La mezzanotte del 31 dicembre 2024 ha segnato non solo la fine di un anno, ma anche la chiusura di un capitolo cruciale nelle relazioni energetiche tra Europa e Russia. Alle 8 del mattino ora di Mosca (6, ora italiana), Gazprom ha ufficialmente interrotto il transito del gas attraverso l’Ucraina. Una mossa che, come dichiarato dall’azienda, è stata inevitabile “a causa dei ripetuti rifiuti da parte ucraina di prorogare tali accordi”.
Sebbene l’impatto immediato appaia limitato, le conseguenze a lungo termine potrebbero ridisegnare la mappa energetica del continente. La cessazione chiude un contratto quinquennale siglato nel 2019, un periodo già caratterizzato da forti tensioni geopolitiche tra Russia, Ucraina e Occidente.
Queste tensioni si manifestarono anche sul piano energetico, con una disputa tra Gazprom, il gigante russo del gas controllato dal governo, e Naftogaz, la compagnia ucraina incaricata di gestire le infrastrutture di transito verso l’Europa. La controversia, culminata in un risarcimento miliardario a favore di Kiev, contribuì ad acuire il divario tra i due Paesi. L’avvicinamento dell’Ucraina all’UE e alla NATO, sotto la guida del presidente Zelenskij, aveva ulteriormente acuito le distanze, creando un clima di sfiducia reciproca.
Il transito attraverso l’Ucraina, che nel 2023 si attestava a circa 15 miliardi di metri cubi di gas, rappresentava già una quota ridotta rispetto ai livelli storici. Tuttavia, la cessazione totale assume un forte valore simbolico, segnando la perdita definitiva dell’influenza russa sul mercato energetico europeo, già indebolita dall’invasione del 2022. Secondo Reuters, l’interruzione priverà l’Ucraina di circa 800 milioni di dollari all’anno in entrate da transito e costerà a Gazprom fino a 5 miliardi di dollari in mancati profitti.
Gli effetti dello stop al transito del gas russo variano significativamente tra i paesi europei. La Slovacchia, storicamente dipendente dalle forniture di Mosca, ha intensificato gli sforzi per diversificare le proprie fonti energetiche, includendo rotte alternative come quella azera. Tuttavia, gli accordi con l’Azerbaigian non sono esenti da polemiche, poiché sollevano interrogativi sulle violazioni dei diritti umani nel paese.
Il premier slovacco Robert Fico ha recentemente annunciato possibili ritorsioni contro l’Ucraina. Tra le misure in discussione figurano anche il taglio dei sussidi ai rifugiati ucraini e la sospensione delle forniture elettriche, con Fico che accusa Kiev di mettere a rischio le finanze slovacche e l’economia europea. Nonostante le riserve energetiche slovacche siano solide e nuove forniture siano già state concordate, Fico critica l’impatto economico della decisione ucraina e si propone come interlocutore per i negoziati di pace con il Cremlino.
Secondo un’analisi del think tank internazionale Bruegel, con sede a Bruxelles, la Russia potrebbe tecnicamente continuare a fornire gas all’Ucraina dichiarandolo come proveniente dall’Azerbaigian, mentre quest’ultimo riceverebbe gas russo, utilizzando le medesime infrastrutture per uno scambio indiretto. Zelenskij, però, ha categoricamente respinto questa ipotesi, definendola una manovra fraudolenta pensata per garantire al Cremlino nuovi finanziamenti.
L’Ungheria, dal canto suo, mantiene saldi i legami con Mosca, proseguendo le importazioni attraverso il Turkish Stream. In Italia, invece, l’attenzione è rivolta alla diversificazione energetica. Un ruolo centrale è svolto dal rigassificatore off-shore BW Singapore, situato a Ravenna e previsto operativo entro il primo trimestre del 2025. Questo impianto, come riportato da ANSA, incrementerà la capacità di importazione di GNL fino a 28 miliardi di metri cubi, compensando in larga misura le forniture di gas russo.
Anche l’Austria ha adottato misure per affrontare la crisi energetica, accumulando riserve significative e diversificando le fonti di approvvigionamento. Markus Krug, viceresponsabile del dipartimento gas di E-Control, ha definito questo passaggio “un grande cambiamento nel flusso di gas, da est a ovest”, sottolineando che i prezzi potrebbero stabilizzarsi una volta confermata la sicurezza delle forniture.
La compagnia energetica austriaca OMV, attraverso efficaci strategie di diversificazione, è riuscita a contenere l’impatto della cessazione del transito ucraino, garantendo continuità di fornitura ai propri clienti. Nel frattempo, il governo slovacco, dopo aver scartato l’opzione azera, ha rassicurato sulla sicurezza dei consumi interni, grazie a riserve consistenti e rotte alternative che limitano l’esposizione alla crisi orientale.
A figurare tra i paesi più duramente colpiti dalla crisi è la Moldova, alle prese con l’interruzione delle forniture da parte di Gazprom, giustificata da un presunto debito di 709 milioni di dollari, cifra contestata con fermezza da Chisinău. Il primo ministro Dorin Recean ha accusato Mosca di utilizzare l’energia come strumento di pressione politica e ha dichiarato l’intenzione di avviare azioni legali, inclusi arbitrati internazionali.
La decisione di Gazprom ha gravi ripercussioni anche sulla Transnistria, regione separatista filorussa, interamente dipendente dal gas russo, mentre il resto del paese si è affidato ai mercati regionali ed europei. La Moldova rischia concretamente un blackout energetico, poiché l’impianto MoldGRES, situato in Transnistria, non è in grado di soddisfare la domanda interna.
Nonostante le previsioni di instabilità, i mercati hanno reagito in maniera moderata: nel principale hub europeo TTF, i prezzi del gas a breve termine sono aumentati dello 0,8%, raggiungendo i 48,32 euro/MWh, un rialzo attribuito più alle previsioni meteorologiche che all’interruzione del transito ucraino. La Commissione Europea ha rassicurato sulla resilienza del sistema energetico, sottolineando il ruolo crescente delle importazioni di GNL e delle energie rinnovabili.
In Italia, tuttavia, il 2025 si apre con rincari significativi. L’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) ha segnalato un aumento del 18,2% nelle bollette elettriche del primo trimestre, portando la spesa media annua delle famiglie a 2.841 euro, rispetto ai 2.569 euro del 2024. A questo incremento contribuiscono sia le tensioni geopolitiche sia i normali rialzi stagionali. Il governo Meloni ha introdotto misure di sostegno, ma il caro bollette resta una sfida pressante.
L’interruzione del transito ucraino segna un momento di svolta per l’Europa, evidenziando la necessità di ridurre la dipendenza dal gas russo. Nonostante i progressi in questa direzione, le sfide economiche e geopolitiche rimangono significative. Gli esperti sottolineano che, in un contesto globale complesso, diversificare è fondamentale, sia nell’approvvigionamento energetico sia negli investimenti finanziari. Questo approccio permette di ridurre i rischi legati alla dipendenza da un’unica fonte o fornitore e di mitigare le vulnerabilità dei mercati. Comprendere e gestire il rischio geopolitico diventa quindi cruciale per trasformare crisi globali in opportunità, garantendo maggiore stabilità economica e un passo deciso verso l’autonomia energetica dell’UE.