso di alcol. Nelle regioni di Mosca e San Pietroburgo, i decessi per intossicazioni e malattie collegate sono in forte aumento, tanto che, dall’8 al 15 settembre 2024, il Ministero della Salute ha indetto la “Settimana della riduzione del consumo di alcol”, in occasione della “Giornata della Sobrietà”, celebrata l’11 settembre.

Al di là dei proclami, il futuro della Russia appare minacciato da una crisi demografica che sembra destinata a peggiorare inesorabilmente. Prima della guerra, la popolazione era di 146 milioni, ma le previsioni indicano un possibile calo fino a 137 milioni entro il 2050, o addirittura a 125 milioni. Le morti premature legate all’alcol, le perdite umane dovute al conflitto e la fuga di giovani all’estero per evitare la leva stanno erodendo il futuro del Paese.

L’incapacità di affrontare le radici profonde di queste sofferenze, dalla disillusione alla mancanza di prospettive, rischia di condannare l’intera nazione a un declino inesorabile. Il futuro della Russia non dipenderà dalla forza delle armi, ma dalla capacità di curare queste ferite, di investire nel benessere dei propri cittadini. Eppure, il governo sembra aver scelto una strada diversa, ignorando le grida silenziose di una nazione già profondamente ferita. Mentre il Paese si perde sempre più in una spirale di dipendenza e disperazione, il futuro della Russia sembra allontanarsi come un miraggio. Non è solo la forza lavoro che rischia di scomparire, ma il sogno stesso di un domani migliore. Una generazione, intrappolata tra il peso del passato e l’incertezza del presente, sta svanendo tra le crepe della storia, trascinata nell’oblio di una solitudine collettiva, senza più speranza di redenzione.