Ramzan Kadyrov, leader della Cecenia e stretto collaboratore di Vladimir Putin, ha rivolto pesanti accuse a tre influenti esponenti della politica russa, affermando che avrebbero tentato di orchestrare il suo assassinio. Sebbene i fatti risalgano allo scorso mercoledì, la notizia è emersa solo recentemente attraverso i media russi, generando scalpore soprattutto per la minaccia esplicita di Kadyrov di una “vendetta di sangue” qualora i presunti colpevoli non riuscissero a provare la propria innocenza.
Durante un incontro con i vertici della sicurezza cecena, Kadyrov ha indicato tre membri della legislatura russa come coinvolti nel complotto: Sulejman Kerimov, senatore del Daghestan e uno degli uomini più ricchi della Russia, noto per la sua influenza politica ed economica; Bechan Barachoev, deputato della Duma di Stato dell’Inguscezia; e Rizvan Kurbanov, altro parlamentare della Duma. “Se non dimostrano il contrario, annuncio ufficialmente una vendetta di sangue contro di loro”, ha dichiarato Kadyrov, come riportato dall’agenzia di stampa TASS.
Le parole di Kadyrov non sono passate inosservate. Reuters ha segnalato che, pur non avendo potuto verificare autonomamente la traduzione fornita da TASS, le accuse e la reazione del leader ceceno sono state ampiamente diffuse dai media. Il concetto di “vendetta di sangue”, radicato nelle tradizioni cecene, implica una risposta violenta e letale contro chiunque sia coinvolto in atti di vendetta personale, estendendosi anche ai parenti maschi del colpevole.
La situazione si è aggravata ulteriormente quando, sui social media in Inguscezia, sono emersi messaggi che incitavano apertamente alla violenza contro i ceceni. Post provocatori esortavano la popolazione locale a fermare le auto con targhe provenienti dalla Cecenia e a “radere i Kadyrovcy”, un’inequivocabile espressione gergale che allude a violenze fisiche o persino all’uccisione dei fedelissimi di Kadyrov. Questi ultimi sono membri delle forze paramilitari cecene, strettamente legati al leader e attivi sotto il suo diretto controllo nelle operazioni di sicurezza della regione.
Le autorità dell’Inguscezia hanno immediatamente condannato i messaggi, definendoli un tentativo di destabilizzare la regione. Il Ministro delle Relazioni Esterne dell’Inguscezia, Ruslan Miziev, ha accusato i servizi segreti stranieri di diffondere tali provocazioni, dichiarando: “Il nostro compito è mantenere la pace e l’armonia nella nostra regione”.
In realtà, il conflitto sembrerebbe avere radici più profonde e risalire anche a controversie territoriali e di potere tra le repubbliche del Caucaso del Nord. Kadyrov, infatti, ha più volte cercato di estendere la sua influenza su parti del Daghestan e dell’Inguscezia, alimentando tensioni etniche e politiche.
Nel frattempo, Sergej Melikov, capo della Repubblica del Daghestan, durante l’inaugurazione di un parco locale, ha approfittato dell’occasione per esprimere alla stampa il suo sostegno al senatore Kerimov: “Il popolo del Daghestan sarà sempre grato a Kerimov e lo sosterrà sempre quando ne avrà bisogno”, ha affermato.
Il contesto di questa disputa appare ancora più complesso se si considera l’influenza di Kadyrov all’interno del governo russo. La sua alleanza con Putin gli ha garantito una notevole autonomia nella gestione della Cecenia, trasformandola in una sorta di feudo personale. Tuttavia, la sua influenza non si limita alla Cecenia: Kadyrov ha inviato truppe per sostenere la guerra della Russia in Ucraina, consolidando il suo ruolo anche a livello militare.
Questa vicenda solleva ulteriori interrogativi sulla stabilità interna della Russia e del Caucaso del Nord, una regione storicamente turbolenta e con relazioni complicate tra le sue repubbliche. La minaccia di una “vendetta di sangue” da parte di un leader regionale come Kadyrov potrebbe avere conseguenze imprevedibili, sia sul piano interno sia internazionale, alimentando ulteriormente il clima di tensione in Russia.