Il senso di Mohammed Dahlan per la Palestina

Nella ridda di ipotesi su cosa potrà mai essere il governo di Gaza dopo la guerra in corso i giornali a larga diffusione hanno iniziato a tirare in ballo il nome di Mohammed Dahlan. Dahlan per parte sua ha rotto un riserbo con la stampa occidentale che durava da tempo ed ha rilasciato recentemente due interviste, una al “Times” ed una all’ “Economist”. Dahlan ha 62 anni ma, nell’intervista registrata, ne dimostra come minimo 10 di meno; ha l’aria di una persona che mangia bene, dorme meglio, si preoccupa del suo aspetto estetico ed esprime una naturale, inequivocabile passione per gli abiti di gran lusso. Ma chi è Mohammed Dahlan? Tentiamo qui una rapida sintesi della sua vita avventurosa.

Figlio di profughi del 1948, cresce tra i vicoli di Khan Younis, nella Striscia di Gaza, e diventa un leader del movimento giovanile del partito Fatah; dopo diversi arresti per reati minori va in esilio a Tunisi ed approda alla corte di Yasser Arafat. Dopo gli accordi di Oslo rientra in Palestina e viene nominato da Arafat “Capo della sicurezza preventiva a Gaza”, che tradotto significa dare la caccia ai militanti di Hamas. Arafat si reca poco a Gaza e questo darà a Dahlan – ora a capo di un esercito di 20.000 miliziani di Fatah – un grande potere nella Striscia. Sempre in veste di aiutante di Arafat, Dahlan sarà presente agli Accordi di Camp David, nel 2000. Successivamente Dahlan stringerà un’alleanza politica con Mahmoud Abbas (l’attuale capo dell’OLP), che lo nomina Ministro per gli Affari di Stato nel 2003. Arafat muore nel 2004 e viene sostituito da Mahmoud Abbas, che nomina Dahlan Ministro degli Affari Civili. Arriviamo al 2007 ed alla guerra civile di Gaza tra Hamas e Fatah. Fatah perde disastrosamente lo scontro militare con Hamas e viene cacciata dalla Striscia di Gaza. Mentre tutto questo accade Dahlan è introvabile. Non è a Gaza; forse e al Cairo, forse ad Amman, non si sa, forse è lontano perché deve farsi operare agli occhi, o alla schiena; non si sa. Dopo la sconfitta a Gaza, Dahlan si trasferisce a Ramallah, in Cisgiordania. Qui le cose con l’alleato Abbas iniziano a mettersi male, Dahlan lo critica e nel 2011 Abbas reagisce espellendolo dal partito Fatah, un tribunale palestinese gli commina 3 anni di carcere per corruzione, Dahlan fa appena in tempo a fuggire in Giordania, la sua casa a Ramallah viene abbattuta. Ma Mohammed Dahlan ha sette vite: presto ricompare ad Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, alla corte del Presidente Mohammed Bin Zayed. Come diavolo Dahlan sia riuscito a riciclarsi in questo modo rimane un mistero.

Il superficiale excursus sulla vita di Mohammed Dahlan ci mostra un uomo che deve certamente avere molti talenti. Uno in particolare primeggia sugli altri: se c’è una vicenda segreta, oscura, possibilmente a carattere omicida, Dahlan ha il talento di far convergere tutti i sospetti su di lui. Nel corso del tempo Dahlan è stato accusato di essere il capo dei torturatori dei militanti di Hamas a Gaza, di aver organizzato il fallito attentato alla vita del capo di Hamas, Ismail Hanyeh, di avere avvelenato Arafat, di avere organizzato un golpe interno a Fatah contro Mahmoud Abbas, di aver spedito armi al signore della guerra libico Khalifa Haftar attraverso i Balcani (Dahlan è in possesso di un passaporto serbo e forse anche di un passaporto montenegrino), di aver fatto parte dell’organizzazione del colpo di stato contro Erdogan in Turchia, di avere gestito un programma di omicidi mirati contro gli islamisti dello Yemen; e si potrebbe continuare.

L’avventurosa esistenza di Mohammed Dahlan, ci restituisce un personaggio degno di un libro di John Le Carré ma finisce per non rispondere alla domanda su chi è davvero Mohammed Dahlan. La risposta non è univoca. Si può solo tentare di descrivere Dahlan attraverso le varie immagini assunte nel tempo da questo “uomo per tutte le stagioni” palestinesi.

Per Israele e gli Stati Uniti Dahlan è “il diavolo che conosciamo”, è stato per anni l’uomo di Fatah che fungeva da “ufficiale di collegamento” tra il partito ed i servizi segreti israeliani e statunitensi; molti funzionari a Langley ed a Tel Aviv lo hanno conosciuto ed incontrato. Per anni Dahlan ha rappresentato, agli occhi dell’occidente, la cosiddetta “ala moderata” dell’OLP insieme a Mahmoud Abbas. Le sue passate battaglie contro Hamas gli hanno dato fama di un uomo di provata militanza anti-islamista e il suo essere al servizio degli Emirati ne è la conferma. Oggi Dahlan è certamente l’uomo degli Emirati Arabi Uniti all’interno della politica palestinese, (perché in Palestina ogni Paese arabo ha il “suo uomo” all’interno dell’OLP), e gira insistente la voce che abbia avuto un ruolo nella firma degli Accordi di Abramo che hanno portato gli Emirati al riconoscimento di Israele. Dahlan è anche un uomo che maneggia molto, molto denaro; ed il denaro compra molte fedeltà un po in tutto il mondo. Dahlan ha ancora un certo seguito a Khan Younis, nella Striscia di Gaza, Dahlan rischia la pelle se torna in Cisgiordania, Dahlan è in esilio ad Abu Dhabi da più di 10 anni.

Mohammed Dahlan è tornato agli onori delle cronache dei giornali per una frase che ha detto durante la sua recente intervista all’ “Economist”, dove, per il futuro di Gaza, ha ipotizzato un governo tecnocratico nella Striscia della durata di due anni. Tanto è bastato per far drizzare le antenne a molti commentatori: in Africa e Medio-oriente è pieno di “governi di transizione” che non transitano mai e l’idea di un uomo degli Emirati Arabi che possa controllare Gaza a tempo indefinito deve aver solleticato la fantasia di molti osservatori. Su un possibile futuro di Dahlan a Gaza chi scrive mostra invece un certo scetticismo: Mohammed Dahlan ha un forte senso per la Palestina, ma gli piace esprimerlo guardandola dalla finestra di un grattacielo di Abu Dhabi.

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