La Russia continua ad erodere terreno all’Esercito Ucraino. Un po’ da tutti i fronti arrivano informazioni che riportano la conquista russa di un villaggio, di una frazione, di una trincea, di un gruppo di fortificazioni precedentemente tenute dagli ucraini. Esperti militari occidentali recentemente ritornati da un viaggio sui campi di battaglia ucraini hanno riferito di batterie di artiglieria che non hanno altro da lanciare che bombe fumogene e comandanti di reparto che lamentano una forte carenza di truppe. Non stupisce quindi se i russi stanno avanzando un po ovunque, anche se non di molto, e sono anche segnalati contrattacchi ucraini che recuperano il terreno perduto in questa o quell’area dei combattimenti.
La situazione non è ancora compromessa ma certamente non è rosea per l’Esercito di Kyiv e, se i droni possono almeno parzialmente compensare la mancanza dei proiettili di artiglieria, la carenza nel numero di truppe è invece un problema di difficile soluzione. Nel suo recente articolo per la CNN il Capo di Stato Maggiore pro-tempore dell’Esercito Ucraino ha così sottolineato la questione della mancanza di personale da inviare in battaglia: “Dobbiamo riconoscere il vantaggio che il nemico gode nella mobilitazione delle risorse umane e come ciò possa paragonarsi all’incapacità delle istituzioni statali in Ucraina di migliorare i livelli di manodopera delle nostre forze armate senza l’uso di misure impopolari.”. Il problema del numero di persone da gettare in battaglia era già chiaro sin dall’inizio di questa guerra e si sapeva che, se il conflitto si fosse protratto, questa questione sarebbe diventata sempre più pressante. L’Ucraina prima dell’inizio della guerra aveva 44 milioni di abitanti, la Russia 144 milioni: la differenza demografica nei conflitti di lunga durata riveste un’importanza notevole.
Un punto positivo per l’Ucraina è lo sviluppo di diversi modelli di droni, molti dei quali prodotti autonomamente, i quali stanno colpendo le retrovie russe. Gli Ucraini nei mesi passati erano stati in grado di effettuare notevoli colpi dietro le linee nemiche, ma mai senza la necessaria continuità, ora invece non passa giorno senza che ci giungano le immagini di fabbriche, aeroporti, terminali energetici e siti di stoccaggio carburante russi colpiti. Gli ucraini dichiarano di avere droni con un raggio di azione di 1.250 chilometri. Significa che decine di migliaia di chilometri quadrati della Russia sono ormai raggiungibili da questi ordigni e non si vede come la Russia possa avere a disposizione un sistema antiaereo che possa difendere un’area così vasta.
A questo si deve aggiungere lo sviluppo di droni navali, che ora agiscono a sciami, ed hanno recentemente affondato la corvetta lanciamissili “Ivanovets”. Si tratta della dodicesima nave russa affondata dall’inizio della guerra, e gli assetti navali sono tra gli strumenti più costosi in dotazione ad un esercito, i quali necessariamente devono essere prima o poi ricostituiti. Tutto questo non può far vincere la guerra a Kyiv, ma se i russi non riusciranno a trovare in fretta nuove contromisure i continui danni prodotti dai droni possono significativamente logorare il Cremlino. Tutto questo senza contare che i ripetuti attacchi a distanza portano ora la guerra sempre più vicino alla popolazione russa: vedere i terminal di San Pietroburgo in fiamme non è come osservare un filmato in televisione.
Un grosso risultato conseguito dall’Ucraina nell’uso dei droni aerei e navali è stata la sostanziale liberazione del Mar Nero occidentale dalla presenza della minaccia russa. Dopo che i russi hanno rotto il patto sulle esportazioni navali ucraine minacciando di attaccare le navi cargo di Kyiv, dall’autoproclamato Corridoio Ucraino di navigazione sono transitate 661 navi, le quali hanno esportato 20 milioni di tonnellate di merci. Pochi giorni fa erano attese in arrivo sulla costa di Odessa altre 104 navi, pronte ad esportare carichi per 3 milioni di tonnellate. I livelli di esportazione via mare di questo mese di gennaio sono stati molto vicini a quelli che l’Ucraina aveva prima dell’inizio della guerra.
Il grande problema dei rifornimenti bellici rimane centrale per Kyiv. Lo sblocco dei 50 miliardi di euro da parte dell’Unione Europea è certamente una buona notizia. Ancora niente di fatto per i 60 miliardi di dollari di finanziamento statunitense bloccati dall’opposizione parlamentare del Partito Repubblicano. Il Presidente dell’Unione Europea ha detto che l’Unione sarà in grado di produrre 1 milione di munizioni a partire dal 2024. Non sappiamo se succederà davvero: era stato promesso 1 milione di munizioni all’Ucraina tra marzo 2023 e marzo 2024 e per quella data forse gliene arriveranno 480.000 in tutto; ripetiamo: forse.
E’ ancora troppo presto per verificare se le sanzioni secondarie americane, recentemente istituite, porteranno ad una più forte stretta sulle importazioni russe; per ora sembra che le banche turche, indiane e cinesi stiano rivedendo i contratti con le società che esportano merci da e verso Mosca. Per quanto riguarda le prospettive generali della guerra, c’è discreta concordanza da parte degli analisti: per l’Ucraina il 2024 sarà un anno in cui stare in difesa, mentre ricostruisce i ranghi del proprio esercito e sviluppa tecnologie che si spera possano portare alla supremazia sui campi di battaglia nell’anno a venire.
Un drone ucraino colpisce una raffineria di petrolio a Volgograd
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