Un tribunale russo ha recentemente imposto a Google una sanzione mai vista prima: 205,6 decilioni di dollari, una cifra che supera perfino il diametro dell’universo se espressa in zeri. Questa sanzione, più simbolica che realistica, mette in luce il crescente conflitto tra il governo russo e il colosso tecnologico americano, oltrepassando le consuete dispute legali e toccando temi di controllo dell’informazione e ideologie.
La multa, secondo quanto riportato dai media russi, è stata inflitta per il blocco di 17 canali YouTube legati a emittenti governative russe e figure di spicco, come la giornalista Margarita Simonjan e il Ministero della Difesa russo. La sospensione dei canali, iniziata nel 2020 con il gruppo nazionalista Car’grad e proseguita nel 2022 a causa delle restrizioni americane, rappresenta per Mosca un’interferenza intollerabile. La Russia ha quindi chiesto a Google di riattivare questi canali, appellandosi all’articolo 13.41 del Codice dei reati amministrativi; in caso di non conformità entro nove mesi, la multa potrebbe continuare a raddoppiare quotidianamente.
Alphabet, la società madre di Google, ha dichiarato che le controversie in Russia non influiranno in modo significativo sulle sue finanze, ma questa sanzione rappresenta solo uno dei numerosi atti punitivi che la Russia ha imposto a Google negli ultimi anni. A partire dal 2021, le autorità russe hanno intensificato la loro campagna contro le big tech occidentali, accusando Google di non aver rimosso contenuti su temi considerati destabilizzanti, come il suicidio, la droga e il sostegno all’oppositore Aleksej Naval’nyj. Nel 2022, ulteriori multe vennero imposte per “screditare” l’operazione militare russa in Ucraina, un’azione interpretata come parte di un più ampio tentativo di esercitare un controllo digitale sulle informazioni che circolano nel paese.
Il Cremlino sembra determinato a limitare l’autonomia delle piattaforme digitali straniere, vedendole come veicoli di potenziale destabilizzazione. Attraverso queste misure, la Russia cerca di salvaguardare quella che definisce “sovranità digitale,” imponendo alle big tech di adattarsi alle leggi locali e limitando l’accesso a contenuti ritenuti pericolosi per la stabilità interna. Nel 2023, per esempio, Google è stata multata anche per non aver conservato i dati degli utenti su server locali, un requisito visto come essenziale per la sicurezza nazionale.
Questa sfida tra Google e la Russia non riguarda solo il contesto russo. In Europa, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha recentemente confermato una multa da 2,4 miliardi di euro per abuso di posizione dominante da parte di Google nel servizio di comparazione prezzi. Nonostante la multa di 1,5 miliardi per la piattaforma pubblicitaria AdSense sia stata annullata per insufficienza di prove, le istituzioni europee continuano a monitorare e regolare il potere delle big tech.
La battaglia in Russia, tuttavia, va oltre il lato economico, diventando simbolo di uno scontro ideologico: da una parte, il governo russo che vuole difendere la propria sovranità informativa e limitare l’influenza straniera; dall’altra, Google, che si fa portavoce della libertà d’espressione e del libero accesso all’informazione. Con il passare del tempo, la battaglia legale tra Mosca e Google è diventata una rappresentazione della sfida globale delle big tech nel cercare un equilibrio tra i loro valori aziendali e le restrizioni imposte dai governi.
La sanzione da decilioni di dollari mostra come per il Cremlino il vero obiettivo sia piegare la volontà di Google, costringendola a rispettare le regole locali. Questa è una guerra che non si combatte con il denaro, ma con il potere di controllare l’informazione globale.