Follow the money: Cosi’ il Qatar ha infiltrato le università americane

Le manifestazioni anti-Israele nelle università statunitensi hanno superato ogni limite di tolleranza, paralizzando il sistema didattico e costringendo nuovamente i direttivi a ricorrere alla didattica online. In alcuni campus sono intervenute le forze di polizia che hanno rimosso gli accampamenti dei manifestanti, ma nel frattempo ne sono ricomparsi altri e la situazione appare ormai fuori controllo. Alla Columbia University il numero di manifestanti e delle tende è in aumento e gli studenti non sembrano intenzionati a rispettare l’ultimatum delle autorità di sgombrare il campus.  La rettrice, Minoche Shafik, è stata duramente criticata per non essere intervenuta in maniera adeguata nei confronti delle occupazioni ed anche l’ultimo avvertimento che ha lanciato agli studenti, dicendo che non avrebbe più negoziato per loro, non ha convinto i manifestanti. Tra l’altro la polizia di New York è in attesa di comunicazione da parte della Shafik sul da farsi in quanto la Columbia è proprietà privata e non è dunque possibile effettuare lo sgombro senza previa richiesta della rettrice.

Come se non bastasse, nella notte di martedì, dei teppisti col volto coperto hanno distrutto le vetrate dell’iconica sala intitolata al fondatore della Columbia, Alexander Hamilton, drappeggiandola con una bandiera palestinese e barricandosi all’interno.E’ oramai palese come queste manifestazioni non abbiano assolutamente nulla di pacifico, ma siano invece operazioni organizzate ad hoc dagli islamisti con l’ausilio della sinistra radicale. Canti e slogan a sostegno di Hamas, delle Brigate al-Qassam e degli Houthi, gli slogan “morte all’America e a Israele”, incendi di bandiere americane e israeliane, glorificazione del 7 ottobre e appelli all’intifada sono ormai denominatori comuni di queste manifestazioni. Sono veri e propri richiami alla guerra. A Yale, la studentessa ebrea Sahar Tartak è stata presa di mira per aver indossato abiti ebraici chassidici e colpita all’occhio con una bandiera palestinese da un manifestante che è poi fuggito, protetto da altri manifestanti.

Sharon Knafelman, vicepresidente di “Bears for Israel” di Berkley, ha raccontato: “Ho visto sputare addosso al mio amico, chiamato “sporco ebreo”, ho visto una ragazza venire strangolata…”. Che dire poi della manifestante con il volto parzialmente nascosto da una kefiya che mostrava un cartello con scritto: “Il prossimo obiettivo di Al Qassam (ala militare di Hamas)” indicante un gruppo di studenti ebrei che sventolavano bandiere americane e israeliane. Analisti che si sono occupati di monitorare l’attività clandestina del Qatar negli Stati Uniti e il suo massiccio afflusso finanziario li descrivono come modus operandi volti alla diffusione dell’estremismo islamista e antisemita con il pretesto di sostenere la scienza e gli studenti. Come illustrato al New York Post da Charles Asher Small, CEO dell’ Institute for the Study of Global Antisemitism (ISGAP) e dal suo vice, David Harris: “Il Qatar aveva degli obiettivi ideologici, primariamente la promozione dell’ideologia dei Fratelli Musulmani”.

Secondo Small e Harris, il Qatar ha sfruttato saggiamente le proprie immense risorse finanziarie per migliorare la propria immagine (anche ospitando i Mondiali di calcio), fondando una compagnia aerea che opera su scala globale, utilizzando al Jazeera ed anche infiltrandosi nel settore universitario occidentale. Non solo, perché Doha avrebbe anche assunto un esercito di lobbisti, avvocati ed esperti di pubbliche relazioni di prim’ordine a Washington e in altre capitali per promuovere il marchio del Qatar, penetrare nei circoli decisionali e intimidire chiunque potesse mettere in discussione il suo operato.

Inoltre, un rapporto pubblicato dall’Istituto ed intitolato “Networks of Hate” ha rivelato che la fondazione SWF del Qatar ha trasferito fondi a varie istituzioni e organizzazioni negli Stati Uniti e in Europa, comprese le migliori università, per un totale che va oltre i 500 miliardi di dollari.La ricerca è stata pubblicata a seguito di studi precedentemente condotti dall’Istituto che avevano rilevato come il Qatar fosse il più grande donatore straniero nei confronti delle università statunitensi e come ciò abbia influenzato direttamente l’ascesa dell’antisemitismo e di posizioni antidemocratiche. Il Qatar ha concentrato le sue donazioni su un numero limitato di importanti università americane per aumentare la propria influenza.

I registri pubblici indicano numeri molto chiari per quanto riguarda le donazioni qatariote, con la Cornell che dal 2015 ha ricevuto ben 1,5 miliardi di dollari dal Qatar. Negli ultimi quattro anni, la Carnegie Mellon University ha accettato donazioni dal Qatar per 301 milioni di dollari; la Virginia Commonwealth University 125 milioni di dollari, la Texas A&M University oltre 404 milioni di dollari dal 2015. Nello stesso periodo la Georgetown University ha ricevuto ben 210 milioni di dollari. Nel complesso, dal 2000, il Qatar ha donato quasi 5 miliardi di dollari alle università degli Stati Uniti. Non è dunque il caso di stupirsi se le università statunitensi si siano improvvisamente risvegliate come “paladine dei palestinesi”.

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