La vicenda si svolge nell’America degli anni 30. La grande depressione aveva obbligato al crimine molte persone strozzate dall’indigenza. Un gangster con la g maiuscola decide di accollarsi un reato non suo per evitare una pena maggiore. Qualche anno di galera in cui il suo impero andrà in frantumi se non fosse per un’ evasione che si rivelerà più dura del previsto.
La furia umana non è un semplice film di gangster è il film che per primo mostra un delinquente debole. Prima di Tony Soprano e di Tony Montana c’era Cody Jarret. Il personaggio interpretato da James Cagney è un epilettico ossessionato dalla vecchia madre e portatore insano d’insicurezza. Convinto di essere un perdente Cody sfoga la sua rabbia nel delinquere con un’efferatezza gratuita su chiunque gli capiti a tiro.
Raoul Walsh , il regista, si attintene scrupolosamente alle regole del noir hard boiled fatte di minimalismo alternato a ritmo. Dialoghi ridotti si alternano agli scatti di violenza che uno straordinario Cagney regala dalla scena. L’attore che ha inventato come recitare un cattivo va oltre il precedente Nemico Pubblico lavorando per addizione sul suo personaggio. Cody mostra ogni difetto da subito, dalla sudditanza verso la mamma al suo complesso d’inferiorità che si alterna a un perenne desiderio di farla finita.
Ne La Furia Umana coesistono più generi in totale armonia. Walsh, sapiente regista, da un taglio d’essai a un film che dovrebbe solamente intrattenere. Vedere un criminale epilettico e devoto maniacalmente alla mamma era cosa rara per gli anni quaranta, quindi un azzardo riuscito. In scena va un uomo distrutto dalla sua insicurezza che prova a tenere insieme un’organizzazione criminale solo con la violenza e si scontra con il suo bisogno d’accettazione. Alla fine del decennio le conseguenze di una povertà si facevano sentire e il film non ha paura di parlare senza rendere idolo il cattivo ma regalandogli un finale degno della sua esistenza distruttiva e autodistruttiva.