La guerra di Sukkot e il razzismo che non c’è

Sukkot è la festa in cui gli ebrei ringraziano Dio per il raccolto dei frutti (gli agricoltori finiscono di raccogliere i fichi, l’uva, melograno, datteri) e chiedono a Dio il dono della pioggia. Invece della pioggia il gruppo terroristico di Hamas (Harakat al-Muqawama al-Islamiyya) ha fatto piovere dal cielo migliaia e migliaia di missili che hanno colpito città e villaggi nei dintorni della striscia di Gaza.

Dopo gli attacchi di Hamas, anche il futuro del popolo palestinese che si ritrova a convivere con un problema chiamato Hamas è in pericolo. Dalla fuga in Egitto (impossibile al momento per la chiusura della frontiera) a una rivolta nei Paesi arabi a sostegno della causa palestinese: sono molti i possibili scenari di un conflitto che sembra non finire mai. Neanche una semplice risposta come i corridoi umanitari sono così scontati. L’Egitto in primis teme un esodo di massa di migliaia di disperati.

Cosa ci aspetta allora e perché qualcuno mette in risalto lo spinoso tema razzismo e discriminazione?

La propaganda (contorta) di Hamas ha probabilmente giocato un ruolo determinante, soprattutto nelle fasi preventive all’attacco su territorio israeliano. Ma darebbe forse dei frutti positivi una retorica razzista nei confronti dei palestinesi dell’establishment israeliano o dei vertici dell’organizzazione Hamas verso il popolo israeliano? Io credo proprio di no. L’odio non è un qualcosa di facilmente camuffabile e non si può nascondere con un qualsiasi pensiero ideologico peraltro barbaro e crudele che appartiene fortunatamente al passato.

Qualche studioso palestinese si ostina ed osa affermare che i contenuti mediatici da parte delle istituzioni israeliane sono razziste, veicolate con una strategia ben precisa al pubblico occidentale e hanno lo scopo di giustificare l’uccisione dei palestinesi e la pratica delle forme più dure di violenza e distruzione contro di loro.

La comunicazione è strategica, è evidente e vale per qualsiasi crisi o emergenza, ma vale la pena ricordare che i discorsi allarmanti di Israele rivolti all’Occidente europeo e americano non si basano sullo sfruttamento della sindrome “islamofobia” (paura dell’Islam) che purtroppo qualche volta dilaga in Occidente. Vi siete chiesti come mai le sinagoghe oggi hanno la necessità di avere una vigilanza fissa delle forze dell’ordine in tutta Europa, mentre le moschee vivono nella tranquillità più assoluta? E’ una domanda che molti si chiedono e a cui è difficile dare una risposta.

Penso sia doveroso da parte di tutti suggerire alla società occidentale sana che esiste un denominatore comune con Israele, ovvero la lotta contro il “terrorismo islamista”, e che Israele si trova ad affrontare “terroristi”, non cercatori di libertà, o un movimento di liberazione nazionale. Dovremmo essere orgogliosi dei nostri valori, della nostra amicizia e della nostra libertà. Le potenze civilizzate hanno già ampiamente diagnosticato il problema e non hanno altra scelta che unirsi per eliminare questo male assoluto. L’Islam estremista ci obbliga a restare uniti per combattere questa variante di Islam.

Disumanizzazione verso i palestinesi?

Non c’è alcuna forma di disumanizzazione dei palestinesi nella dichiarazione del ministro della Difesa israeliano Yoav Galant quando ha parlato di lanciare un’aggressione contro la Striscia di Gaza, dicendo: “Stiamo combattendo animali umani”.

Il popolo israeliano che storicamente ha vissuto gli orrori dell’Olocausto non alcuna necessità o piacere nell’articolare una retorica razzista nei confronti dei palestinesi. Demonizzare, disumanizzare, con l’obiettivo di rimuovere ogni simpatia nei loro confronti e giustificare pratiche violente, contro di loro, sia uccidendo con bombardamenti o assedi, facendo morire di fame, sia distruggendo edifici sulla testa dei loro occupanti, compresi civili e bambini indifesi, donne e anziani non è mai stata la volontà di Israele.

La comunità internazionale ha assunto una posizione ferma a favore di Israele. Questo si che è un dato certo.

Penso che prima di tutto sia intelligente, dichiarare tutti che siamo totalmente contro Hamas e contro questa cosa terribile che hanno iniziato e che possiamo benissimo chiamare guerra. Al rave party che si stava svolgendo nel Sud di Israele, in mezzo al deserto, hanno trovato centinaia di corpi, non solo di israeliani ma anche di persone di altri Paesi che si stavano divertendo alla festa. Sono entrati e li hanno massacrati.

Perché lo hanno fatto? Non era una guerra contro Israele. È stato un attacco molto stupido e brutale che segue una logica ben precisa. La ricerca del terrore.

Ecco perchè dobbiamo chiamarlo terrorismo sforzandoci al contempo di eclissare altri risvolti ideologici che nulla hanno a che fare con questo conflitto.

Il popolo palestinese non è Hamas e Hamas non è il popolo palestinese. Ricordiamolo!

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