La terza guerra del Libano entra nel vivo

Dall’ alba di oggi gli aerei israeliani colpiscono le postazioni di Hezbollah nel Libano. Hezbollah si comporta in Libano come Hamas a Gaza. Prende una normale casa in un centro abitato a la trasforma in un magazzino di armi, in un posto di comando e controllo, in un luogo di riposo per le truppe, oppure sfonda le pareti divisorie interne, costruisce un’apertura sul tetto e vi porta un missile con il suo lanciatore, trasformando così quello che appare come un luogo di civile abitazione in una piattaforma di lancio.

Strade intasate

Questa mattina gli israeliani hanno invaso il sud del Libano con migliaia di volantini e messaggi telefonici. Alla popolazione non è arrivato l’invito a sgombrare bensì a tenersi lontano dai luoghi in cui sono installate le strutture di Hezbollah. Sta di fatto che ben presto le strade libanesi che portano a nord si sono riempite di auto: intasamenti nelle strade di Tzur, Deir al Zahrani, al Aqiba.

Centinaia di migliaia di israeliani verso i rifugi antiaerei

Insomma su tutte le strade in direzione di Sidone si è riversato un fiume di auto e autocarri. Volantini e messaggi sono arrivati nel primo pomeriggio nell’altra zona con maggioranza di popolazione scita del Libano, la Valle della Bekaa, situata nell’est del Paese: “L’IDF non vuole farti del male, se ti trovi dentro o vicino a una casa che contiene armi per Hezbollah devi lasciarla e allontanarti da essa entro due ore, a una distanza non inferiore di un chilometro dal villaggio. Oppure vai nella scuola più vicino a te e non tornare fino a nuovo avviso”.Passato il momento degli avvertimenti, i jet con la Stella di Davide hanno iniziato a colpire.

Gli obiettivi colpiti sono centinaia, il bilancio delle strutture distrutte, dei morti e dei feriti non può che essere alto e ne avremo contezza nelle ore a venire. A metà pomeriggio un attacco aereo mirato ha colpito Beirut, l’obiettivo era Ali Karaki, l’unico dei due comandanti di alto livello di Hezbollah rimasti ancora in vita. Si attendono eventuali conferme. Mentre scriviamo centinaia di migliaia di israeliani stanno correndo verso i rifugi antiaerei. Su Israele stanno arrivando salve di missili sparati sia dal sud del Libano che da oltre le alture del Golan.

Pioggia di missili su Israele

Un chiarimento a questo proposito. L’abitudine giornalistica di scrivere “pioggia di missili su Israele” esprime un concetto tanto vago quanto inutile dal punto di vista informativo. Un attacco missilistico su Israele può offrire buoni risultati solo se è un “attacco di saturazione”. In pratica: tu hai un sistema antiaereo settato per abbattere 500 missili contemporaneamente. Se io riesco a tirarne 600 so già che 500 verranno distrutti ma 100 colpiranno gli obiettivi.

Ma i 600 missili devo riuscire a tirarli contemporaneamente. Questo è ciò che Hezbollah non riesce a fare; dai suoi lanciatori partono, a distanza di tempo l’una dall’altra, salve da 10, massimo 25 missili. Anche se alla fine della giornata il totale dei missili lanciati può apparire alto, con questo andamento di attacco a salve differite il sistema di difesa israeliano ha buon gioco. Non ingannino i “missili caduti in aree aperte”.

Se Israele legge la traiettoria e vede che il missile di Hezbollah cadrà in un prato rinuncia a intercettarlo: i missili intercettori costano un sacco di soldi. Riassumiamo: dire che 150 missili sono stati lanciati su Israele, come è accaduto ieri, di per se non significa descrivere un’azione particolarmente forte o distruttiva. Per capirci: Israele ha previsto situazioni in cui Hezbollah avrebbe lanciato migliaia di missili al giorno per diversi giorni consecutivi.

Fino a ora siamo molto lontani da questo scenario e, visti i colpi ricevuti, c’è il sospetto che Hezbollah non sia in grado di attuare questo tipo di operazioni. Ricordiamo ancora: Hezbollah potrà anche avere 150.000 missili, ma non ha 150.000 lanciatori, e sono proprio i lanciatori l’obiettivo degli F-35 israeliani. Un’opinione: Hezbollah è un investimento iraniano per avere una forza deterrente ai confini con Israele nel caso quest’ultimo decidesse di attaccare Teheran.

Se l’Iran si tira indietro ora Hezbollah come forza deterrente rimarrà in piedi, se invece l’Iran accetta la guerra aperta in Libano rischia di perdere la profondità difensiva ai confini con lo Stato ebraico – Hezbollah, appunto – che negli anni ha costruito con una montagna di soldi e di impegno. Delle due l’una: Khamenei deve decidere.

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