La realpolitik che unisce Meloni e Renzi con il sigillo di MBS

L'Italia rafforza i legami con l'Arabia Saudita, tra grandi opportunità economiche e contraddizioni politiche

La recente decisione di garantire prestiti per 3 miliardi di dollari attraverso Sace per lo sviluppo di Neom, la futuristica megalopoli voluta dal principe Mohammed bin Salman, solleva una serie di interrogativi sulla coerenza della Premier Giorgia Meloni di fronte a tematiche etiche e politiche. Secondo Bloomberg, il gruppo statale italiano ha concordato garanzie fino all’80% per i prestiti concessi da banche internazionali, aprendo la strada a significative opportunità per i gruppi italiani di infrastrutture, costruzioni e trasporti.

Tuttavia, questa iniziativa sembra in netto contrasto con le posizioni espresse in passato dalla stessa Premier. Non è infatti trascorso molto tempo da quando Meloni criticava ferocemente Matteo Renzi per le sue consulenze in Arabia Saudita, condannandone i legami con un regime accusato di violazioni dei diritti umani e implicato nel brutale omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.

Un cambio di prospettiva dettato dagli interessi economici?

La volontà di Meloni di rafforzare i legami tra Roma e Riad pare essere guidata dalla possibilità di aprire nuovi mercati per le aziende italiane, in particolare in un progetto di dimensioni titaniche come Neom, destinato a superare per estensione lo stesso Belgio. Il fatto che Sace, controllata dal Ministero dell’Economia, abbia aperto un ufficio a Riad all’inizio del 2023, rafforza l’idea di una strategia ben calcolata per inserirsi nei piani del principe saudita.

In questo contesto si inserisce anche la recente partecipazione di Giorgia Meloni alla Abu Dhabi Sustainability Week 2025 negli Emirati Arabi Uniti, un evento che testimonia il crescente interesse italiano verso la regione del Golfo. Dopo questa tappa, la Premier si recherà a Riad per una visita ufficiale prevista per il 26 e 27 gennaio, confermando così la sua attenzione verso i rapporti con l’Arabia Saudita e i progetti strategici nella regione.

Eppure, l’incoerenza è palese. Meloni, che si è sempre presentata come paladina di valori etici e morali, ora stringe rapporti con un regime che in passato ha duramente criticato per il suo fondamentalismo islamico e le sue violazioni dei diritti umani. Questo cambio di rotta, giustificato dalla necessità di promuovere l’internazionalizzazione delle imprese italiane, non può non far sorgere dubbi sull’effettiva sincerità delle sue posizioni.

Una critica che si ritorce contro

Le accuse rivolte a Matteo Renzi trovano ora una nuova luce. L’ex premier è stato attaccato per i suoi rapporti con Mohammed bin Salman, anche dopo il caso Khashoggi. La stessa Meloni, all’epoca all’opposizione, cavalcava queste critiche per distinguersi e sottolineare la propria distanza da quelle che considerava pratiche compromissorie. Nel frattempo, il suo governo ha promulgato una legge che di fatto vieta a Renzi di offrire consulenze estere, una mossa che molti hanno interpretato come un attacco diretto alla sua figura politica. Tuttavia, ciò che un tempo era motivo di condanna ora sembra essere diventato accettabile, se non addirittura auspicabile, quando si tratta di garantire miliardi di dollari di affari alle aziende italiane.

Quando i miliardi recitano il ruolo da protagonista

L’apertura verso l’Arabia Saudita e il sostegno al progetto Neom rappresentano un’opportunità economica per l’Italia, ma sollevano al contempo interrogativi fondamentali sulla coerenza etica e politica di Giorgia Meloni. La sua volontà di rafforzare i legami con un regime controverso evidenzia un atteggiamento pragmatico che mal si concilia con le posizioni da lei stessa sostenute in passato.

La politica, come spesso accade, si rivela il palcoscenico perfetto dove gli ideali fanno il loro inchino finale, lasciando la scena ai miliardi pronti a recitare il ruolo da protagonisti.