Prima i piatti preparati con la nonna, poi la scelta della scuola alberghiera, hanno portato la Chef Chiara Lattuada a fare esperienze in cucine importanti come La Brisa, Villa Crespi, passando per il Ristorante Portobello e il Ristorante dei Castelli.
Chiara Lattuada, entusiasmo e creatività
Se la cucina non mente, sicuramente racconta tanto di questa giovane chef: entusiasmo, cura e creatività emergono in ogni suo piatto, regalando a ogni boccone un’esperienza unica.
Attentissima alla stagionalità delle materie prime e curiosa nell’abbinare nuovi sapori, Chiara è da pochi mesi approdata da Capocotta, un piccolo ma accogliente ristorante di Sestri Levante, dove la tradizione crea un connubio unico con l’innovazione, che la Chef ci racconta in quest’intervista.
Ti ispiri a qualcuno quando cucini?
Ho lavorato 3 anni con Davide Brovelli, Chef del ristorante Il Sole di Ranco, e la sua cucina mi ha sempre affascinato: dal modo che ha di abbinare gli ingredienti all’attenzione nel seguire la stagionalità. Mi ha ispirato il suo modo di lavorare.
Il piatto del cuore.
Il brownie al cioccolato, è in assoluto il mio preferito.
Da preparare o da mangiare?
Entrambe le cose! (ride, ndr). Anche se lo preparo da molti anni, non mi stufa mai.
Per quanto riguarda il salato, qual è il tuo cavallo di battaglia?
Il mio cavallo di battaglia tra i primi è il taglierino viola con finferli e crudo di gamberi rossi con uova di pesce rondine. Tengo molto anche alla presentazione dei piatti perché amo dare impatto visivo creando combinazioni di colori.
Gli ingredienti preferiti di Chiara Lattuada
L’ingrediente che non può mancare nella tua cucina.
Direi il cioccolato, ho fatto diversi corsi di cioccolateria ed è proprio una passione.
Sono partita dal dolce, poi mi sono aperta alla cucina in generale.
Perché fermarsi da Capocotta?
Per provare piatti sempre diversi perché cambio il menù molto spesso.
Sei molto giovane, com’è gestire una brigata?
Senz’altro complesso, ma mi è capito di gestire anche brigate più ampie in passato. Mi impegno sempre per creare un clima di fiducia tra i collaboratori, non amo l’atmosfera di terrore, perché penso non sia efficace per fare uscire buoni piatti: la cucina “sente” anche le energie di chi c’è intorno ed è importante che siano buone.
Subisci il fascino delle influenze etniche?
Decisamente sì, amo i sapori giapponesi e spagnoli. Uno dei miei cavalli di battaglia sono le capesante panate con chorizo, che è un salume iberico.
Testa e cuore in che proporzione contano nei tuoi piatti?
Vince il cuore, decisamente.
Un suggerimento agli chef in erba.
Seguite voi stessi e non le mode del momento: non omologatevi ad utilizzare un ingrediente “trendy” solo perché lo usano tutti.
Io, ad esempio, vado a raccogliere le erbe e magari mentre raccolgo e sento gli odori, mi viene l’ispirazione per un piatto, anche per questo cambio spesso il menù.
Abbinate, sperimentate, assaggiate e non omologatevi mai a quello che propone il ristorante accanto.
Parola di Chef Lattuada!