La lite Conte-Grillo è solo il defibrillatore che prova a rianimare il M5S

La cosa era ufficiale da tempo: il Movimento 5 Stelle non ha nulla di diverso da qualsiasi altro partito d’Italia. E come tutti gli altri vive di protagonismi, personalismi, gelosie e potere; il Pd è campione del mondo di correnti e faide interne; la Lega vive profonde divisioni tra i Salviniani ed il cosiddetto gruppo dei Governatori (Zaia, Fedriga etc etc etc); Forza Italia sembra al centro di una fase di svolta dopo le dichiarazioni degli eredi di Silvio Berlusconi. Capite bene quindi che quanto sta accadendo nel mondo dei pentastellati è tutto tranne che una novità. E così vanno lette ed interpretate le ultime dichiarazioni al veleno tra uno dei suoi «Padri Fondatori», Beppe Grillo, e Giuseppe Conte. Una coppia che ormai non è più tale da tempo ma che oggi è forse esplosa (o implosa) del tutto.
Al centro della discussione il famoso limite del terzo mandato (cioè una questione di poltrone e potere, cosa che ci si trascina da anni) e la questione del simbolo (che rappresenta la «proprietà» del partito stesso). Nulla di nuovo sotto il sole.

Che fa ulteriormente sorridere è il messaggio «Urbi et Orbi» che l’ex Presidente del Consiglio Bis ha mandato al popolo grillino. Si torna a parlare di «Costituente», di «lavoro complesso da fare assieme» (una chiara chiamata alle armi per tutti gli iscritti nel tentativo nemmeno troppo nascosto, di accaparrarsi il favore della base, sottraendola al comico ligure) persino si annuncia una sorta di tavolo dove «300 iscritti scelti a caso…» come se la sorte telematica fosse sinonimo e garanzia di competenza, libertà e giustizia (oltre che di Democrazia).
Quello che però non si ammette è la cosa più limpida ed evidente del mondo: quando un partito annuncia una rifondazione interna è l’ammissione perfetta del fatto che lo stesso in realtà è sull’orlo del precipizio.

Il Movimento 5 Stelle che voleva rivoluzionare la politica italiana aprendo i palazzi come una scatoletta di tonno, il partito che ha per annuncio dell’allora Enfant Prodige, Luigi Di Maio, «abolito la povertà» ora si ritrova ad avere come unico programma la scelta di allearsi o meno (e soprattutto con quale peso) con il Partito Democratico. Se non è un fallimento questo…Così Grillo, escluso, cerca di fare l’unica cosa possibile: richiamarsi al passato riadattando vecchi slogan al mondo moderno e attaccando l’attuale guida, che, dal canto suo, si apre alle novità (ovviamente sotto il proprio ed assoluto controllo) per cercare di distrarre l’attenzione dei sostenitori e degli elettori dalla più crudele delle verità: l’energia che si respirava nel 2018 nelle piazze del «Vaffa» non c’è più , anzi, non ci sarà più. Il M5S è passato dal voler cambiare la politica a vivacchiarci dentro. Non sappiamo chi vincerà questa sfida tutta interna tra Conte e Grillo. Sappiamo con certezza che, comunque vada a finire, il glorioso passato non tornerà.

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