Storie di ordinaria follia a Teheran dove anime comuni vanno a sbattere contro un potere incomprensibile. Episodi di quotidianità che si trovano a dover fare i conti con una realtà tanto ridicola quanto assurda. Dallo smarrimento del cane a una bambina “troppo vestita” per tornare da scuola le storie raccontano la ricerca di una normalità difficile da trovare. Storie semplici che per un motivo o per l’altro devono rendere conto al governo senza nemmeno sapere come farlo correttamente. Kafka a Teheran è un film del 2023 diretto da Al Asgari e Alireza Khatami .
Diviso in episodi è una commedia amara sulla situazione fuori dalla realtà cui le persone devono sottostare in Iran. La riflessione che i due autori mettono in scena è chiara e priva di qualsiasi orpello. Attraverso una regia semplicissima e dei dialoghi che fanno soprattutto dell’ironia la loro forza Kafka… insegna un pezzo di vita iraniana. Guardando il film dall’Europa, il rischio potrebbe essere di chiedersi come sia possibile, ma la forza dei registi è di non fare tragedia. In scena vanno storie capaci soprattutto di far ridere perfettamente inserite nella loro realtà. La messa in scena è semplice e totalmente priva di velleità intellettualistiche.
Allo stesso modo la ferocia con cui il film mostra la verità è mediata da una profonda attenzione al paradosso d’imposizioni prive di una ragione oggettiva, questo rende le storie delle pillole di fantascienza in pieno ventunesimo secolo. Il potere in scena è grottesco nella sua applicazione e quasi incomprensibile per chi non ha provato certe derive. La scelta di inserire Kafka nel titolo dichiara cosa si andrà ad assistere e le storie certo non deludono le attese. Nelle vicende imposizioni si alternano a superstizioni amare per un ritratto carico di dignità.
La rappresentazione di Kafka a Teheran è di un potere stratificato e privo di un vero carnefice. Impiegati statali obbligati o mamme desiderose di rispettare le leggi non possono certo essere considerati colpevoli. In questa fase il film merita un ulteriore plauso per la sua assoluta mancanza di tesi ma il suo carico di denuncia. Il compito di un artista dovrebbe essere quello di raccontare storie che agiscano sulle coscienze collettive e qui i due autori arrivano.