Georgia in rivolta: la sfida di un popolo tra Europa e repressione

Proteste di massa e violenza a Tbilisi: il governo sospende i negoziati UE, ma i cittadini chiedono democrazia e nuove elezioni

La Georgia è scossa da una crisi politica senza precedenti, con manifestazioni di massa che si susseguono da giorni in risposta alla decisione del primo ministro Irakli Kobakhidze di sospendere i negoziati per l’adesione all’Unione Europea fino al 2028. Le strade di Tbilisi, in particolare il viale Rustaveli, sono diventate il fulcro di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, mentre il Paese si trova a un bivio cruciale tra aspirazioni europee e pressioni interne.

Irakli Kobakhidze, primo ministro della Georgia, al centro delle polemiche dopo la decisione di sospendere i negoziati per l’adesione all’Unione Europea fino al 2028.

La scorsa notte ha visto un’escalation di violenza. Secondo il Ministero della Sanità georgiano, 40 persone sono state ricoverate in ospedale, tra cui 21 agenti di polizia, alcuni con gravi ferite alla testa e al corpo. In totale, 113 membri delle forze dell’ordine sono rimasti feriti dall’inizio delle proteste, con quattro ancora ricoverati.

Le forze speciali hanno utilizzato idranti e gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, che hanno risposto con fuochi d’artificio e barricate. Gli scontri si sono protratti fino a notte fonda, alimentando un clima di esasperazione e resistenza. Molti dei partecipanti sono giovani, scesi in piazza per chiedere democrazia e una chiara direzione verso l’Europa.

Il Ministero degli Interni ha confermato l’arresto di 224 persone per “atti di teppismo, resistenza e disobbedienza alla polizia”. Tra questi, due giovani nati nel 2007 e nel 2003 sono stati accusati di reati che prevedono pene fino a sette anni di reclusione.

Le proteste sono iniziate in risposta alla dichiarazione di Kobakhidze, ma hanno rapidamente assunto una dimensione più ampia, diventando un grido di opposizione al governo del partito “Sogno Georgiano”. I manifestanti accusano le autorità di allontanarsi dai valori democratici e dal percorso di integrazione europea, temi che avevano ispirato la Rivoluzione delle Rose nel 2003.

La presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, esprime il suo sostegno alle proteste, invocando nuove elezioni democratiche e condannando il parlamento come illegittimo.

La presidente Salomé Zourabichvili, in un atto di sfida al governo, ha espresso il suo sostegno ai manifestanti. In un videomessaggio, ha definito il parlamento illegittimo e ha invocato nuove elezioni democratiche. “Non vogliamo una rivoluzione, ma pretendiamo la possibilità di votare per il nostro futuro”, ha dichiarato la presidente, guadagnandosi l’appoggio dell’opposizione.

L’eco delle proteste georgiane ha raggiunto l’Europa. Estonia, Lettonia e Lituania hanno annunciato sanzioni contro coloro che hanno partecipato alla repressione delle proteste. Questi individui saranno banditi dai territori dei tre Paesi baltici, in un segnale forte di condanna verso le violazioni dei diritti umani.

L’opposizione georgiana ha accolto con favore queste misure, interpretandole come un messaggio di sostegno alla lotta per la democrazia. Tuttavia, l’Unione Europea ha mantenuto una posizione più cauta, invitando le parti a trovare una soluzione pacifica attraverso il dialogo.

La decisione di sospendere i negoziati per l’adesione all’UE è stata giustificata dal governo come una scelta pragmatica per concentrarsi su priorità interne. Tuttavia, molti vedono in questa mossa un avvicinamento alla Russia, alimentando le paure di una regressione democratica e un ritorno sotto l’influenza di Mosca.

La situazione rimane tesa. Le temperature gelide di dicembre non hanno fermato i manifestanti, che continuano a radunarsi davanti al parlamento, trasformato in un simbolo della loro resistenza. Coperto di graffiti di protesta, l’edificio si erge come un monito contro il potere autoritario.

La Georgia, da anni in bilico tra Europa e Russia, affronta oggi uno dei momenti più delicati della sua storia recente. La richiesta di nuove elezioni, sostenuta dalla presidente Zourabichvili, potrebbe rappresentare l’unica via d’uscita per un Paese sull’orlo del collasso politico.

In una nazione in cui le ferite della storia sono ancora aperte, il grido dei manifestanti risuona chiaro: la Georgia vuole scegliere il proprio destino. Resta da vedere se il governo sarà disposto ad ascoltare.

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