La storia di Clara Marta: il coraggio di spezzare il silenzio

Quando l’integrazione sociale si trasforma in stalking: Clara Marta e la sua battaglia per la giustizia

Clara Marta, consigliera comunale e capogruppo di Forza Italia a Chivasso (Torino), ha trovato il coraggio di rompere il silenzio sullo stalking che la perseguita da oltre un anno.

Desideriamo condividere con voi la storia di Clara Marta, consigliera comunale e capogruppo di Forza Italia a Chivasso (Torino), che ha trovato il coraggio di rompere il silenzio su un incubo che la perseguita da oltre un anno. Con il cuore carico di dolore e la voce rotta dall’emozione, Clara ha scelto di rendere pubblica la sua dolorosa esperienza, che l’ha profondamente segnata. Ha raccontato la sua battaglia contro la paura, la sua determinazione a resistere e il desiderio di farsi ascoltare, nonostante tutto. Questa è la storia di una donna che, con immenso coraggio, ha deciso di non nascondersi più, affrontando apertamente il suo dolore, nella speranza che la sua testimonianza possa ispirare e dare forza a chi vive situazioni simili.

La vicenda di Clara ha avuto inizio nel 2017, quando, nel suo ruolo di assessore al commercio del Comune di San Raffaele Cimena (Torino), ha partecipato con entusiasmo a un progetto di integrazione per una comunità di 30 migranti. Questo progetto mirava a costruire ponti tra culture diverse, offrendo una nuova vita a persone in fuga da situazioni disperate. Clara si è dedicata con passione all’insegnamento della lingua italiana, convinta che l’educazione fosse la chiave per un futuro migliore.

La consigliera ha sottolineato come, all’epoca, la comunità locale si fosse impegnata per favorire l’integrazione dei migranti, offrendo loro non solo un rifugio, ma anche opportunità di lavoro e inclusione sociale. “Noi abitanti della zona offrivamo ai migranti opportunità di lavoro attraverso i voucher. In questo modo, conobbero il territorio, i vari indirizzi e anche i nostri numeri di telefono. Tra loro, Sudais si distinse per la sua abilità nell’apprendimento. Questo progetto rappresentava per loro un’opportunità per vivere con dignità in un paese civile”, ha ricordato Clara Marta, evocando un tempo in cui la speranza di un’integrazione armoniosa sembrava realizzabile.

Sudais iniziò una relazione con una ragazza della zona e verso la fine del 2018, al termine del progetto, si trasferì a Milano con lei. Non tutte le storie ebbero un lieto fine, o almeno così era sembrato per Sudais. “Un altro migrante, che grazie al supporto del proprietario di una catena di supermercati locali era riuscito a trovare lavoro e ad ottenere un appartamento in affitto, abbandonò improvvisamente l’impiego dopo soli sei mesi. Il pianerottolo della sua abitazione si trasformò presto in un rifugio per altri migranti, segnando l’inizio di un degrado che rifletteva il fallimento del progetto di integrazione”, ha spiegato Clara Marta.

La svolta tragica nella vita di Clara si consumò un anno fa, quando Sudais fece ritorno da Milano. “Da allora, la mia esistenza è diventata un incubo senza via d’uscita”, ha confessato, con la voce spezzata dall’angoscia. Le dichiarazioni d’amore non richieste, i continui appostamenti fuori dalla sua abitazione, l’hanno privata della sua libertà. “A gennaio scorso, Sudais è entrato in casa mia quando c’erano solo i miei figli. È stato un momento molto difficile”, ha aggiunto, rivelando l’intensità del terrore che ha vissuto e che ancora oggi la perseguita.

Queste esperienze drammatiche hanno segnato profondamente Clara, trasformando quello che inizialmente era un progetto di solidarietà in un incubo quotidiano, costringendola a lottare per la sua sicurezza e quella della sua famiglia.

