Leggere i discorsi o gli scritti di Vladimir Vladimorovich Putin equivale ad inoltrarsi nella prolissità che lo caratterizza. Il discorso del 29 febbraio, che equivale sostanzialmente al suo manifesto elettorale in vista del prossimo voto per la sua rielezione, è durato circa due ore. Si vogliono cogliere qui soltanto un paio di motivi di interesse. Cose non particolarmente nuove, peraltro, per chi abitualmente lo segue.
Il discorso inizia subito con la Guerra d’Ucraina. A parte le abituali dichiarazioni sulla necessità di distruggere il regime nazista di Kyiv, sul fatto che la Russia assolutamente non ha iniziato la guerra e che ha fatto di tutto per evitarla eccetera, la novità è consistita nella descrizione dettagliata dello stato dell’arte degli ordigni atti a trasportare testate termonucleari in possesso della Federazione: nomi dei vari missili, caratteristiche generali, fase di sviluppo. Sembrava più una relazione ai generali di uno Stato Maggiore che un discorso rivolto ad una grande platea popolare. Questo ha appunto diffuso la sensazione che il messaggio fosse rivolto più al di fuori della Russia che ai suoi cittadini. Che abbia voluto essere ancora una volta un monito ai Paesi che sostengono l’Ucraina.
Un punto saliente del discorso è stata la descrizione di ciò che in una precedente occasione Putin aveva definito: “uno spostamento tettonico degli equilibri mondiali, di cui l’Ucraina è solo un episodio”; qui Putin ha un poco approfondito il concetto. Indubitabilmente Putin pensa in grande, pensa che il futuro, e quindi il dominio del mondo presto passerà di mano. Putin nel suo discorso ha snocciolato cifre di previsione da cui si dimostrerebbe che la maggior parte della ricchezza mondiale passerà entrò il 2028 dai Paesi del G7 ai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), ed ha aggiunto: “Queste sono le tendenze globali e non è possibile sfuggirvi poiché sono una realtà oggettiva”. Insomma, siamo di fronte ad un destino ineluttabile: “il cosiddetto Occidente” (definizione di Putin) è in decadenza e il futuro apparterrà agli ex Paesi colonizzati ed arretrati, ora uniti nel formato BRICS, che Putin sembra qui prefigurare come un potenziale tutt’uno, una nuova alleanza economico-politica pronta a prendere il governo dell’economia e della politica planetaria.
Fino a qui abbiamo avuto la lettura di una Russia che si deve difendere dai nazisti ucraini e dalle mire del “cosiddetto occidente” che vorrebbe distruggerla, che minaccia l’armageddon nucleare se qualcuno prova a colpirla e che comunque va incontro alla “realtà oggettiva” per la quale conquisterà l’economia mondiale insieme ai suoi partner dei BRICS.
Non poteva a questo punto mancare un riferimento all’identità russa. Se si combattono guerre, si minaccia di incenerire il mondo a colpi di armi termonucleari e ci si prefigge di prenderne la guida in compagnia di altri in un orizzonte temporale non molto distante, è pur necessario che un leader dica in nome di quale causa superiore lo si fa. Questa volta Putin è stato brevissimo e cristallino: “La Russia è stata e rimane la roccaforte dei valori tradizionali su cui poggia la civiltà umana”.
In quanto a essere roccaforte della conservazione la cosa è verissima storicamente se si fa riferimento all’Impero zarista, e ci permettiamo di dare per scontato che sia all’Impero che Putin faccia riferimento quando guarda all’identità storica della russa. La Russia di Putin riscopre dunque un suo destino manifesto: essere il baluardo della civiltà. Di fronte ad essa, ad Occidente, si estende un mondo che Putin, nel suo discorso di appena sei giorni prima sullo stato della Federazione, aveva così descritto:
“Guardate cosa stanno facendo con i loro stessi popoli: la distruzione della famiglia, dell’identità culturale e nazionale, la perversione, l’abuso sui bambini, fino alla pedofilia, sono dichiarati la norma, la norma della loro vita, e il clero, i preti, sono costretti a benedire matrimoni tra persone dello stesso sesso”.
A seguire Putin ha perorato la ripresa demografica della Russia come obiettivo primario, ha fatto un’elegia “della famiglia che fa figli” come bene primario della nazione da sostenere in tutti i modi (la Russia è in calo demografico). Successivamente ha elencato una lunghissima serie di finanziamenti, contribuzioni, incentivazioni, soldi insomma, da distribuire praticamente in quasi ogni settore della vita pubblica.
@riproduzione riservata