Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi. Riconosciute le aggravanti di premeditazione, crudeltà e convivenza, esclusi i futili motivi. Una sentenza, ma che non può colmare il dolore della famiglia. La violenza di genere resta una piaga da prevenire.
Alessandro Impagnatiello: ergastolo per l’atroce omicidio
La cronaca nera italiana aggiunge una pagina dolorosa con la sentenza che ha visto Alessandro Impagnatiello condannato all’ergastolo per l’atroce omicidio di Giulia Tramontano, la sua compagna incinta di sette mesi. Un crimine che non solo ha sconvolto la comunità, ma ha lasciato un vuoto incolmabile nelle vite dei familiari della vittima. La sentenza, emessa con rapidità grazie alla procedura accelerata prevista dal codice rosso, ha riconosciuto le aggravanti di premeditazione, crudeltà e rapporto di convivenza, tutte sufficienti a giustificare la condanna più severa prevista dalla legge italiana. Tuttavia, non è stata accolta l’aggravante dei futili motivi, e questo ha sollevato alcune domande.
La Corte ha poi previsto una pena di sette anni per i reati di occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale.
La condanna di Alessandro Impagnatiello e le aggravanti
La Corte d’Assise ha deciso per l’ergastolo perché i giudici hanno riconosciuto tre aggravanti, ognuna della quali porta già da sola all’ergastolo. Ovvero, il rapporto di convivenza: Impagnatiello viveva con la donna che ha ucciso. Se avesse interrotto prima la convivenza questa aggravante non poteva essere contestata.
Le due aggravanti sulle quali si poteva discutere, ma che alla fine la Corte d’Assise ha riconosciuto, sono la crudeltà e la premeditazione. La prima si ha quando si va oltre l’ordinaria esecuzione del delitto, si va oltre quanto necessario per uccidere: cioè c’è stato un accanimento smisurato rispetto a quanto ce ne vorrebbe per uccidere. Non s’intende crudeltà nei confronti della vittima in quanto Giulia era già morta.
La terza aggravante riconosciuta è quella della premeditazione: vuol dire che l’imputato ha programmato l’esecuzione del delitto tempo prima senza mai cambiare idea. Su questo i giudici hanno dato torto ai difensori che puntavano sul fatto che il veleno per topi, che l’imputato aveva somministrato a Giulia Tramontano, fosse stato dato con il solo obiettivo di far morire il bambino non lei.
La Corte d’Assise ha riconosciuto la premeditazione anche per la morte di Giulia: l’imputato aveva deciso di ucciderla e non aveva mai cambiato idea.
Esclusa l’aggravante dei futili motivi. Perché?
La Corte d’Assise ha ritenuto che l’imputato abbia ucciso Giulia Tramontano perché non era più riuscito a sostenere l’idea di avere un altro figlio e di gestire due relazioni. Per i giudici questo non si può ritenere un futile motivo, che si ha quando c’è un’assoluta sproporzione tra quello che succede e la reazione dell’imputato. Impagnatiello, invece, lo ha fatto per una ragione sbagliata, ma dal suo punto di vista il motivo non era futile.
In qualsiasi caso, le altre tre aggravanti sono sufficienti per decidere una condanna all’ergastolo.
Per Impagnatiello di sette anni per occultamento di cadavere
Sia l’occultamento di cadavere che l’interruzione di gravidanza non consensuale hanno solitamente una pena contenuta. Quindi hanno dato una pena congrua e importante per la contestazione.
Un risarcimento in denaro alla famiglia
I giudici hanno cercato di quantificare il dolore dei membri della famiglia. Sono somme non basse soprattutto perché bisogna tenere contro che è un anticipo, ovvero un acconto che dovrà subito versare l’imputato. Poi tramite un procedimento civile verrà quantificata la somma totale. I giudici hanno fatto bene a decidere per la provvisionale e non per l’importo complessivo perché se no il processo si sarebbe allungato.
Sarà comunque molto complicato ottenere le somme richieste. Queste somme almeno riconoscono la sofferenza dei famigliari, anche se il dolore non ha prezzo e non non può essere quantificato.