“Ho cercato aiuto e all’inizio la magistratura non ha riconosciuto la gravità della situazione. Mi sono sentita abbandonata”, ha fatto sapere la consigliera. Clara si è ritrovata sola, in un mare di indifferenza, sentendosi tradita da chi avrebbe dovuto proteggerla. Ma, anche in mezzo alla disperazione, non ha mai smesso di lottare, aggrappandosi a quella determinazione che sembrava essere l’unica cosa a sostenerla. È stato grazie all’intervento provvidenziale del suo avvocato che la verità è venuta finalmente alla luce: nuove prove hanno rivelato la pericolosità di Sudais, che aveva già aggredito un’altra donna. Solo allora le autorità si sono mosse, imponendogli un braccialetto elettronico e procedendo al suo arresto. Per Clara, però, quel sollievo è arrivato troppo tardi, dopo un lungo cammino di paura e solitudine. 

“In questo contesto – ha voluto evidenziare Clara Marta – desidero esprimere il mio più profondo apprezzamento per le forze dell’ordine che, con il loro impegno e professionalità, mi hanno regalato attimi di libertà, proteggendomi in un momento in cui la giustizia sembrava invece non dare il giusto peso a fatti così gravi come lo stalking”.

Tuttavia, la storia non si è fermata lì, e l’incubo di Clara ha continuato a perseguitarla. Nonostante tutte le misure di sicurezza e il blocco del giovane immigrato sui social, lui è riuscito comunque a invadere la sua vita, questa volta attraverso l’account istituzionale che le era stato aperto per il suo nuovo incarico di consigliera della Città Metropolitana. Le sue e-mail, cariche di oltraggi, arrivavano incessantemente, come colpi destinati a frantumare ogni sua resistenza. Poi, tra quei messaggi, uno in particolare ha fatto gelare il sangue nelle vene di Clara: con orrore ha scoperto che lo stalker era tornato a vivere nel suo stesso comune, a San Raffaele Cimena, come se nulla fosse accaduto.

La mattina del 31 agosto, con il cuore colmo di ansia, Clara si è recata dai Carabinieri per segnalare il ritorno dell’uomo, cercando disperatamente un senso di sicurezza. Ma quella sera, mentre cercava di distrarsi partecipando alla festa del paese, l’incubo si è materializzato di nuovo. Verso la fine della serata, mentre si dirigeva verso la sua macchina, lui l’ha colta di sorpresa, apparendo improvvisamente davanti a lei: si era tolto deliberatamente il braccialetto elettronico pur di avvicinarla. Clara, paralizzata dal terrore, ha reagito solo grazie all’istinto, cercando rifugio tra la folla e intimandogli di starle lontano.

Quando, con il cuore in gola, ha nuovamente allertato le forze dell’ordine, la sua incredulità è diventata sconforto: ha scoperto che “il garante non considerava la violazione una questione grave”. In quel momento, con il peso di una solitudine e di un’angoscia insopportabili, Clara ha deciso che non poteva più restare in silenzio. Spinta dalla disperazione e dalla necessità di proteggere sé stessa e altre donne, ha deciso di raccontare la sua storia al mondo intero.

Clara ha lanciato un appello accorato: “Nessuno dovrebbe affrontare una simile oscurità da solo. Insieme possiamo fare la differenza, insieme possiamo spezzare il silenzio”.

I documenti ufficiali e le prove raccolte negli ultimi mesi hanno evidenziato la gravità della situazione. Clara Marta ha formalmente denunciato Sudais per atti persecutori e minacce, chiedendo che venga perseguito a termini di legge. Il suo caso ha messo in luce le difficoltà che ancora oggi molte donne incontrano nel vedersi riconosciute e tutelate in situazioni di stalking e violenza.

Clara ha dato voce alla sua storia per continuare a lottare, non solo per sé stessa, ma per tutte le donne che vivono situazioni simili. Il suo coraggio nel parlare apertamente e nel cercare giustizia rappresenta un esempio potente di resilienza e determinazione. Ora, rimane l’auspicio che la giustizia faccia il suo corso, affinché la sua battaglia possa trovare un esito giusto e che altre donne possano sentirsi protette e ascoltate.

L’articolo è basato sulla testimonianza di Clara Marta e sui documenti ufficiali da lei forniti.