Israele e la sicurezza dei tifosi: impeccabile a dispetto del mondo

Israele si sa, si è sempre distinto come un anfitrione esemplare, quando si parla di sport pronto ad accogliere con calore e professionalità tifosi da tutto il mondo. Gli eventi sportivi ospitati in Terra Santa sono stati spesso celebrati per l’organizzazione impeccabile e l’attenzione al dettaglio, riflettendo un’immagine di un paese che, nonostante la sua complessità socio-politica, sa come mettere proteggere tutti i tifosi. Tuttavia, immaginiamo per un momento un mondo parallelo in cui questo faro di efficienza e ospitalità decidesse improvvisamente di abbassare la guardia sulla sicurezza dei suoi ospiti stranieri. Una mera fantasia, certo, ma entriamo dentro il paradosso.

In questo ipotetico scenario, i media globali non perderebbero tempo a stracciarsi le vesti. I titoli dei giornali, con la loro caratteristica “sobrietà”, griderebbero allo scandalo: “Israele, il Gigante della sicurezza, dimentica i Tifosi stranieri. ” I commentatori televisivi, si lancerebbero in accese discussioni su come un paese noto per la sua meticolosità possa aver trascurato un aspetto così fondamentale. Gli editorialisti, con la loro proverbiale moderazione, analizzerebbero a fondo questo “nuovo approccio”, chiedendosi se Israele stia cercando di lanciare un messaggio xenofobo al mondo.

Non sarebbe difficile immaginare le trasmissioni in diretta dai telegiornali, che dipingerebbero un quadro drammatico di tifosi internazionali in pericolo, narrando le loro peripezie e avventure come se fossero protagonisti di un nuovo reality show minuto per minuto: “Sopravvivere a Tel Aviv”. Esperti di sicurezza internazionale e organizzatori di eventi, di solito abituati a lodare l’operato israeliano, si troverebbero ora a gestire un flusso incessante di domande imbarazzanti sul perché e sul come di questo repentino cambiamento di paradigma.

E mentre tutto ciò accade, le federazioni sportive internazionali, solitamente rilassate e comprensive, potrebbero considerare misure drastiche, come sanzioni o addirittura il divieto di futuri eventi sportivi in Israele, almeno fino a quando la sicurezza non tornerà a essere una priorità (come se non lo fosse mai stata!). La diplomazia globale potrebbe entrare in gioco, con i paesi stranieri che, in un raro slancio di interesse per la sicurezza dei propri cittadini, chiederebbero spiegazioni e rassicurazioni.

Ma forse la domanda più pressante sarebbe: come siamo arrivati a un punto in cui un paese, conosciuto per la sua dedizione alla sicurezza, può permettersi di trascurare una questione tanto cruciale? In questo scenario totalmente fittizio, un errore di tale portata potrebbe lasciare un segno indelebile sulla reputazione di un paese che ha sempre fatto della sicurezza il suo vanto. Ma naturalmente, tutto ciò è pura fantasia.Uscendo ora dal mondo distopico presentato, forse è il momento di riflettere su come la politica e la sicurezza si intrecciano nel contesto internazionale. Oppure, più cinicamente, potremmo chiederci se quando si tratta di Israele semplicemente si abbassi la guardia, cercando scuse per mascherare l’antiebraismo insito nei gangli della società.

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