All’Auditorium Parco della Musica due ottimi esecutori: Leonidas Kavakos e Gianandrea Noseda. Nel programma il monumentale Concerto per violino di Beethoven e la poco conosciuta Sinfonia numero 3 di Cajkovskij. Un concerto di grande fascino che è stato molto applaudito dal pubblico di Santa Cecilia
Kavakos e Noseda. Due ottimi musicisti con un interessante programma
Buon successo a Santa Cecilia per Leonidas Kavakos e Gianandrea Noseda nel concerto del 13 febbraio scorso. Il violinista greco è uno dei beniamini del pubblico di Santa Cecilia che accorre sempre con entusiasmo ai suoi concerti. Anche questa volta la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica ha accolto i numerosi appassionati convenuti per ascoltarlo; un concerto arricchito dalla presenza di un direttore tra i più quotati di oggi.
Il programma previsto era senza dubbio ‘elettrizzante’ per il suo contenuto. Il Concerto in re maggiore per violino e orchestra, op. 61 di Beethoven, vero ‘mito’ della musica di tutti i tempi ha aperto alla grande la serata. Nella seconda parte c’era la Sinfonia n. 3 in re maggiore, op. 29, ‘Polacca’ di Cajkovskij, una rarità per le sale da concerto se si pensa che qui a Santa Cecilia le esecuzioni sono rarissime. Un concerto dagli ingredienti accattivanti che ha deliziato tutti gli ascoltatori.
Kavakos ed un Beethoven personalizzato
Il Concerto in re maggiore opera 61 è una delle composizioni più importanti di Beethoven. Scritta alla fine del 1806 è coeva di altri grandi capolavori come la Quarta Sinfonia, i tre Quartetti dell’opera 59 e il Quarto Concerto per pianoforte. Si ritiene che, con ogni probabilità, fu scritta su richiesta di un grande solista dell’epoca: il prestigioso violinista Franz Clement. Il brano ebbe all’epoca scarso successo molto probabilmente per la sua impostazione ‘moderna’ che metteva sullo stesso piano parte solistica e parte orchestrale. Tra le due, infatti, si stabilisce un dialogo serrato che ne amplia anche la durata; tutti elementi inusuali per l’epoca che il pubblico ebbe difficoltà ad assorbire.
Tutto il concerto è pervaso da una straordinaria cantabilità a partire dal ‘corposo’ primo movimento, ’Allegro ma non troppo’ introdotto da quattro ‘drammatici’ tocchi di timpano. Un andamento cantabile che pervade il ‘Larghetto’ centrale passando poi al Rondò finale dominando anche il gioco di ritmi, scale e arpeggi della parte solista. Il violino con le sue volute si ‘insinua’ tra i preziosismi strumentali dell’orchestra creando così una ‘simbiosi’ affascinante e appassionante che avvolge e rapisce l’ascoltatore.
Leonidas Kavakos è stato protagonista assoluto di questo splendido concerto per violino mettendo in evidenza grande tecnica ed un suadente suono. La sua indiscussa personalità artistica ha però, paradossalmente, influenzato tutta l’esecuzione. Infatti per mettere in risalto la bellezza del suono sono stati dilatati i tempi musicali che hanno un po’ penalizzato quella cantabilità basilare per il brano. Anche aver sostituito la tradizionale cadenza di Fritz Kreisler con quella di Wolfgang Schneiderhan, ha leggermente appesantito l’esecuzione. Il pubblico comunque ha applaudito a lungo al termine del concerto dedicando a Kavakos un vero e proprio trionfo.
La terza Sinfonia. Un inusuale Cajkovskij
La seconda parte del concerto proponeva l’esecuzione della Sinfonia n. 3 in re maggiore, op. 29, detta ‘Polacca’ di Cajkovskij. E’ una sinfonia poco conosciuta al grande pubblico. Nella lunga e gloriosa storia di Santa Cecilia questa partitura è comparsa una sola vola, nel 2018, ma con l’Orchestra del Teatro Marinskij.
Questa sinfonia, negli anni, è stata poco apprezzata dalla critica ma contiene elementi di grande interesse. Soprattutto per i suoi caratteri popolari che le hanno fatto guadagnare l’appellativo di ‘polacca’. Quel senso ‘caikovskiano’ del ritmo e della danza è sempre ben presente ed entusiasmante come nel ‘valzer’ del secondo movimento. Anche qui grande cantabilità, ‘Andate elegiaco’ centrale, e la ‘bellezza sonora’ del finale che suggella la sinfonia dopo l’incessante ritmo di ‘polacca’ che l’ha caratterizzata.
Gianandrea Noseda ha ribaltato l’inconveniente della dilatazione dei tempi adottata nella prima parte del programma fornendo una esecuzione molto più ‘appassionata’ e coinvolgente. Ha donato a tutto il brano quel senso di cantabilità esaltando l’elegante strumentazione di Cajkovskij per una esecuzione serrata e convincente.
Lunghi e numerosi applausi al termine del concerto per Noseda e per la prova dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.