Nel pittoresco scenario dei giardini di Kenwood House, sabato 7 settembre, l’FT Weekend Festival di Londra, organizzato dal Financial Times, si è trasformato nel teatro di una delle interviste più incisive dell’anno, offrendo ai presenti una rara opportunità di ascoltare i capi dell’MI6 e della CIA parlare apertamente della guerra in Ucraina e delle sfide globali che essa pone. Richard Moore, capo del MI6 britannico, e William Burns, direttore della CIA statunitense, sono stati i protagonisti di questa straordinaria intervista pubblica, che ha attirato l’attenzione di tutto il mondo.
I due leader dell’intelligence internazionale hanno discusso della situazione geopolitica attuale, concentrandosi principalmente sulla guerra in Ucraina, le minacce provenienti dalla Russia e le dinamiche globali in evoluzione. Hanno approfondito in particolare le alleanze tra Russia, Iran, Cina e Corea del Nord, delineando le implicazioni globali della guerra e sottolineando l’importanza di mantenere il sostegno occidentale all’Ucraina in un periodo critico per il conflitto.
“È assolutamente essenziale che Regno Unito, Stati Uniti e i loro partner continuino a sostenere l’Ucraina”, ha affermato con fermezza Richard Moore, capo dell’MI6, aprendo il suo intervento al festival. Le sue parole riflettevano una determinazione inflessibile a garantire che il sostegno all’Ucraina non vacilli, nonostante le enormi difficoltà. Moore ha descritto la situazione nell’Ucraina orientale come “disastrosa”, dipingendo un quadro cupo di un conflitto che non risparmia nulla e nessuno.
La sua descrizione dell’avanzata russa come una campagna “di Pirro” ha colpito profondamente il pubblico. Moore ha spiegato che, sebbene le forze russe stiano avanzando e conquistando villaggi, “non rimane nulla perché tutto è completamente distrutto”. Questo approccio, ha sottolineato, è coerente con le tattiche già viste in altri contesti bellici, come quelle a Groznyj e ad Aleppo.
L’ottimismo di Moore risiedeva tuttavia nella forza d’animo degli ucraini: “I nostri amici ucraini hanno l’assoluta volontà di combattere, e l’idea di Putin di iniziare una guerra di aggressione è fallita”. Questo fallimento, ha proseguito, si riflette nel continuo sostegno dell’Occidente e nella determinazione dell’Ucraina a non cedere.
Uno dei momenti chiave della discussione è stato l’analisi dell’operazione che l’Ucraina ha condotto nella regione di Kursk, che Moore ha definito “un tentativo audace e coraggioso di cambiamento”. Questa operazione, secondo il capo dell’MI6, ha avuto un impatto significativo non solo sul campo di battaglia, ma anche sulla “coscienza dei russi comuni”. Questo è un punto cruciale: la guerra, che inizialmente poteva sembrare lontana per molti russi, è ora diventata una realtà innegabile all’interno dei loro confini.
William Burns ha rafforzato questa idea, sottolineando che l’operazione di Kursk ha rivelato “le vulnerabilità dell’esercito russo” e ha contribuito a sollevare il morale degli ucraini. Questo evento, insieme ad altri segnali di debolezza russa, come l’ammutinamento di Prigožin del 2023, ha generato dibattiti anche all’interno dell’élite russa. “Ha davvero sollevato domande su dove stia andando tutto questo”, ha detto Burns, aggiungendo che, sebbene Putin sembri mantenere una “presa forte”, questa potrebbe non essere però “sostenibile”.
Un tema di grande preoccupazione è stato la possibilità di un’escalation nucleare. Burns ha ricordato un momento nell’autunno del 2022 in cui pensava ci fosse “un rischio reale” che la Russia potesse usare armi nucleari tattiche. Fu in quel momento che il presidente Biden lo inviò a parlare con il capo dell’intelligence russa, Sergej Naryškin, per chiarire le terribili conseguenze di un tale passo. Nonostante questa minaccia, Burns ha ribadito che “Putin è prepotente” e che l’Occidente non deve lasciarsi influenzare da queste minacce di escalation. Moore ha concordato, definendo le dichiarazioni di Putin “irresponsabili e sconsiderate”, ma ha rassicurato che nessuno in Occidente si lascerà intimidire. L’obiettivo rimane chiaro: aiutare l’Ucraina a riconquistare la propria sovranità.
La cooperazione tra Russia, Iran, Corea del Nord e Cina è stata un altro punto caldo dell’intervista. Burns ha descritto queste alleanze come “strade a doppio senso”, evidenziando come le armi iraniane e nordcoreane siano già utilizzate contro l’Ucraina. Sebbene non ci siano prove dirette di forniture di armi dalla Cina, il supporto economico e tecnologico ha permesso a Putin di rafforzare la sua base industriale di difesa.
Moore, d’altro canto, ha evidenziato i tentativi del Regno Unito di contrastare l’uso delle cosiddette “navi fantasma” russe per aggirare le sanzioni economiche. Entrambi i capi dei servizi segreti hanno sottolineato l’importanza di collaborare strettamente con gli alleati per affrontare queste sfide globali.
Burns e Moore hanno entrambi convenuto che, sebbene Putin mantenga ancora una salda presa sul potere, il suo regime sta diventando sempre più vulnerabile. Burns ha osservato che, sebbene non ci siano segni di un immediato declino del potere di Putin, la repressione interna in Russia continua a crescere. Moore ha offerto un’analisi ancora più profonda, avvertendo di non confondere una “presa forte con una presa costante”, suggerendo che le debolezze del regime russo potrebbero diventare sempre più evidenti.
Il capo dell’MI6 ha concluso con una nota cautamente ottimista, sottolineando che il fallimento dell’invasione russa, l’eroismo ucraino e la stretta cooperazione tra gli alleati occidentali stanno lentamente ma costantemente erodendo il potere di Putin.