Il Niger, ultimo stato a guida civile dell’intero Sahel, è ora guidato da una giunta militare. Sono stati giorni convulsi a Niamey da quando mercoledì all’alba sono circolate le prime voci di un presunto ammutinamento della Guardia Presidenziale che aveva preso in ostaggio il presidente Mohamed Bazoum e la sua famiglia. Per tutta la giornata di mercoledì si erano rincorse voci contraddittorie e l’esercito nigerino aveva giurato fedeltà al presidente dicendosi pronto ad intervenire per liberarlo. Lo stesso Bazoum era rimasto attivo sui social e dichiarava che la situazione era complicata, ma non ancora compromessa. Passavano le ore e mentre le organizzazioni sovranazionali chiedevano tutte la liberazione del presidente liberamente eletto, apparivano sulla televisione di stato un gruppo di militari provenienti da diverse branche delle forze armate che dichiaravano di aver preso il potere. Il Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria dichiarava sospesa la costituzione, rimosso il presidente, chiusi i confini e istituito un coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino. Intanto il ministro degli Esteri Hassoumi Massoudou, sempre attraverso i social, si dichiarava capo del governo ad interim ed il primo ministro in visita ufficiale a Roma chiedeva ai militari di liberare Bazoum. La mossa più importante arrivava però dal generale Abdou Sidikou Issa, capo di stato maggiore, che dichiarava che le Forze Armate Nigerine ( FAN) appoggiavano il colpo di mano dei golpisti, tutto questo per evitare un inutile spargimento di sangue fra le varie fazioni dell’esercito.
Manifestazioni pro e contro il golpe
Il comandante delle forze armate garantiva anche l’incolumità del presidente Bazoum e della sua famiglia, sempre trattenuti prigionieri, e soprattutto ammoniva su eventuali operazioni militari dall’estero alle quali i suoi uomini avrebbero reagito con la massima decisione. La giunta militare nominava il generale Abdourahamane Tchiani, comandante della Guardia Presidenziale, capo del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria che si presentava al popolo nigerino con una breve dichiarazione alla televisione nazionale. Nelle prime ore c’erano state manifestazioni popolari a sostegno della liberazione del presidente Bazoum, ma col passare del tempo le sedi del suo partito sono state attaccate e le poche persone rimaste in strada cacciate con la forza. Intanto montavano altre manifestazioni dove apparivano misteriose bandiere russe e si inneggiava alla giunta militare, chiedendo l’immediata espulsione dei 1500 soldati francesi presenti nel paese. Il Niger era diventato la base della Francia per le operazioni nel Sahel dopo essere stati cacciati dal Mali e Niamey restava l’ultimo baluardo occidentale in una regione chiave per la gestione dei flussi migratori e del traffico di armi e droga che continua ad arrivare dal Sud America attraverso la Guinea Bissau. La Francia, gli Stati Uniti, l’Unione Africana non hanno riconosciuto il nuovo governo dichiarando Mohamed Bazoum come l’unico presidente riconosciuto. Anche i vicini africani avevano tentato una mediazione inviando nel paese il presidente del Benin, ma ogni sforzo è stato vano. Bazoum, in un’intervista di maggio scorso, aveva avvertito delle intenzioni del Wagner Group di rovesciare il suo governo e aveva anche effettuato degli arresti.
La longa manus del Wagner Group
I miliziani di Prigozhin sembrano aver avuto parte attiva in questo nuovo golpe che destabilizza l’Africa Occidentale e non ha cosa l’ex cuoco di Putin è stato il primo, attraverso un messaggio su Telegram, a congratularsi con i golpisti dichiarandosi pronto a collaborare con i suoi uomini. Per l’Europa si tratta dell’ennesima sconfitta perché il Niger era l’ultimo caposaldo con cui poter collaborare. Nel paese oltre ai francesi sono presenti militari europei e la missione italiana MISIN, in Niger per addestrare l’esercito. L’Italia, la settimana scorsa, ha donato 7,5 milioni di euro al paese africano per la lotta al traffico di migranti e in dieci anni gli Stati Uniti hanno versato nelle casse nigerine oltre mezzo miliardo di dollari. Il Sahel si complica ancora una volta con Mali e Burkina Faso saldamente in mani russe, il Sudan sconvolto dalla guerra civile ed il Ciad con un governo militare debole e contestato e dove il Wagner Group ha già provato ad intervenire armando i ribelli del nord grazie all’aiuto dalla Libia del generale Khalifa Haftar, pesante alleato in questa delicata regione.
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