Gravi abusi, rapimenti, linciaggi, violenze sessuali e di genere, omicidi, saccheggi, rapine. Questa è la quotidianità che vivono migliaia di haitiani. “Tra il 1° gennaio e il 15 agosto di quest’anno, almeno 2.439 persone sono state uccise e altre 902 ferite”, ha dichiarato a France 24 la portavoce dell’ufficio per i diritti delle Nazioni Unite, Ravina Shamdasani, che ha aggiunto: “Inoltre, nello stesso periodo 951 persone sono state rapite”. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2023 quasi 200.000 persone sono sfollate interne mentre oltre 100.000 haitiani sono stati rimpatriati forzatamente dai paesi vicini nel 2023. Solo nel mese di agosto l’acuirsi della violenza per le strade ha causato lo sfollamento forzato di oltre 10.000 persone, molte delle quali si sono rifugiate in circostanze terribili in siti improvvisati. Mentre tra il 24 aprile e metà agosto l’ONU ha documentato il linciaggio di oltre 350 persone da parte della popolazione locale e di bande di criminali: in un incidente avvenuto l’ultima settimana di agosto, i membri della gang “5 Seconds” hanno aperto il fuoco sui manifestanti organizzati da un leader di una chiesa evangelica, uccidendo almeno sette persone a Canaan (periferia di Port-au-Prince).
Persone bruciate vive
Già il 31 agosto l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari (OCHA) ad Haiti aveva lanciato l’allarme per la ricorrente escalation di violenza, rilevando che “la comunità umanitaria è profondamente preoccupata per un’altra escalation di violenza di estrema brutalità. Intere famiglie, compresi i bambini, sono state giustiziate mentre altre sono state bruciate vive”.
Chi sostituisce la Polizia
L’aumento dell’attività delle bande armate ad Haiti ha preso forza vuoto di potere creatosi in seguito all’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel luglio 2021 (ieri un ufficiale dell’esercito colombiano in pensione si è dichiarato colpevole dell’omicidio davanti a un tribunale statunitense). La crisi è entrata in una nuova fase in seguito alla formazione di un movimento di autodifesa civile noto come “Bwa Kale” nel mese di aprile, approfittando del fallimento della Polizia nazionale haitiana nel contrastare l’espansione territoriale delle bande armate e nel proteggere i residenti. I membri di questi gruppi spesso portano machete anziché pistole e sono noti per la loro estrema brutalità quando infliggono ritorsioni contro presunti membri delle bande, in particolare con linciaggi indiscriminati.
Nessun aiuto da USA e ONU. Solo Kenya
Lo scorso 24 agosto il Miami Herald pubblicava la notizia che li 1° agosto il Segretario di Stato Antony Blinken aveva annunciato che il Kenya aveva accettato di condurre un intervento approvato dalle Nazioni Unite per rafforzare la Polizia Nazionale di Haiti (PNH), ma ci è voluto fino al 20 agosto perché arrivasse una “squadra di valutazione della sicurezza” dal Kenya. a Port-au-Prince. La delegazione keniana, sotto la protezione degli Stati Uniti, con una dozzina circa di diplomatici statunitensi presenti insieme ai vertici della PNH, si è incontrata per valutare i requisiti operativi per proteggere “infrastrutture governative chiave come l’aeroporto, i porti marittimi e le strade principali”. Ma il parlamento keniano deve ancora approvare l’accordo su Haiti che il presidente keniano William Ruto ha concluso con il presidente Joe Biden. Intanto ad Haiti si continua a soffrire e a morire.
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