Al Forum Economico Orientale Putin parla a colpi di dezinformacija

Tra promesse di crescita economica e retorica sulla guerra in Ucraina, Putin usa il Forum Economico Orientale per rafforzare il suo potere e sfidare l’Occidente, mentre la realtà sul campo resta ambigua

Il presidente russo Vladimir Putin è intervenuto ieri al Forum Economico Orientale (“Eastern Economic Forum” – EEF) rivelando una serie di dichiarazioni che sollevano più domande che risposte, non solo riguardo alla guerra in Ucraina, ma anche sul futuro economico e geopolitico della Russia. Dietro le parole apparentemente ottimistiche e risolute del presidente russo, si nasconde una narrativa che sembra tanto orientata al consolidamento del potere interno quanto alla sfida internazionale. Ma quanto di ciò che Putin afferma corrisponde alla realtà, e quanto è invece parte di un’elaborata strategia comunicativa?

All’evento, inaugurato il 3 settembre a Vladivostok (Russia), e che si concluderà oggi, hanno partecipato oltre 6.000 ospiti provenienti da 76 Paesi, inclusi dirigenti di 650 aziende russe e 44 internazionali. Nel suo intervento di ieri, il presidente Vladimir Putin ha sollevato numerosi interrogativi, non solo sulla guerra in Ucraina, ma anche sul futuro economico e geopolitico della Russia. Dietro le parole apparentemente ottimistiche e risolute del presidente russo, si nasconde una narrativa che sembra tanto orientata al consolidamento del potere interno quanto alla sfida internazionale. Ma quanto di ciò che Putin afferma corrisponde alla realtà, e quanto è invece parte di una strategia comunicativa ben studiata? La Russia, tristemente nota per la sua dezinformacija, sembra aver abbandonato da tempo i principi di trasparenza introdotti dalla Glasnost’. Quanta verità si cela davvero dietro le sue parole, e quanto invece è un tentativo di manipolare l’opinione pubblica, sia interna che internazionale?

Uno dei temi centrali del discorso di Putin è stato il riferimento alle “ingenti” perdite subite dalle Forze Armate ucraine. Citando dati forniti dal Ministero della Difesa russo, Putin ha descritto un quadro in cui le truppe ucraine sembrano soccombere sotto il peso di offensive fallimentari, mentre la Russia riesce a consolidare il controllo sui territori occupati. Tuttavia, c’è un chiaro contrasto tra questa versione e le informazioni provenienti da altre fonti, le quali riportano come l’Ucraina sia riuscita a stabilizzare la sua presenza in diverse aree occupate, mettendo in dubbio la veridicità dei presunti successi militari russi.

Le continue dichiarazioni di Putin sulle pesanti perdite subite dall’Ucraina sembrerebbero voler giustificare una guerra che si trascina senza una vittoria decisiva, in netto contrasto con l’immagine di una rapida “operazione militare speciale” evocata nel febbraio 2022, quando l’obiettivo dichiarato era il controllo del Paese e il rovesciamento del governo di Kiev. Quella promessa di un intervento fulmineo si è trasformata in un conflitto estenuante, e le parole del presidente russo appaiono sempre più come uno sforzo per mascherare una realtà ben diversa da quella prospettata.

Un altro passaggio significativo del discorso del presidente russo riguarda la sua affermazione secondo cui l’operazione militare ucraina nella regione di Kursk mirava a “seminare il panico”, ma avrebbe invece prodotto l’effetto contrario, rafforzando la coesione della società russa. Anche questa dichiarazione si inserisce perfettamente nel più ampio progetto di costruzione di una narrativa interna che presenta la Russia come una fortezza assediata ma inespugnabile, capace di resistere a ogni attacco esterno. L’immagine evocata è quella di una Russia che, nonostante le avversità, emerge sempre più unita e determinata, offrendo una visione di resilienza che alimenta il patriottismo e solidifica il consenso interno.

La retorica del “dovere sacro” di liberare i territori occupati si inserisce perfettamente in questa narrazione. La guerra, infatti, non viene presentata soltanto come una questione di difesa territoriale, ma come un’opportunità per Putin di alimentare il patriottismo e rafforzare il suo potere politico. In questo contesto, il conflitto in Ucraina diventa uno strumento per riaffermare la figura centrale di Putin nella scena politica russa, un leader che, nonostante le difficoltà economiche e militari, continua a emergere come invincibile agli occhi dei suoi sostenitori. La sua immagine, abilmente costruita, è quella di un comandante che affronta sfide imponenti, ma resta fermo e imbattuto, consolidando così il consenso attorno a sé.

