“La Resistenza Islamica in Iraq ha preparato l’equipaggiamento per i nostri fratelli della Resistenza Islamica in Giordania, siamo in grado di armare 12.000 combattenti con armi medie e leggere, missili tattici, milioni di munizioni e tonnellate di esplosivo, in modo da aiutare in nostri fratelli palestinesi a difendersi ed a vendicare l’onore dei musulmani che è stato violato dai figli delle scimmie e dei maiali (gli ebrei ndt)”.
Il comunicato di Abu Ali Al Askari
Questo è il comunicato redatto il primo aprile da Abu Ali Al Askari, capo dell’Ufficio di Sicurezza delle Brigate Hezbollah irachene. La situazione in Giordania è molto tesa, ormai da due settimane una folla si riunisce ogni sera sotto l’ambasciata israeliana di Amman e ci sono già stati diversi scontri con la polizia del regime giordano. Almeno metà della popolazione giordana ha radici o legami familiari con i territori palestinesi al di là del fiume e non è difficile per l’Asse della Resistenza, cioè a dire per l’Iran ed i suoi alleati, fomentare una rivolta che potrebbe mettere in crisi il Regno di Giordania nel suo complesso.
L’importante collocazione geografica della Giordania
La Giordania ha una collocazione geografica di grande importanza per gli equilibri nella regione. Rappresenta la copertura sul fianco sud dei territori amministrati dall’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania; una penetrazione di forze islamiste nei Territori Occupati del 1967 potrebbe portare al rovesciamento del già debole regime di Abu Mazen e del suo partito, Fatah, e creare un ulteriore, lungo fronte di combattimento per Israele.
La Giordania è anche il cuscinetto di protezione sul confine nord dell’Arabia Saudita; una situazione in cui il Regno dovesse trovarsi con una Giordania islamista e filo- iraniana a nord e il regime degli Houti a sud rappresenterebbe un autentico incubo politico-militare per il regime dei Saud.
La risposta del partito Fatah
Al comunicato degli Hezbollah iracheni il partito Fatah ha immediatamente replicato: “Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha chiamato il re giordano Abdullah II e gli ha assicurato il rifiuto totale di ogni tentativo di sfruttare la sofferenza del nostro popolo palestinese nella Striscia di Gaza per manomettere la sicurezza della Giordania”.
Inoltre il comunicato di Fatah ha denunciato “interferenze straniere, in particolare interferenze iraniane, negli affari interni palestinesi”, ed ha aggiunto che Fatah: “non permetterà che la nostra sacra causa e il sangue del nostro popolo vengano sfruttati o usati come uno strumento a vantaggio di progetti sospetti che non hanno nulla a che fare con il nostro popolo palestinese o con la nostra causa nazionale”.
Ancora più chiare – se mai ce ne fosse stato bisogno – sono state le dichiarazioni del portavoce di Fatah, Jamal Nazzal, all’emittente MEMRI: “L’Iran si infiltra in Libia, Siria, Iraq, Yemen e in ogni Paese Arabo per provocarne il collasso…”. Il tentativo dell’Iran di diventare la Nazione guida della resistenza palestinese, di cui l’abbraccio con Hamas fa parte, sembrerebbe provocare il divorzio definitivo dell’Autorità Nazionale Palestinese da quest’ultima.
Le dichiarazioni di importanti dirigenti di Fatah che, all’indomani delle stragi del 7 ottobre, definivano Hamas “parte del tessuto connettivo della resistenza palestinese” e che richiamavano all’unità tra “tutte le fazioni della Resistenza”, sembrerebbero essere diventate ormai anacronistiche. Hamas ha recentemente denunciato i tentativi di Fatah di rimettere piede a Gaza, infiltrando i propri uomini della sicurezza – uomini dei Servizi diretti da Majed Farraj – al seguito degli aiuti umanitari.
Un funzionario di Hamas ha dichiarato alla Al-Aqsa TV che gli uomini di Fatah entrati a Gaza “hanno coordinato interamente le loro operazioni con le forze di occupazione (cioè gli israeliani)”. A questa chiara accusa di collaborazionismo Fatah ha replicato tramite un suo funzionario di Ramallah, il quale ha comunicato che Fatah non ha tempo da perdere con polemiche “che distolgono l’attenzione dalla sofferenza del nostro popolo della Striscia di Gaza”.
Il potere dell’Iran
La Guerra di Gaza sembrerebbe dunque riaprire il Vaso di Pandora del conflitto tra l’Iran e la stragrande maggioranza dei Paesi Arabi medio-orientali. La situazione odierna premia l’Iran, che ha facile gioco nel mobilitare la rabbia delle masse arabe, mentre a fronte c’è l’imbarazzo di quelle nazioni che per decenni hanno fomentato l’odio anti-sionista ed ora temono di condannare apertamente le azioni di Hamas di fronte ai propri sudditi; intanto la spirale della destabilizzazione si approfondisce: vedremo se, e come, il Regno di Giordania riuscirà a superare la tempesta che ora lo mette in pericolo.