Dall’indagine “Le emergenze ambientali e il rischio di estinzione secondo gli italiani”, effettuata da AstraRicerche per Greenpeace Italia, su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 15 e i 70 anni, risulta che, per la maggioranza degli italiani, senza un serio cambio nelle politiche ambientali a livello mondiale, la specie umana potrebbe essere a rischio estinzione.
Scenari da incubo ma drammaticamente reali
Per più del 45% degli intervistati, addirittura, la scomparsa di quasi ogni essere umano sulla Terra è da ritenersi abbastanza o molto probabile. Le più impressionate da questa prospettiva sembrano essere le donne, e in particolare quelle della generazione X (nate tra il 1965 e il 1980) e Z (nate tra il 1995 e il 2010) la cui percentuale arriva a toccare il 60%, dando corpo a quella che ormai in gergo viene definita “ecoansia”, vero e proprio malessere che identifica la crescente preoccupazione delle giovani generazioni nei confronti della crisi climatico-ambientale.
E gli animali? Sempre dalla medesima ricerca emerge ancora più netta la percezione del rischio di estinzione delle specie animali, che è molto/abbastanza probabile per il 93% degli intervistati (solo il 2,6% infatti la considera per nulla probabile). Una percezione che del resto riflette i dati scientifici, visto che il più recente aggiornamento della lista rossa dello IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura) riporta ben 42.108 specie minacciate di estinzione. E proprio la crisi climatica rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio.
Monitorare le spie del cambiamento climatico
Dunque è ormai chiaro anche nell’opinione pubblica oltre che nel mondo scientifico che i cambiamenti climatici sono un dato di fatto e mettono a repentaglio l’esistenza dell’uomo e degli animali presenti sul pianeta, dove peraltro nessun luogo può ritenersi al riparo dagli effetti devastanti prodotti dal mutamento del clima. E, a fronte dell’estate più calda mai registrata nella storia – con una temperatura media globale di 16,77°C, pari a 0,66°C sopra la media – Greenpeace continua a portare avanti il proprio impegno per difendere l’ambiente da ogni genere di minaccia. Negli ultimi tempi, insieme al Comitato Glaciologico Italiano (CGI), Greenpeace ha effettuato due spedizioni sui maggiori ghiacciai italiani, il ghiacciaio dei Forni e il ghiacciaio del Miage, per monitorare lo stato di salute di queste sentinelle della crisi climatica che rischiano di scomparire a causa dell’aumento delle temperature.
Drammatica ormai la situazione dei ghiacciai
Le misurazioni svolte nel mese di agosto sul ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina, hanno messo in evidenza una perdita del 50% in più di spessore per fusione rispetto al 2022, determinando la liberazione di una grande quantità di acqua che nei prossimi anni causerà una riduzione enorme dei volumi del ghiacciaio e quindi anche un minor rilascio idrico estivo, con impatti non trascurabili anche in pianura.
Obiettivo della seconda spedizione il ghiacciaio del Miage, in Valle d’Aosta, per misurare la fusione annuale del ghiacciaio e monitorare la conservazione della riserva di acqua dolce. Dal 2008 al 2022 il Miage ha perso oltre 23 metri di spessore a causa della crisi climatica e 100 miliardi di litri d’acqua. Questo significa che ci saranno sempre meno risorse idriche durante le estati secche e calde dei prossimi anni.
La situazione drammatica dei ghiacciai si intreccia e aggrava la siccità che colpisce l’Italia con sempre maggiore frequenza: perché senza i ghiacciai vengono meno quelle vitali riserve d’acqua dolce, essenziali sia per gli ecosistemi sia per le attività umane, a partire dall’agricoltura.
Non beneficenza ma sopravvivenza
Ma chi può intervenire e fare qualcosa di concreto a riguardo? Se gli italiani, sempre secondo il sondaggio precedentemente citato, affidano tale responsabilità in primo luogo ai Governi e agli Stati (67,4%), seguiti dalle Istituzioni mondiali (57,3%) quale può essere il compito di organizzazioni come Greenpeace? Il solito: spingere e costringere governi, istituzioni, aziende – chiunque abbia il potere di cambiare le cose – a fare il proprio dovere. “La fusione dei ghiacciai montani, la siccità ricorrente, gli eventi estremi del 2023 indicano che la crisi climatica è evidente anche in Italia”, commenta Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia: “I segnali ci sono tutti. Dobbiamo ascoltare questi campanelli d’allarme non per disperarci, ma per investire sulle soluzioni. Dobbiamo finalmente invertire la rotta e avviare quella transizione ecologica che è l’unico antidoto possibile alla crisi ambientale. Il ruolo di Greenpeace è quello di suggerire la rotta e spingere il mondo politico e quello economico ad andare nella giusta direzione. Lo dobbiamo a noi, e alle generazioni future “.
Per queste ragioni devolvere il 5×1000 a Greenpeace Italia significa fare vela insieme all’organizzazione ambientalista verso la speranza, per la protezione del nostro Pianeta e di tutte le specie, a partire da quella umana. Non un gesto di beneficenza, ma un atto di sopravvivenza, perché l’ambiente siamo noi.
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