Un altro aspetto preoccupante del suo discorso è il modo in cui descrive i leader ucraini: “inoplanetjane” (“alieni”), paragonandoli addirittura ai nazisti della Gioventù Hitleriana. Questo linguaggio incendiario, pur non essendo nuovo, sembra ormai diventato un pilastro della sua retorica. Le sue parole, cariche di veleno ideologico, puntano a disumanizzare l’avversario, ma non è solo una questione di propaganda: sembrerebbe addirittura voler costruire una narrazione che giustifichi ogni mezzo, dipingendo l’Ucraina come un’entità ostile e aberrante, non degna di essere considerata ‘umana’.

La narrazione utilizzata suscita profonde preoccupazioni. Non solo rischia di alimentare ulteriormente l’odio tra i due popoli, ma getta anche un’ombra scura sulla possibilità di un dialogo risolutivo. Quando un leader arriva a descrivere i propri avversari come “alieni”, diventa quasi impensabile immaginare un ritorno a negoziati costruttivi. L’insistenza di Putin nel ribadire che la Russia “non ha mai rifiutato di negoziare”, purché sulla base degli accordi di Istanbul, ha il suono dell’ipocrita: le condizioni poste da Mosca, che prevedono la cessione di territori ucraini e la sottomissione della politica estera di Kiev, sembrerebbero risultare inaccettabili a qualsiasi governo. In questo contesto, parlare di negoziati appare più un gesto simbolico che una reale apertura al dialogo.

Un passaggio del discorso di Putin sorprende e lascia perplessi, tanto che ci si potrebbe quasi credere, a meno di non cogliere il tipico humor russo: l’enigmatica apertura a Kamala Harris. Il suo inaspettato endorsement per Harris nelle presidenziali americane, accompagnato dall’elogio alla sua “risata contagiosa”, sembra quasi autentico. Potrebbe sembrare una semplice battuta, ma nel contesto delle ripetute accuse di interferenze russe nelle elezioni americane, è difficile escludere che si tratti di un’operazione di disinformazione. In effetti, l’endorsement di Putin potrebbe essere letto come un tentativo di seminare confusione tra gli elettori americani, sfruttando la già fragile situazione politica interna.

L’interpretazione più probabile è che Putin stia abilmente giocando su più tavoli. Da un lato, il sarcasmo verso Kamala Harris potrebbe servire a distogliere l’attenzione dal tacito sostegno russo a Donald Trump, nonostante sia stato proprio lui a imporre più sanzioni alla Russia di qualsiasi altro presidente. Dall’altro, questa mossa potrebbe rivelarsi un calcolato tentativo di destabilizzare la campagna elettorale americana, sfruttando e alimentando le profonde divisioni politiche già esistenti.

Putin ha dedicato ampio spazio al tema del declino dell’Occidente, un filo conduttore che ha attraversato gran parte del suo discorso. Il presidente russo ha dipinto un’Occidente in crisi, con interi settori economici in collasso a causa della rinuncia agli idrocarburi russi. Tuttavia, questa visione appare alquanto forzata: le economie occidentali, pur affrontando sfide, non mostrano segni di crollo imminente. Persino gli analisti di Gazprom ammettono che sarà la Russia a impiegare fino a dieci anni per riportare le esportazioni energetiche ai livelli precedenti al conflitto.

Il focus sullo sviluppo dell’Estremo Oriente e l’apertura verso nuovi mercati in Cina (“la nostra Cina amica”, come l’ha definita Putin), India e Brasile rappresenta l’altra faccia della medaglia. Putin cerca di dipingere la Russia come un attore chiave in un nuovo ordine mondiale, in cui le economie emergenti del Sud globale sono destinate a superare l’Occidente. Tuttavia, resta da vedere quanto sia realistica questa visione: l’economia russa rimane fortemente dipendente dalle esportazioni di risorse energetiche e manca ancora di una strategia chiara per diversificare il proprio modello economico a lungo termine.

Senza ombra di dubbio, il discorso di Putin al Forum economico orientale del 2024 è stato ricco di affermazioni audaci e provocatorie, ma ha lasciato più interrogativi che certezze. Da un lato, il presidente appare fiducioso in una vittoria imminente in Ucraina e in un futuro radioso per la Russia nell’ambito di questo nuovo equilibrio globale. Dall’altro, molte delle sue affermazioni sembrano disconnesse dalla realtà sul terreno e potrebbero rivelarsi parte di una strategia propagandistica più orientata a consolidare il consenso interno che a fornire un quadro accurato della situazione.

La sfida per la comunità internazionale? Capire quanto delle parole di Putin rifletta davvero la realtà e quanto sia, invece, frutto di un elaborato piano di dezinformacija. Di una cosa, però, possiamo essere certi: la guerra in Ucraina è ancora lontana da una conclusione, e le parole infuocate di Putin, sempre più intrise di ‘aggressività’, sembrano chiudere ogni spiraglio di speranza per una pace imminente. Il conflitto si profila ancora lungo e logorante, alimentato da una retorica che lascia poco spazio alla diplomazia e molto al proseguimento delle ostilità.