La fine del gas russo attraverso l’Ucraina, un danno per l’Europa non per Mosca

Le vittime di questa scelta non saranno Mosca, bensì l’Ucraina stessa e diversi paesi europei

Dal 1° gennaio 2025, il gas russo ha smesso di transitare attraverso l’Ucraina verso l’Europa, dopo la scadenza dell’accordo siglato nel 2019 tra Mosca e Kiev. La decisione ucraina di non rinnovare l’intesa, motivata dall’invasione russa del 2022, segna una svolta simbolica nella guerra economica tra i due paesi. Tuttavia, le principali vittime di questa scelta non saranno Mosca, bensì l’Ucraina stessa e diversi paesi europei.

Ucraina, un autogol economico

Con la fine del transito del gas, l’Ucraina perde una fonte cruciale di entrate derivanti dalle tariffe di passaggio che la Russia era obbligata a pagare. In un momento di grave crisi economica e con un conflitto ancora in corso, questa decisione rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà finanziarie di Kiev.
L’Ucraina ha puntato tutto sulla pressione economica contro la Russia, sperando che l’interruzione dei flussi di gas indebolisse il Cremlino. Tuttavia, Mosca si è già mossa per aggirare l’Ucraina grazie al gasdotto TurkStream, che attraverso il Mar Nero garantisce forniture a Ungheria, Serbia e Turchia. Questo lascia Kiev isolata e priva di una leva economica significativa nei confronti della Russia.

Europa, più dipendenza e costi più alti

Per molti paesi europei, la chiusura dei gasdotti ucraini rappresenta un problema serio. Se l’Italia ha ridotto la propria dipendenza dal gas russo, altri paesi come Slovacchia, Austria e Ungheria restano fortemente esposti.
Slovacchia: È il paese più vulnerabile, con una dipendenza quasi totale dalle forniture russe e poche alternative immediate.
Austria: Dovrà affrontare rincari e difficoltà logistiche per rimpiazzare il gas russo.
Ungheria: Potrà continuare a ricevere gas tramite il TurkStream, ma l’accesso limitato alle forniture rischia comunque di far lievitare i prezzi.
In tutta Europa, i prezzi del gas potrebbero aumentare a causa della riduzione dell’offerta complessiva, con conseguenze sulle bollette di famiglie e imprese. In particolare, l’Italia potrebbe trovarsi a fronteggiare nuovi rincari nonostante la diversificazione delle fonti.

Mosca non perde, l’Europa sì

Contrariamente alle aspettative di molti, la Russia non esce indebolita da questa situazione. Mosca ha già consolidato nuove rotte di esportazione, come il TurkStream e il Power of Siberia verso la Cina, riducendo la dipendenza dal mercato europeo.
L’Europa, invece, si trova divisa e vulnerabile. Paesi come l’Ungheria mantengono rapporti ambigui con il Cremlino, mentre altri come la Slovacchia e l’Austria subiscono il peso di contratti di lungo termine con Gazprom, che prevedono penali onerose in caso di rescissione.

Una vittoria amara per Kiev

La decisione ucraina, pur comprensibile dal punto di vista politico, potrebbe rivelarsi controproducente. Mentre Mosca mantiene un mercato energetico stabile, l’Ucraina perde entrate fondamentali e l’Europa paga il prezzo della propria frammentazione politica ed energetica.
Questa situazione evidenzia la necessità per l’Unione Europea di accelerare l’indipendenza energetica, investendo in infrastrutture e fonti rinnovabili. Tuttavia, il processo sarà lungo e costoso, e nel frattempo le tensioni geopolitiche rischiano di lasciare l’Europa sempre più esposta alle crisi future e a bollette sempre più alte.