La mappa (fonte: Nexta-TV) ci dà un’idea di massima del quadro generale in cui si sta svolgendo la Battaglia di Gaza-città (da non confondere con l’intera striscia di Gaza). L’area colorata in blu rappresenta le zone occupate fino al 15 novembre dall’Esercito Israeliano. Come si vede, l’operazione israeliana ha portato a sigillare la città di Gaza, isolandola sul lato sud all’altezza dell’area dove scorre un piccolo fiume, Wadi Gaza. E’ da notare come la gran parte del centro abitato non sia stata ancora approcciata dalle truppe con la Stella di Davide. Se Israele vorrà occupare l’intero insediamento dovrà penetrare nei quartieri lontani dalla costa, tra gli altri Jabalia, al-Tuffah e Shejaiya. Shejaiya, in particolare, è considerata una roccaforte di Hamas. Per degradare militarmente Hamas, Israele si è posta il compito di distruggere la fitta rete di tunnel che scorrono sotto l’intera città; da qui nasce l’obbligo di dover mettere sotto controllo l’intera area urbana per poi trovare le imboccature dei vari condottti sotterranei.
La ricerca dei tunnel è un lavoro lungo. Gli israeliani procedono in questo modo: dopo aver conquistato un’area fanno un primo controllo generale, successivamente delle squadre specializzate perlustrano palmo a palmo il basamento di tutte le strutture edili presenti e quando trovano un tunnel chiamano squadre di artificieri che ne fanno esplodere l’ingresso. Con questa metodica, che necessita di tempi prolungati, ed avendo davanti ancora la maggior parte della città da conquistare, è ragionevole immaginare che l’operazione per ripulire Gaza dai tunnel prenderà mesi, e non settimane.
Dopo il movimento di Tsahal (denominazione comune dell’Esercito di Israele) che ha portato a sigillare Gaza-città sul lato del mare, le truppe muovono ora dalla fascia litoranea verso il centro cittadino. L’avanzamento più attivo è ora nell’area sud della zona sigillata; dopo aver preso l’ospedale di Shifa, Tsahal avanza ora in direzione del quartiere Shejaiya. Ieri sera si combatteva di fronte all’Università Israa ed allo Stadio Yarmouk. A detta di molti analisti militari sino ad ora Hamas ha offerto poca resistenza, ma non è detto che sarà così anche in futuro. A meno che tutta Hamas non riesca ad esfiltrare verso il sud della Striscia di Gaza (certamente alcuni militanti lo stanno già facendo, mescolandosi ai profughi che si dirigono verso Khan Younis attraverso i corridoi protetti) i suoi miliziani prima o poi finiranno intrappolati tra l’avanzata di Tsahal dal litorale verso l’interno e la barriera di protezione che separa la Striscia da Israele. A quel punto non avranno alternative se non quella di combattere. Inoltre l’avanzata che si profila porterà nuove sfide alla truppe di Israele, più i blindati si avventurano in un centro urbano, più aumenta il pericolo potenziale che siano colpiti da imboscate, dovendosi muovere in spazi ristretti che offrono molti ostacoli e poche aree di manovra.
Per quanto riguarda il fronte con il Libano, sono molte le congetture che vengono fatte sulla guerra a bassa intensità che Hebzollah sta portando avanti e sugli sviluppi che l’atteggiamento del “Partito di Dio” filo-iraniano potrà avere nel prosieguo del conflitto. Conviene però guardare la questione del fronte nord anche dal punto di vista israeliano. Israele ha in questo momento 60.000 sfollati dalle aree limitrofe al confine libanese ed un’intera zona del proprio territorio in cui tutte le attività – economiche, commerciali, di istruzione etc.. – sono congelate. Non potrà accettare che questa situazione possa perdurare ancora per molto tempo. Notazione sulle aree cittadine citate: ovunque si legge che “con il tempo i campi profughi sono diventati dei quartieri”, ed è vero; osservando le foto satellitari si può notare che le case sono in muratura, le strade sono asfaltate, vi sono collocati supermarket, negozi, campi sportivi, piazze, parchi, università, centri culturali e quant’altro. Se dunque i vecchi campi profughi sono diventati dei quartieri chi scrive ha deciso di chiamarli “quartieri” e non “campi profughi”.
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